Veicoli elettrici, ecco come la Cina erode l’automotive europeo

scritto da il 12 Dicembre 2023

Post di James Odemuyiwa, Senior Credit Analyst di LGIM* – 

Sui produttori di automobili ormai da anni aleggia un appuntamento annuale che può essere anche molto snervante, ovvero quello con il MOT. Si tratta di un test che fornisce indicazioni sui costi potenziali, sul tempo necessario per effettuare delle riparazioni e anche sulla possibilità che un veicolo si riveli un totale fallimento. Questo test prende il nome dai tre diversi elementi su cui si basa:

M: indica la perdita di valore (melting in inglese) che sta interessando il segmento ICE, ovvero dei veicoli a combustione interna

O: una capacità produttiva estremamente alta (overcapacity) nel settore, che non riscontra una domanda adeguata

T: indica il progresso tecnologico dirompente che interessa il comparto

Per i produttori europei, e in particolare quelli tedeschi, questo test assume un significato particolarmente importante quando applicato al più grande mercato automotive al mondo, ovvero la Cina.

La Cina e la rivoluzione dell’auto elettrica

Si consideri il primo parametro. La Cina è il leader mondiale nella transizione ai veicoli elettrici (EV), come dimostra il fatto che i NEV, ovvero i nuovi veicoli elettrici venduti nel mese di agosto nel paese rappresentano il 37% del totale, la percentuale più alta di qualsiasi altro mercato.

Cina

Rischio Cina per l’automotive europeo: a che punto siamo? (Immagine dal Sole 24 Ore)

Inoltre, ci sono aspetti ancora più rilevanti, come il fatto che la vendita di NEV è cresciuta del 39% da inizio anno, in netto contrasto con quella di veicoli tradizionali (-4% nello stesso arco temporale) e l’intenzione di Pechino di far passare la crescita futura anche da questo segmento. Ciò significa che questo trend potrebbe confermarsi e consolidarsi negli anni a venire, ponendo una seria sfida alle case automobilistiche occidentali, le quali hanno sempre goduto di un buon market share nel campo delle auto elettriche.

Vendite in affanno

Passando al tema dell’overcapacity, le autorità locali hanno investito molto al fine di accrescere il mercato domestico degli EV, dato che le vendite faticano a tenere il passo della capacità produttiva. Per dare un’idea del fenomeno, basta ricordare le parole della ceo di General Motors, Mary Barra: “La Cina ha 100 brand di veicoli in competizione e il tasso di utilizzo della capacità produttiva al 50%”.

Questa eccessiva produttività ha inevitabilmente portato a una guerra di prezzi, vanificando gli sforzi del CAAM, l’ente industriale cinese, che si è poi allargata anche all’Occidente, dove i produttori hanno sempre goduto di margini di guadagno più alti rispetto al gigante asiatico, ma che ora si vedono costretti a decidere se tagliare i prezzi per preservare la competitività o proseguire sulla stessa strada per mantenere la propria redditività.

La Cina e la forza del software

Infine, per quanto riguarda la voce “tecnologia”, le case europee devono affrontare la sfide cruciale di un mercato automotive sempre più guidato dalla componente software. Per fare un esempio, Volkswagen – ad oggi il maggior costruttore di automobili in Cina – ha dovuto rivedere la propria strategia di piattaforma a causa di ritardi legati al software. Ciò ha portato il produttore tedesco a dover stringere accordi con le società cinesi SAIC e Xpeng Motors per poter utilizzare le loro e co-sviluppare veicoli. Solo il tempo ci dirà se queste mosse saranno sufficienti ad arrestare il calo della quota di mercato.

Considerando che la quota di mercato dei brand cinesi è arrivata al 50% nel luglio del 2023, dopo essere rimasta per molti anni attorno al 30%, riteniamo che alcuni player europei potrebbero non superare i loro MOT test in quest’area, perdendo la presa su questo mercato.

Allarme esportazione in Europa

Inoltre, con i livelli di capacità produttiva così lontani dalla soglia del pieno impiego, la Cina sta guardando sempre di più all’estero per alleviare il problema. Non è un caso che la Commissione Europea stimi che l’8% delle vendite di EV nel Vecchio Continente provenga dal Dragone; una quota che potrebbe arrivare al 15% nel 2025.

Per questo motivo, è stata avviata un’indagine sui sussidi cinesi per i veicoli elettrici, con la possibilità di dover stabilire tariffe più elevate sulle importazioni. Una mossa del genere potrebbe consentire ai veicoli prodotti in Europa di diventare più competitivi, ma rischia di dare vita ad azioni di ritorsione contro le nostre case automobilistiche in quello che, per ora, rimane comunque un mercato redditizio.

Competitività di costi e di offerta di prodotti

Gli sviluppi descritti nel segmento degli EV non stanno solo rapidamente modificando il comparto automotive in Cina, ma creano anche uno scenario sempre più difficile da navigare per i player occidentali, in quella che è sempre stata una delle regioni in cui venivano generati i maggiori profitti.

Sebbene, nel breve periodo, questi continueranno a trarre beneficio dalla ripresa della domanda a seguito della pandemia di Covid-19 e alla risoluzioni di problematiche legate alla catena di approvvigionamento, nel lungo potrebbero perdere la loro competitività in termini di costi e di offerta di prodotti. Per questo, a nostro avviso, è necessario che agiscano ora, onde evitare cali di profittabilità e anche downgrade del loro credito.

*Legal & General Investment Management