PMI, il nuovo orizzonte del private equity in Italia (anche al Sud)

scritto da il 12 Maggio 2025

Post di Maurizio Galati, Director Financial Advisory di Forvis Mazars – 

Un tempo riservato a operazioni miliardarie o a scalate aziendali dal forte impatto mediatico, oggi il private equity sta ricalibrando le proprie strategie. E l’Italia, con la sua galassia di piccole e medie imprese, si trova al centro di questa evoluzione. Il 2024 ha visto una crescita significativa degli investimenti nei cosiddetti “small e mid deal”, ovvero operazioni dal valore inferiore ai 150 milioni di euro, che hanno toccato quota 6 miliardi. Numeri che, pur in lieve calo in termini di operazioni rispetto al 2023 (732 contro 750[1]), segnalano un consolidamento di interesse verso le aziende familiari, anche nelle aree storicamente meno presidiate dal capitale, come il Mezzogiorno.

La fotografia globale tracciata dal Global Private Equity Report 2025 di Forvis Mazars mostra un settore in transizione. Dopo anni di crescita spinta, i fondi si confrontano con una congiuntura meno favorevole: volatilità dei mercati, tensioni geopolitiche, inflazione persistente e tassi in rialzo. In questo scenario, la tendenza è verso operazioni di medio calibro, maggior presidio strategico e tempi di investimento più lunghi. Il focus si sposta dalla mera leva finanziaria a un accompagnamento più strutturato delle imprese nel percorso di crescita.

Private equity alleato nella transizione industriale

In Italia, questa trasformazione si traduce in un cambio di paradigma: il private equity diventa un alleato per affrontare i grandi snodi della transizione industriale – digitale, green e generazionale. Sempre più imprenditori vedono nei fondi una leva per internazionalizzarsi, rafforzare la governance, attrarre competenze e traghettare l’azienda verso nuovi modelli organizzativi. Non è un processo lineare né privo di resistenze culturali – la diffidenza verso l’ingresso di capitali esterni è ancora presente – ma l’orientamento sta cambiando.

Anche il C-Suite Barometer 2025 di Forvis Mazars lo conferma: per oltre 1.700 top manager intervistati in 35 paesi, le priorità strategiche includono sostenibilità, digitalizzazione e apertura a nuovi mercati. Tre direttrici che trovano nel private equity un potenziale acceleratore, specie laddove il capitale privato è accompagnato da competenze settoriali e managerialità.

La geografia degli investimenti: più attenzione verso il Sud

Un altro elemento interessante riguarda la geografia degli investimenti. Se le operazioni nel Nord restano preponderanti, aumenta l’attenzione verso il Sud Italia. Non solo per gli incentivi pubblici (PNRR, ZES, credito d’imposta), ma anche per un tessuto imprenditoriale vivace, spesso sottocapitalizzato ma promettente, attivo in settori come agroalimentare, turismo, logistica ed energia rinnovabile. Per i fondi, si tratta di valorizzare un potenziale inespresso; per le imprese, di compiere un salto di qualità.

private equity

Sempre più imprenditori, secondo Forvis Mazars, vedono nei fondi una leva per internazionalizzarsi, rafforzare la governance, attrarre competenze e traghettare l’azienda verso nuovi modelli organizzativi (Designed by Freepik)

Naturalmente, il percorso richiede preparazione: dalla strutturazione della contabilità a una maggiore trasparenza organizzativa, passando per la digitalizzazione dei processi e l’integrazione dei criteri ESG. Non tutte le imprese sono pronte a questo passaggio. Ma chi lo affronta con convinzione, oggi, può trovare nel private equity un motore per crescere in un mercato sempre più selettivo.

Ed è proprio in questo scenario che il supporto di consulenti esperti – capaci di guidare le imprese nelle fasi cruciali di due diligence e valutazione dell’operazione, ma anche attraverso consulenze su integrazione post-deal, governance, processi ESG e strategie di sviluppo sostenibile – si rivela un fattore abilitante per le aziende per poter fare la differenza.

[1] Dati AIFI