Oltre l’hype: perché l’IA deve trasformare, non solo automatizzare

scritto da il 11 Giugno 2025

Post di Erminio Polito, Amministratore Delegato di Minsait in Italia – 

L’Intelligenza Artificiale sta progressivamente entrando nelle imprese italiane, ma il salto verso un’adozione pienamente strategica è ancora lontano. Non si tratta solo di rendere più rapide le attività esistenti: il vero potenziale dell’IA sta nella possibilità di abilitare soluzioni profondamente nuove, dirompenti, ripensando il modo in cui si crea valore, si prendono decisioni, si organizzano i processi. Perché questo accada, però, non bastano interventi puntuali o sperimentazioni locali: servono visione, investimenti adeguati e un’integrazione dell’innovazione che sia strutturale, trasversale e orientata al lungo periodo.

Oggi questo passaggio appare ancora parziale. Secondo il rapporto che, come Minsait, abbiamo realizzato con The European House – Ambrosetti, solo il 21% delle aziende che hanno avviato progetti legati all’IA è riuscito a implementarli su larga scala. La maggior parte si muove con prudenza, con budget limitati, spesso inferiori al 5% del totale digitale, e il 70% delle organizzazioni non ha una direzione strategica chiara. Anche l’adozione dell’IA generativa, nonostante l’hype, resta confinata ad ambiti tattici e a basso rischio, con applicazioni focalizzate su micro-efficienze operative, come la produzione di testi, la sintesi di dati o l’automazione di attività ripetitive.

Questa fase di “curiosa sperimentazione” è fisiologica e comprensibile, soprattutto in contesti regolamentati o a elevata complessità. Ma non può diventare la regola. Testare l’IA in ambiti circoscritti, a basso rischio, rappresenta spesso un primo passo utile per costruire competenze, validare soluzioni e preparare il terreno. Ma perché questa fase non si esaurisca in applicazioni marginali, è essenziale accompagnarla con una visione più ampia. L’obiettivo non può essere solo migliorare l’esistente, ma ripensare modelli di business, prodotti, servizi e processi core con lo stesso slancio con cui, in passato, altre tecnologie trasformative — dall’elettricità a internet — hanno riscritto le regole del mondo produttivo, abilitando innovazioni radicali.

Serve una visione di lungo periodo, capace di collocare l’IA al centro delle filiere industriali e dei servizi al cittadino. Una visione che riconosca all’intelligenza artificiale non solo un ruolo operativo ma una portata trasformativa. Per farlo è necessario affrontare tre grandi sfide: individuare le aree di massima generazione di valore, orchestrare la trasformazione in modo sistemico e governarne i rischi, dai bias algoritmici alla qualità del dato, dalla trasparenza dei modelli alla sostenibilità dell’intero ciclo di vita.

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Secondo il rapporto Minsait-TEHA, solo il 21% delle aziende che hanno avviato progetti IA li ha implementati su larga scala (Designed by Freepik)

Nel frattempo, alcune imprese più lungimiranti hanno iniziato a preparare il terreno per una trasformazione più profonda. Investono nella qualità dei dati, nell’integrazione con i processi, nella formazione diffusa. Lavorano su casi d’uso che dimostrano come l’IA possa migliorare l’efficienza dei sistemi energetici, proteggere l’ambiente marino, tutelare l’avifauna nei parchi eolici o automatizzare in modo intelligente attività complesse come la perizia video in ambito assicurativo. Progetti che raccontano non solo un utilizzo responsabile e avanzato della tecnologia, ma anche la volontà di utilizzarla per ripensare la relazione con il territorio, con i cittadini, con i clienti.

Senza una spinta decisa al cambiamento culturale e organizzativo, il rischio è che le aziende si limitino a migliorare processi destinati comunque a essere superati da nuovi modelli, introdotti da realtà che, invece, stanno già rivoluzionando il modo di fare impresa. Perché l’intelligenza artificiale non è una tecnologia da “inserire” nei processi esistenti, ma uno strumento per reinventarli. È innanzitutto una sfida strategica. E come tutte le sfide strategiche richiede leadership, coraggio e la capacità di orientare l’innovazione a fini chiari, legittimi e condivisi.

Il momento per agire è adesso, le condizioni ci sono. Ma serve un cambio di passo: non è il rischio a doverci spaventare, è l’inerzia.