Scuole superiori universitarie: promuovere la multidisciplinarietà

scritto da il 07 Febbraio 2024

Pubblichiamo il secondo di due lavori premiati da Tortuga Call for Policy Papers, un concorso di policy brief rivolto a studenti e studentesse di magistrale e ultimo anno di triennale, e giovani ricercatori e ricercatrici. L’obiettivo è individuare alcune proposte di policy di potenziale impatto per lo scenario italiano e raccogliere idee dalle nuove generazioni. Di seguito l’articolo scritto dai vincitori della categoria junior, Luca Favero e Ilaria Malisan, dottorandi in economia presso l’Università di Torino e il Collegio Carlo Alberto. Luca è anche ricercatore presso l’Università di Essex (Regno Unito), mentre Ilaria è assegnista di ricerca presso il Social Inclusion Lab – Dondena dell’Università Bocconi.

Una strategia nazionale per il sistema universitario italiano

L’istruzione universitaria gioca un ruolo fondamentale nel determinare il successo lavorativo. I fondi destinati al sistema universitario pubblico non sembrano però sufficienti a garantire allo stesso tempo eque opportunità di accesso e un’istruzione multidisciplinare di qualità. L’accesso all’istruzione universitaria è infatti ancora fortemente legato alla condizione socioeconomica della famiglia d’origine dello studente.

In questo contesto, le Scuole Superiori Universitarie italiane si propongono come centri di eccellenza che promuovono l’istruzione multidisciplinare e di qualità. Il nostro contributo, premiato dalla Tortuga Call for Policy Papers 2023, esplora l’impatto di questi programmi sui risultati accademici e le prospettive lavorative degli studenti ammessi alle Scuole. Attraverso l’analisi dei dati riguardanti una di queste Scuole mostriamo come la frequenza del programma migliori i risultati accademici e stimoli l’interesse degli studenti verso un percorso di dottorato, contribuendo inoltre a ridurre le diseguaglianze socioeconomiche iniziali.

Qualità e Università: il caso italiano

Vari studi scientifici (come questo, questo, e questo) hanno dimostrato che un’istruzione universitaria di qualità è cruciale per il successo professionale. Il sistema universitario italiano ha per questo storicamente adottato una prospettiva universalistica, cercando di eliminare o ridurre gli ostacoli economici, geografici o di altra natura che incidono negativamente sul diritto costituzionale all’istruzione. L’ottica universalistica si inserisce però in un contesto di risorse limitate.

Come illustrato nella figura 1, l’Italia spende infatti solo lo 0,3% del Pil in istruzione terziaria (dati Eurostat 2021), ben al di sotto della media europea (linea rossa). Il risultato è un andamento modesto, in termini di qualità, delle università italiane in ottica internazionale. Secondo il QS World University Ranking, ad esempio, tra le migliori 150 università al mondo solo due sono italiane. Il dato sale rispettivamente a 22, 7 e 4 per Regno Unito, Germania e Francia (Figura 2).

Figura 1

Figura 2

La formazione multidisciplinare e le sfide globali

Un’ulteriore difficoltà delle università italiane è la mancanza di un approccio multidisciplinare, cioè un approccio in grado di unire metodologie e conoscenze elaborate da più discipline. L’assenza di questo metodo le rende meno preparate a fronteggiare le sfide globali odierne, come il cambiamento climatico e il raggiungimento di uno sviluppo sostenibile, che rappresentano problemi complessi, la cui comprensione o soluzione difficilmente proverrà dalle conoscenze di una singola disciplina. Oltre a facilitare il progresso scientifico, recenti studi mostrano come l’unione di competenze diverse risulti utile anche nel mercato del lavoro.

Da qui la necessità di formare figure in grado di trattare questioni complesse in ottica multidisciplinare. Un recente numero speciale della rivista Nature sottolinea l’importanza di formare laureati capaci di operare e innovare, superando i confini delle singole discipline. L’università italiana, pur con qualche eccezione, mantiene invece una struttura a separazione verticale, con poca permeabilità e scarsa interazione fra ambiti di studio diversi.

Scuole Superiori Universitarie: coltivare il talento, sviluppare la multidisciplinarietà

Per affrontare queste criticità, si dovrebbe disporre di uno strumento in grado di promuovere il talento, la qualità e la multidisciplinarietà nell’università pubblica. Il nostro policy report, vincitore della categoria senior della Tortuga Call for Policy Papers 2023, vede nelle Scuole Superiori Universitarie questo strumento. Le Scuole Superiori Universitarie (SSU) offrono a studenti selezionati un programma d’eccellenza, che si affianca al percorso universitario tradizionale. Gli studenti delle Scuole Superiori Universitarie seguono corsi ad hoc che trattano argomenti di attualità, grazie all’apporto di diverse discipline.

Frequentando i corsi erogati dalle Scuole, gli studenti apprendono strumenti e nozioni complementari rispetto a quelli acquisiti nel proprio corso di laurea tradizionale. La creazione di una comunità studentesca, incentivata dalla comune frequenza dei corsi di eccellenza e dalla convivenza all’interno di residenze universitarie, stimola a sua volta l’apprendimento multidisciplinare. Agli studenti SSU viene richiesto il mantenimento di una media universitaria non inferiore al 27/30 e di essere in pari con gli esami, sia nel percorso tradizionale che in quello di eccellenza.

Il percorso di eccellenza sostiene il costo delle tasse universitarie, della residenza universitaria e di una piccola borsa di studio annuale. Attualmente diverse SSU sono attive in altrettante università italiane. Al completamento del percorso quinquennale e dei requisiti richiesti, alcune di queste Scuole rilasciano un titolo che dal 2021 è equiparato a un master di II livello.

Misurare gli effetti di frequentare una Scuola Superiore Universitaria

Questi programmi mettono dunque in primo piano la formazione di qualità. Un nostro studio analizza l’effetto del percorso di formazione presso la Scuola di Studi Superiori “Ferdinando Rossi” dell’Università di Torino sulla riuscita accademica e sul percorso lavorativo degli (ex) studenti.

La Scuola seleziona i futuri partecipanti al programma di eccellenza attraverso un esame di ammissione. Nelle nostre analisi, confrontiamo i gruppi di studenti che hanno totalizzato un punteggio molto vicino alla soglia di ammissione alla Scuola. L’assunzione di fondo è che studenti con punteggi appena al di sotto e appena al di sopra della soglia di ammissione siano in realtà molto simili in termini di capacità, preparazione, status socioeconomico e altre caratteristiche. Un confronto fra i due gruppi così individuati, quindi, può permetterci di avvicinarci il più possibile a un esperimento scientifico.

I nostri risultati mostrano che frequentare una SSU migliora significativamente i risultati accademici degli studenti. Alla fine del percorso, gli studenti SSU hanno inoltre il 40% di probabilità in più di proseguire gli studi con un percorso di dottorato. Documentiamo anche come il percorso di eccellenza agisca in maniera differente su studenti con background socioeconomico diverso, contribuendo a ridurre le differenze iniziali.

Proposta: una strategia nazionale per le Scuole Superiori Universitarie

Le Scuole Superiori Universitarie possono quindi essere una via percorribile ed efficace per promuovere l’eccellenza e la multidisciplinarietà nell’università pubblica per gruppi di studenti meritevoli. Sulla base del nostro studio e della letteratura sull’argomento, proponiamo quindi una strategia nazionale per le SSU, che accompagni un più generale incremento delle risorse verso l’università e contribuisca a ridurre il divario già descritto.

Da un lato, questa prevedrebbe un bando nazionale e unificato d’accesso alle SSU. Nonostante siano piuttosto simili in termini di requisiti e curriculum, le SSU attive sul territorio nazionale hanno procedure di ammissione e scadenze leggermente diverse, creando così delle barriere informative per i potenziali studenti. Il nostro studio evidenzia infatti un numero di domande di ammissione annuale al percorso di eccellenza più basso di quanto sarebbe lecito aspettarsi.

Allo stesso tempo, chi fa domanda tende a provenire da famiglie con livelli di istruzione più alti e in migliore condizione economica rispetto allo studente universitario medio. La scarsa conoscenza del processo di ammissione alle Scuole Superiori Universitarie, o della loro stessa esistenza, è probabilmente alla base di queste differenze. Crediamo quindi che un bando nazionale di ammissione sarebbe utile per assicurare equità nelle opportunità di accesso alle SSU, fornendo a ogni potenziale interessato gli strumenti per presentare la propria candidatura.

Come gestire i fondi destinati alle Scuole Superiori Universitarie

Allo stesso tempo, una prospettiva nazionale sulle SSU includerebbe un aumento e la gestione centralizzata dei fondi a disposizione, rendendo più finanziariamente stabili i programmi di eccellenza. Il Ministero dell’Università sembra deciso a muoversi in questa direzione e ha provveduto, seppure in maniera temporanea, all’erogazione di fondi destinati a dieci Scuole Superiori Universitarie.

Suggeriamo inoltre la promozione dell’insegnamento in lingua inglese per aumentare la visibilità internazionale delle SSU. Infine, proponiamo un sistema di student ambassador tramite il quale studenti o ex studenti possano agire come role model e condividere la propria esperienza al fine di fornire informazioni utili ai futuri studenti.

Un sistema di Scuole Superiori Universitarie pienamente integrato permetterebbe di espandere l’offerta formativa di qualità pur rimanendo all’interno del sistema universitario pubblico. Questo creerebbe, allo stesso tempo, laureati che affiancano alle proprie specializzazioni strumenti multidisciplinari, conoscenze orizzontali e la capacità di unire saperi differenti nella soluzione di un problema comune.