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Dispersione scolastica, povertà, due Italie: è allarme futuro


La scuola dovrebbe essere un potente strumento di mobilità sociale, ma in Italia spesso finisce per amplificare le disuguaglianze anziché ridurle. Un segnale chiaro di questa distorsione è rappresentato dalla dispersione scolastica implicita, ovvero la situazione in cui studenti, pur conseguendo il diploma, non acquisiscono le competenze fondamentali necessarie
per entrare nel mondo del lavoro o migliorare la propria condizione sociale. Questo fenomeno, meno visibile rispetto all’abbandono scolastico esplicito, è altrettanto allarmante, poiché svuota di significato il titolo di studio e mina la funzione stessa della scuola come strumento di mobilità sociale.
Tale criticità, evidenziata di recente dal rapporto Invalsi 2024 e confermata dai risultati della valutazione OCSE sulle competenze degli adulti (PIAAC), rischia di compromettere l’accesso a opportunità lavorative e di ostacolare la possibilità di miglioramento sociale, con gravi ripercussioni sul futuro dei giovani e sull’equità del sistema Paese.
I dati di Save the Children sulla dispersione scolastica implicita
Secondo i dati resi accessibili da Save the Children, la dispersione scolastica implicita a 18 anni negli ultimi anni in Italia mostra un trend in miglioramento rispetto al periodo pandemico e immediatamente successivo. Nel 2019, la quota di studenti che terminavano il secondo ciclo di studi senza aver acquisito competenze fondamentali era pari al 7,5%; nel 2021, dopo la crisi pandemica, questa percentuale è salita al 9,8%, per poi scendere progressivamente fino al 6,6% nel 2024 (fig. 1).
Figura 1: Dispersione implicita alla fine della scuola superiore in Italia, 2019-2024
Tuttavia, l’analisi del fenomeno su base geografica rivela forti disuguaglianze regionali, nascoste dalla media nazionale (fig. 2). Nel Mezzogiorno, la dispersione implicita ha raggiunto un picco del 16,8% nel 2021 e, sebbene in calo negli anni successivi, resta su livelli critici. Il Centro registra valori intermedi, mentre il Nord presenta i tassi più bassi, sempre inferiori al 5%. Nonostante il miglioramento complessivo, i dati continuano a evidenziare un preoccupante divario educativo tra Nord e Sud del Paese.
Figura 2: Dispersione implicita in Italia per macroarea geografica.
Le disuguaglianze territoriali e l’evoluzione tra gradi scolastici
I dati raccolti nel rapporto INVALSI 2024 confermano che il divario regionale della dispersione scolastica implicita si manifesta già alla fine della scuola primaria e si consolida durante medie e superiori. Il rapporto evidenzia che la condizione di fragilità scolastica negli apprendimenti non mostra miglioramenti significativi tra la quinta elementare e la quinta superiore. Alla fine delle elementari la percentuale di studenti in condizione di dispersione scolastica implicita si registra al 14,5% tra i ragazzi e all’11,2% tra le ragazze, con una media nazionale del 12,9%. Alla fine del secondo ciclo di studi la media degli studenti in dispersione implicita scende al 6,6%, ma ancora con forti differenze geografiche (fig. 3). Secondo i dati INVALSI, il livello è simile tra immigrati di seconda generazione (11.8%) e figli di genitori italiani (12,1%), e più alto tra immigrati di prima generazione (24.4%).
Figura 3: La dispersione implicita tende a cristallizzarsi tra la fine delle elementari e la fine delle superiori.
Il ruolo della famiglia di origine
Un altro aspetto rilevante riguarda le differenze nei livelli di dispersione scolastica implicita in base al tipo di scuola superiore frequentata. Il rapporto INVALSI 2024 mostra una chiara correlazione tra la tipologia di istituto e la probabilità di uscire dal percorso scolastico senza aver acquisito competenze adeguate (fig. 4). Nei licei, il fenomeno è molto contenuto: solo il 2,5% degli studenti risulta in dispersione implicita. La percentuale sale all’8,5% negli istituti tecnici e raggiunge il 17,8% nei professionali, dove la situazione è particolarmente critica.
Figura 4: Dispersione implicita in base all’indirizzo della scuola superiore e alle caratteristiche personali.
La forte incidenza della dispersione scolastica implicita negli istituti professionali e tecnici non è solo il riflesso di una diversa offerta formativa. Da un lato, infatti, gli studenti che si iscrivono in queste scuole sono quelli che già alle elementari e medie erano più in difficoltà. Dall’altro, gli studenti di liceo studiano in ambienti tipicamente più stimolanti, con compagni mediamente studiosi e professori relativamente attenti. Al contrario, gli istituti professionali e in alcuni casi tecnici concentrano una popolazione studentesca con maggiori difficoltà economiche e sociali, e quindi di apprendimento.
Povertà e dispersione scolastica, due facce della stessa medaglia
Infatti, uno dei principali fattori che influenzano il livello di competenze acquisite al termine del percorso scolastico è proprio la condizione economica delle famiglie. Analisi OCSE hanno sottolineato come la povertà sia un elemento determinante nella performance scolastica, e i dati italiani sembrerebbero confermare questa tendenza. La povertà relativa è definita come la quota di minori che vivono in famiglie con un reddito disponibile inferiore al 60% del reddito mediano nazionale. Questo indicatore è fondamentale perché non misura l’accesso ai beni essenziali, ma evidenzia quanto le condizioni economiche di una famiglia si discostano dalla media nazionale. In altre parole, rappresenta le disuguaglianze economiche interne alla società e il loro impatto sulle opportunità educative. Il grafico (fig. 5) offre un’istantanea dell’anno 2022 e mette in relazione, a livello regionale, la percentuale di minori in povertà relativa con i livelli di dispersione scolastica implicita. Quest’ultima è misurata attraverso i risultati delle prove INVALSI sostenute dagli studenti del quinto anno della scuola secondaria di secondo grado.
Si nota facilmente una correlazione positiva tra povertà relativa e dispersione scolastica implicita nel 2022. Partendo dalle risorse del data hub di Save The Children, si osserva che le regioni con bassa povertà, come Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige e Veneto, registrano tassi di dispersione implicita contenuti, mentre in Calabria, Campania, Sardegna e Sicilia, dove la disuguaglianza economica rispetto alla media è più elevata, il fenomeno è più diffuso.
Figura 5: Correlazione tra dispersione implicita e povertà relativa in Italia nel 2022.
Le conseguenze della dispersione scolastica sul mercato del lavoro
Ridurre l’incidenza della dispersione scolastica implicita è fondamentale, poiché la mancanza di competenze acquisite durante la scuola tende a persistere anche in età adulta, influenzando negativamente l’ingresso e la permanenza nel mercato del lavoro. Il test PIAAC, che misura le competenze di base in lettura, matematica e ragionamento tra gli adulti, evidenzia come l’Italia registri tra i livelli più bassi di comprensione del testo tra i Paesi OCSE. In questo contesto, emerge con forza il ruolo del background familiare: in Italia, la sua influenza sui risultati è particolarmente marcata, segnalando che il sistema scolastico fatica a compensare le disuguaglianze sociali di partenza.
Contrastare la dispersione scolastica è cruciale per il futuro del Paese
La dispersione scolastica implicita rappresenta una sfida per l’Italia, con forti disuguaglianze territoriali e un legame con la povertà relativa. Contrastare la dispersione scolastica non è solo un investimento sull’istruzione, ma una necessità per il futuro economico e sociale del Paese. Per affrontare il problema è necessario un approccio che intervenga su più livelli. In primo luogo, è fondamentale rafforzare la qualità dell’istruzione primaria e secondaria di primo grado, con un’attenzione particolare alle regioni maggiormente colpite dal fenomeno. L’introduzione di programmi di supporto personalizzati, come tutoraggio individuale e doposcuola gratuiti, possono favorire il recupero delle competenze di base, soprattutto nelle aree in cui il divario emerge già alla fine della scuola primaria.
Inoltre, è necessario riequilibrare le risorse tra i diversi indirizzi scolastici, migliorando l’offerta educativa negli istituti tecnici e professionali, dove si registrano i tassi più elevati di dispersione implicita. Una proposta interessante è l’introduzione di percorsi scolastici più flessibili, che permettano agli studenti, dopo un biennio iniziale comune, di scegliere con maggiore consapevolezza se proseguire nel percorso liceale, tecnico o professionale, favorendo così l’acquisizione di competenze di base comuni e una maggiore mobilità tra indirizzi.