I fini oscuri dell’economia (politica) celati dalla lingua

scritto da il 08 Marzo 2024

All’incrocio fra linguistica ed economia, con la storia a far da gustoso accompagnamento, ecco che appare Francesco Mercadante col suo nuovo libro, seducente già dal titolo: “Economia. La lingua oscura” (Il Sole 24 Ore, 2024).

Un monito e insieme un programma, che anche solo scorrendo l’indice s’intuisce in tutta la sua vastità. Ci sono Socrate e Shakespeare, ma anche Rilke e Orwell, a rubare la scena all’economia, che a sua volta schiera i beniamini del suo pubblico: il Pil ad esempio – l’oscuro par excellence – oppure l’inflazione, il famigerato spread e il più recente, misterioso, price cap, oltre a quel mondo di grafici e tabelle che nessun buon libro di economia può risparmiare al suo lettore.

Economia, umorismo e rigore

Ma il Grande Protagonista è il linguaggio, ovviamente. Non solo per le istruttive passeggiate attraverso i lunghi corridoi della disciplina. Ma per la lingua del libro: lo scritto. Lo stile di Mercadante, che tanti di noi hanno imparato ad apprezzare qui su Econopoly, regala una vertiginosa escursione storica, filosofica e anche psicologica; e poi: gusto per il virtuosismo, umorismo, denuncia implacabile dei vizi mentali che ci affliggono. Soprattutto: rigore.

Ecco: quando un linguista incontra l’economia e lo leggiamo mentre ne racconta, si ha la sensazione che il suo primo istinto sia quello di diagnosticare alla scienza triste, almeno per come viene volgarizzata, una sostanziale mancanza di rigore.

L’economia nasce politica

Chi studia la grammatica è un matematico che usa le parole al posto dei numeri. Il suo ragionare non è meno astratto e i suoi argomenti non sono meno astrusi, per chi non vi sia avvezzo. Perciò immaginate che fastidio deve essere per uno come Mercadante, educato da anni di grammatiche, avere a che fare con concetti poco e spesso mal definiti, e per giunta travisati da un inglese da supermercato, come quelli che si sono elaborati in nome dell’economia, della quale peraltro si dimentica sempre il cognome: politica. L’economia nasce politica, pure se abbiamo imparato a pensare le due cose separatamente.

Perciò, quando un linguista incontra l’economia (politica) e prova a leggerla col rigore che gli è proprio, ecco che appare la “Lingua oscura” che Mercadante ci racconta con facondia. Oscura, si badi, non perché lo sia la sua struttura formale, che pure tanti difetti esibisce, ma perché risultano oscuri i fini di chi la usa o, peggio ancora, la comunica. Oscuro è l’intento, che rimane esoterico, al contrario dell’apparenza, che si rivela essoterica ma per modo di dire. Incentiva la strizzata d’occhio celata da alcune parole d’ordine – pil, spread ed altre – dando per scontata una comprensione che in realtà non è affatto sicura.

Studiare economia sui social

E qui emerge una prima qualità del nostro discorrere economico: la sua oscurità è direttamente proporzionale alla volgarizzazione alla quale l’infodemia web che affligge la nostra società istantanea, inevitabilmente la condanna. Nessuno legge più i faticosi libri di economia. La si studia sui social e sul web, non a caso frequenti riferimenti nel libro.

In questo non luogo, dove tutto è concepito per essere rapidamente consumato, l’economia somiglia alla figlia di Agamennone, sacrificata stavolta per propiziare la partenza del locutore verso la sua personale guerra di conquista. Sia il premio il potere o una qualche forma, più o meno retribuita, di celebrità. Molte carriere, anche politiche, sono decollate usando l’economia come arma di distrazione di massa sui social, dove si aderisce al pensiero come la mosca alla carta moschicida: per pura inerzia gravitazionale verso le proprie convinzioni, meglio se immotivate, e in maniera del tutto automatica.

L’inganno della lingua oscura

E’ in questo ambiente profondamente ossidativo per i pensieri vivi che si manifestano al meglio della loro forma alcuni di quei comportamenti linguistici di cui ci parla Mercadante: la presupposizione, l’istinto delle inferenze, la falsa esecuzione. Il vizio del dire diventa discorso insensato e proprio per questo reiterato e condiviso. Quindi di successo, perché diffuso come un’infezione virale.

economia

Immagine di Adam Nir da Unsplash

La viralità, non a caso, qualifica la qualità del contenuto nel gergo pubblicitario che anima il web, laboratorio di quelle carriere effimere, ricche di prosopopea e in grandissima parte povere di reddito di cui ci racconta Mercadante. Un altro inganno della lingua oscura, viene da pensare.

Economia e lingua emotiva

Soprattutto questo discorrere viziato alimenta stupefacenti fuochi fatui. Il libro è pieno di esempi: il dibattito sull’uscita dalla povertà, quello sull’euro, sullo spread e tanti altri che non vi rivelo per non guastarvi la sorpresa. Di questi epifenomeni, generati da tranelli discorsivi, Mercadante fa censimento, classificandoli come farebbe un naturalista coi suoi insetti, essendo egli stesso uno scienziato, ma del linguaggio, e poi ce li restituisce in forma di morale per arrivare al punto saliente.

Nulla (o quasi) di ciò che diciamo nel quotidiano in economia ha un senso davvero condiviso, per la semplice ragione che le parole dell’economia sono molto spesso contenitrici di pulsioni, suggestioni, pregiudizi. Forniscono materiale ideale, insomma, per quella che Mercadante chiama “lingua emotiva”.

Perciò queste locuzioni risultano oscure. Hanno a che fare con l’inconscio, che è misterioso per definizione, assai più che con la razionalità. Almeno per la gran parte di quelli che le incontrano sul proprio cammino verso la grande fiera del dibattito pubblico, al quale ci si sente in diritto di partecipare solo perché dotati di connessione.

Il Pil, l’inflazione e il cane di Pavlov

Il Pil, per esempio: quanti sanno cos’è davvero? E tuttavia tutti imitano eccitati il cane di Pavlov, quando la campana dei mezzi di comunicazione di massa fa scoccare il suo annuncio sugli andamenti trimestrali, con i social in testa a suonare la grancassa.

O l’inflazione: altra parola che viene pronunciata per suscitare reazioni, più che azioni, che in larga parte trovano sempre sulla rete il contenitore di ogni spudoratezza. Altro ancora: ieri magari c’erano i flash crash di borsa, ieri l’altro i subprime, e poi a seguire lo spread senza mai privarsi dell’immancabile trend. A cosa serve tutto questo inglese?

Se fosse solo la conferma del nostro istinto gregario, travestito da provincialismo, non sarebbe un gran danno. Ma il punto è che forse reagiamo meglio a uno stimolo espresso in una lingua che non conosciamo, o, peggio, conosciamo per sentito dire.

D’altronde già Nietzsche, 150 anni fa, aveva capito che il male dell’uomo moderno si sostanzia nella sua incapacità di resistere a uno stimolo, impartito in un qualsiasi modo. E la “Lingua oscura” abbiamo scoperto essere un ottimo strumento per provocare reazioni affollate.

Tribalizzati dai tutorial

Che da questo ne derivi poi anche la capacità di organizzare un’azione concreta, che a differenza di un click chiede tempo e applicazione metodica, è da vedersi. Nel lavoro di Mercadante, che è un convinto alfabeta, quindi consumatore di lungo corso di letture, si intravede la malinconia di chi osservi i suoi coevi e trovi un numero crescente di individui sempre più tribalizzati dai tutorial. Il riaffermarsi della conoscenza orale su quella scritta, che McLuhan profetizzava già negli anni Sessanta, produce volenterosi ripetitori, non certo studiosi.

Non avremmo inventato la scrittura se non ci fossimo evoluti, ma sembra che non sappiamo più che farcene. Chiaro che lo sconcio della lingua, esito finale della sua banalizzazione, rattristi l’autore e lo lasci di stucco. Rattrista tutti noi e ci inquieta.

Abuso dell’economia, tra verità e finzione

Non sorprende invece l’abuso dell’economia nel nostro discorrere pubblico. Ormai si è capito da un pezzo che il soldo è il nervo scoperto della nostra società. E mostrarsi addentro ai segreti – quantomeno percepiti come tali – che generano l’alchimia del denaro produce lustro abbastanza da illuminare una carriera. A tal fine serve l’inglese che fa l’occhiolino e magari il tono ispirato dell’imbonitore. Chi andrà a vedere davvero se si tratta di verità o finzione?

Se fosse solo un problema di mancata corrispondenza dell’essere col senso, infine, saremmo ancora nel campo della filosofia, che in fondo interesserebbe pochi appassionati. Ma quando nominiamo l’economia entriamo inevitabilmente nel campo della politica. Chi ci parla di economia ci sta sempre parlando di qualcos’altro, che però rimane celato nella trama tecnica del discorso.

La cattiva coscienza a portata di click

Il discorrere economico necessiterebbe invece di un costante sottotitolo che ne rivelasse l’ordito e l’intento. Ma siccome non sarà mai così, dobbiamo leggere Mercadante e gli altri come lui che ci ricordano, sempre meritoriamente, che non esiste una buona conoscenza che si possa perseguire senza sgobbare sui libri e senza darsi da fare nella vita. Mentre una cattiva conoscenza, che spesso cela una coscienza ancora più cattiva, ormai è davvero alla portata di un click. Quindi di tutti.

Francesco Mercadante
Economia. La lingua oscura
16,90 euro
Il Sole 24 Ore, 2024