Intelligenza artificiale e strategie: i tre grandi vizi che l’Italia non perde

scritto da il 11 Aprile 2024

Post di Elia Bidut, Innovation & AI Strategist e fellow del think tank Tortuga – 

Quest’anno vedrà il termine temporale del Programma Strategico nazionale per l’Intelligenza artificiale 2022-2024, lanciato nel novembre 2021. Un piano nato sotto il governo Draghi e frutto del lavoro congiunto di ben 3 Ministeri: Università e della Ricerca, Sviluppo Economico e l’innovazione tecnologica e la transizione digitale.

Un piano ambizioso, che integrava obiettivi volti al mondo della formazione, dell’Università, e e delle imprese. Un piano che nasceva però prima dei recenti sviluppi che hanno reso l’IA, e in particolare la Generative IA, una delle tecnologie con il più ampio potenziale trasformativo della storia recente. Un piano che volge quest’anno al termine, esaurendo il suo mandato dal 2022 al 2024.

Proprio per questo motivo, oggi, l’attuale Governo di Giorgia Meloni sta aggiornando il Programma, nominando un Comitato tecnico con l’obiettivo di scrivere una nuova versione della strategia, che Palazzo Chigi dovrà utilizzare per scrivere probabilmente un decreto legge.

Intelligenza artificiale, i 6 obiettivi del Piano in scadenza

Sebbene ci siano già delle linee guida riguardo al nuovo piano, è quanto più utile provare a fare un esercizio poco usuale in Italia: provare a valutare come sia andato il piano precedente.

Il piano 2022-2024 individuava 6 obiettivi che indicavano le ambizioni della strategia italiana, 11 settori prioritari che indicavano dove l’Italia intendesse concentrare gli investimenti e 3 aree di intervento che indicavano come il Paese si proponesse di raggiungere gli obiettivi dichiarati, quali:

• Talenti e Competenze: Rafforzare le competenze e attrarre talenti per sviluppare un ecosistema dell’intelligenza artificiale in Italia.
• Ricerca: Aumentare i finanziamenti per la ricerca avanzata nell’IA
• Applicazioni: Incentivare l’adozione dell’IA e delle sue applicazioni, sia nella pubblica amministrazione (PA) che nei settore produttivi in generale.

Il Programma delineava quindi ventiquattro azioni di policy, e per ciascuna delle 24 presentava poi un obiettivo specifico, delle proposte di iniziative da perseguire per poter raggiungere l’obiettivo, e delle indicazioni sulle possibili fonti di finanziamento.

Il programma era stato redatto da un Gruppo di lavoro di esperti, con una provenienza prevalente dal mondo dell’Università e della ricerca.


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Tre anni dopo, cosa possiamo dire del piano?

Una recente analisi degli Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano ha raccolto KPI quantitativi nell’arco del 2022 e 2023 relazionati ai 6 obiettivi della strategia. In assenza di una analisi puntuale per ciascuna delle azioni di policy, tali dati rappresentano una approssimazione utile, seppur incompleta, per valutare con obiettività il piano.

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I due volti della formazione (con fondi PNRR)

In sintesi, i dati mostrano che nell’ambito della formazione AI il piano ha portato a risultati, grazie soprattutto al maggior numero di borse per PhD allocate tramite fondi PNRR. I dati mostrano considerevoli avanzamenti sulla capacità di formare ricercatori di AI in Italia in particolare grazie:
• alla creazione di nuove borse di Dottorato – con un target previsto dalla Strategia di 450 borse entro il 2025, i posti PhD sono più che raddoppiati nel 2023 per un complessivo di 342
• al finanziamento PNRR di nuovi posti da ricercatori, registrando un aumento del +25% sul 2022 con l’attribuzione di 350 posizioni da ricercatori in AI.

Ma l’Italia non è riuscita nell’obiettivo ancor più importante: convincere ricercatori italiani e non a tornare (o venire) nel Belpaese per condurre le proprie attività. Anche in questo ci dimostriamo fucina di talenti, come testimoniato dalla quota di pubblicazioni ad alto impatto più alta di Francia e Germania, che volano altrove in cerca di condizioni salariali e di carriera migliori. Ne è evidenza il fatto che il 69% delle grandi organizzazioni italiane reputa le aziende estere maggiormente attrattive per i professionisti italiani in ambito AI.

Ricerca e intelligenza artificiale, troppo pochi i talenti reclutati

Un’ulteriore riprova della difficoltà di riportare soprattutto le eccellenze della ricerca italiana dentro i confini della penisola è lo scarso successo del Programma di reclutamento Rita Levi Montalcini, con soli 3 talenti reclutati dal 2010, contro un obiettivo di 20 talenti per anni.

Anche per il terzo macro-obiettivo del piano – Applicazioni – emergono sia luci che ombre.

Se da un lato il valore del mercato AI in Italia è in forte crescita, raggiungendo i 760 milioni di euro nel 2023, +52% sul 2022, con un aumento anche nel numero di start-up sul territorio, complessivamente 697 realtà con 120 nuove fondazioni solo nel 2023, dall’altro, guardando i numeri con maggior dettaglio, emergono delle criticità.

In primis: l’eterogeneità. Poche grandissime organizzazioni e un ridotto sottoinsieme di piccole società innovative rappresentano casi di eccellenza, mentre rimane quasi assente l’Intelligenza Artificiale nella maggioranza delle PMI. Se il 60% circa delle grandi imprese dichiara di avere all’attivo almeno una sperimentazione AI, il dato crolla al 18% per le PMI nel 2023.

L’avvento della Generative AI non sembra tuttavia essere una via per ridurre il gap nell’adozione dell’Intelligenza Artificiale tra le grandi organizzazioni, chi è indietro nel percorso di adozione dell’AI, infatti, non riesce a trarre beneficio delle opportunità della generative AI (nel 77% dei casi).

I tre grandi vizi che l’Italia non perde

E anche l’ecosistema start-up mostra criticità con finanziamenti e ricavi medi registrati inferiori ad altri grandi stati competitor, come la Francia o la più vicina Spagna.

Più roseo il fronte delle applicazioni dell’IA per la PA, con 67mila dataset ad oggi accessibili, e un insieme di investimenti strategici trainati dall’occasione del PNRR, ma con ancora enormi divari da colmare per quanto riguarda il fronte delle competenze, come riconosciuto dallo stesso Ministro per la PA.

In sintesi, anche sull’AI l’Italia ha confermato i vecchi vizi: abbiamo formato più talenti che non siamo riusciti a trattenere a dovere, fallendo al contempo ad attrarre giovani all’estero. Ci facciamo incoraggiare dai numeri sulla crescita totale del mercato (e ci mancherebbe), trainati da poche eccellenze, mentre la maggior parte del tessuto imprenditoriale fatica a rimanere al passo.

E confermiamo nuovamente il grandissimo vizio di non voler valutare, analizzare, correggere e reagire. Anche in questo caso non è stata commissionata una valutazione dettagliata della strategia 22-24, ma si è preferito ricorrere alla nomina della nuova Commissione.