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PMI a caccia di nuovi profili finanziari ibridi: ecco le soluzioni


Post di Raffaele D’Arienzo, Presidente di Academy FT –
In uno scenario economico segnato da trasformazioni rapide e profonde, la funzione finanziaria non è più quella di una volta. Digitalizzazione, transizione ecologica, gestione dei dati e pressione regolatoria stanno riscrivendo le regole del gioco per aziende di ogni dimensione. Le PMI, in particolare, si trovano oggi a un crocevia strategico: per crescere, innovare e competere hanno bisogno di nuove risorse professionali in grado di governare la complessità e anticipare il cambiamento.
Non si tratta semplicemente di aggiornare qualche software o assumere un data analyst. È in atto una rivoluzione culturale e organizzativa che impone l’emergere di un nuovo profilo professionale: una figura “ibrida”, capace di fondere solide competenze finanziarie con capacità digitali, sensibilità ESG e uno sguardo trasversale sui processi aziendali. Questa nuova generazione di professionisti rappresenta una risorsa preziosa per accompagnare le imprese verso modelli di business più resilienti, efficienti e sostenibili.
La nuova funzione finance: integrata, digitale e sostenibile
Negli ultimi anni, il ruolo della funzione finance nelle imprese è evoluto da mera attività amministrativa e contabile a motore del cambiamento aziendale. Il Chief Financial Officer (CFO), ma anche chi lavora al suo fianco, è sempre più chiamato a svolgere un ruolo consulenziale e proattivo. Analizzare i flussi di cassa non basta più: oggi serve la capacità di anticipare i trend, governare l’incertezza e partecipare attivamente alla definizione della strategia aziendale.
Un dato eloquente arriva dalla ricerca PwC “What’s Important to the CFO in 2025”: il 44% dei CFO considera “molto importante” aumentare l’utilizzo delle tecnologie per ridurre i costi nei prossimi 12 mesi. L’efficienza operativa è diventata una priorità e la leva tecnologica ne è il motore. Automatizzare i processi, digitalizzare i flussi, integrare strumenti di intelligenza artificiale e data analytics sono scelte non più rimandabili per la gestione finanziaria d’impresa. Ma non è solo una questione di tecnologia: è una questione di competenze. Occorrono persone capaci di usare questi strumenti, interpretarli e tradurli in scelte concrete.
Parallelamente, l’introduzione dei parametri ESG e la crescente sensibilità ambientale stanno spingendo anche le funzioni finanziarie a dotarsi di nuove metriche di analisi. Sempre secondo PwC, il 28% dei reparti finance utilizza già soluzioni di intelligenza artificiale per il forecasting, e tra gli ambiti in maggiore espansione c’è proprio la gestione e la rendicontazione dei dati ESG. In quest’ottica, la funzione finanziaria si configura sempre più come un vero presidio trasversale: dal reporting alla strategia, dal risk management alla sostenibilità. Ecco perché la componente tech, data-driven e l’approccio “green” non sono più opzionali, ma strutturali.

Essenziale per le aziende sviluppare strategie HR mirate alla costruzione di queste competenze, non solo attraverso la selezione esterna, ma anche valorizzando i talenti (Designed by Freepik)
La tecnologia al centro dei processi decisionali
In uno scenario economico sempre più complesso e interconnesso, l’integrazione tra competenze finanziarie e tecnologiche deve rappresentare sin da ora una priorità per una gestione aziendale efficace e consapevole. In tutti i settori.
L’adozione dell’intelligenza artificiale nella redazione dei piani di tesoreria, per esempio, già oggi consente al finance di simulare l’andamento della liquidità futura in tempo reale, offrendo ai decision maker uno strumento predittivo potente, pur lasciando alla sensibilità umana la responsabilità ultima su pagamenti e investimenti.
Nelle microimprese, dove la gestione della liquidità quotidiana è spesso una questione di sopravvivenza, soluzioni digitali basate sull’AI possono supportare gli imprenditori nella pianificazione dei flussi di cassa, evidenziando in modo chiaro e accessibile l’impatto di nuovi contratti o variazioni nei termini di pagamento. Anche l’automazione della contabilità sta trasformando radicalmente il ruolo del reparto finanziario: l’eliminazione della carta e l’utilizzo di software intelligenti per la classificazione automatica dei documenti liberano tempo e risorse da attività ripetitive, spostando il focus sulla strategia.
La tecnologia, infine, offre strumenti preziosi per integrare in modo ottimale la sostenibilità nei processi d’impresa, consentendo di valutare non solo i costi immediati, ma anche le implicazioni ambientali e sociali delle scelte aziendali. In tutti questi casi, la sinergia tra conoscenze finanziarie e l’utilizzo efficace di soluzioni digitali rappresenta un fattore chiave per una governance aziendale moderna e responsabile, ampliando l’esigenza per le imprese di dotarsi di figure in grado di garantire competenze ibride.
Il profilo che non si trova: il mismatch delle competenze ibride
Se da un lato aumenta la domanda di professionisti in ambito finance con un profilo evoluto, dall’altro il mercato del lavoro fatica a soddisfarla. Il problema non è la scarsità di competenze tecnologiche e finanziarie in senso assoluto, ma la difficoltà di trovarle integrate nella stessa persona. Oggi servono figure capaci di coniugare capacità analitiche, dimestichezza con strumenti digitali, conoscenze normative, visione finanziaria e abilità relazionali. Una combinazione tutt’altro che semplice da reperire sul mercato.
Il risultato? Un evidente mismatch tra domanda e offerta. Le imprese cercano sempre più profili “a T”: con una solida specializzazione verticale, ma anche un’ampia apertura trasversale. Ma questi professionisti sono rari e spesso contesi. In tal senso, diventa essenziale per le aziende sviluppare strategie HR mirate alla costruzione di queste competenze, non solo attraverso la selezione esterna, ma anche valorizzando i talenti interni con percorsi di crescita personalizzati.
Il tutto, considerando che le prospettive di carriera per queste figure ibride sono particolarmente interessanti. Da un lato, possono aprirsi a ruoli manageriali con responsabilità crescenti, come la gestione di team finance o l’interfaccia diretta con stakeholder e investitori; dall’altro, intraprendere percorsi più consulenziali o verticali, legati ad ambiti innovativi come la rendicontazione ESG, l’ottimizzazione della supply chain o la gestione predittiva della tesoreria. In entrambi i casi, si tratta di profili centrali nel processo decisionale aziendale.
Il ruolo della formazione continua e dei modelli educativi innovativi
Formare professionisti con competenze ibride, tecnologiche e finanziarie, però, richiede una revisione profonda degli attuali modelli educativi. Le università e i master tradizionali, pur fornendo ottime basi teoriche, faticano spesso a stare al passo con l’evoluzione delle skill richieste dal mercato.
In questo scenario, diventa strategico per le aziende investire in percorsi interni di formazione continua, che possano integrare le conoscenze finanziarie con competenze operative, strumenti digitali e casi d’uso concreti. I modelli formativi più efficaci sono quelli “blended”: flessibili, modulari, interattivi, con un mix di teoria e pratica, coaching e simulazioni. Le imprese devono saper cogliere il potenziale nascosto nei propri collaboratori, offrendo strumenti per farlo emergere e facendosi al tempo stesso promotrici di un nuovo modello culturale, in cui il sapere finanziario e quello tecnologico si incontrano per generare valore.
Un cambio di passo per la finanza delle PMI
Il futuro della funzione finanziaria si gioca oggi sulla capacità di evolversi da centro di controllo a centro di valore. La sfida non è più (solo) contabile, ma culturale. Servono nuovi modelli, nuove persone, nuove competenze. Le PMI, tradizionalmente più agili delle grandi organizzazioni, hanno l’opportunità di guidare questa trasformazione se sapranno dotarsi degli strumenti, delle risorse, delle visioni e, appunto, dei profili giusti.
La figura del professionista ibrido non è un’utopia, ma una necessità concreta. È colui o colei che sa parlare il linguaggio dei numeri, ma anche quello dei dati e della sostenibilità. Che sa usare la tecnologia, ma anche interpretarla. Che sa relazionarsi con l’imprenditore e suggerire soluzioni innovative.
Formare, attrarre e far emergere il potenziale di queste figure deve diventare una priorità per ogni PMI che voglia affrontare con consapevolezza il cambiamento in corso. Perché il futuro della finanza, come dimostra l’esperienza sul campo, sarà sempre meno amministrativo e sempre più strategico, connesso, responsabile. Ibrido.