Quando la Grecia doveva uscire dall’euro e intanto entrava nell’euro 3.0

scritto da il 04 Settembre 2015

Il 22 giugno, mentre Tsipras gigioneggiava a Bruxelles e il mondo si interrogava seriamente se Atene sarebbe rimasta nell’euro, la Central securities depositories della Banca di Grecia partecipava insieme a poche altre alla prima ondata di adesioni al sistema target S, ossia l’ulteriore evoluzione dell’integrazione finanziaria dell’Europa.

Ciò a dimostrazione dello spread, questo sì notevole, fra la superficie burrascosa e fatua del dibattere pubblico, e la calma fattiva degli abissi burocratici, dove ormai procede silente l’unificazione europea.

Ricordo ai non appassionati che la S che campeggia vicino a Target 2 sta per settlement, e si riferisce al fatto che tutte le transazioni di titoli, fra i paesi aderenti alla nuova piattaforma, vengono regolati centralmente con moneta di banca centrale.

Un processo iniziato prima della crisi, nel 2007, e che si concluderà nel 2017 quando è prevista la terza ondata di adesioni al nuovo sistema europeo di settlement. Un momento storico, che fa il paio con il completamento dell’unione del mercato europeo dei capitali prevista per il 2019 e che segue logicamente all’unione bancaria già operante.

Per allora l’eurozona, se non tutta l’Ue, sarà integrata in un sistema dove i flussi di capitale sono uniformati da una legislazione comune e vengono regolati centralmente da un meccanismo gestito al livello della Bce.

In tale contesto rischia di suonare vacuo il discorrere di uscita dalla moneta unica, quando pare evidente che l’euro sia solo l’aspetto visibile di un’integrazione ormai evoluta fino ai livelli più profondi della struttura finanziaria europea. Dalla messa in comune della moneta legale (euro 1.0), infatti, si è di recente passati alla sostanziale messa in comune della moneta bancaria (euro 2.0), con la creazione dell’unione omonima, e si sta marciando a tappe forzate verso l’unificazione di quella che, in maniera imprecisa ma comprensibile, potremmo chiamare moneta finanziaria (euro 3.0) che culminerà nel mercato unico del capitale europeo, al quale guardano con interesse molti paesi anche all’esterno dell’Eurozona.

Per apprezzare tali considerazioni occorre un approfondimento.

Target 2 viene gestito dall’eurosistema, ossia dalle banche centrali nazionali che aderiscono all’euro, ed è assurto all’onore delle cronache dopo l’esplosione della crisi dei debiti sovrani, quando di fatto ha funzionato come una sorta di camera di compensazione degli squilibri delle bilance dei pagamenti dei singoli stati dell’eurozona. Nella reportistica della Bce, gli squilibri Target sono stati utilizzati come misura degli squilibri interni all’eurozona. O, che è lo stesso, come un indice della sua frammentazione.

Per comprendere cosa comporti l’adesione di uno stato alla nuova piattaforma di settlement dobbiamo scendere nelle segrete della finanza, dove lavorano entità che usualmente non campeggiano sulle pagine dei giornali.

Fra queste, le Central securities depositories (CDSs), che gestiscono appunto il settlement. O, detto con parole nostre, il regolamento delle transazioni che intervengono fra due controparti. Quando due parti si scambiano un’obbligazione lo fanno tramite un contratto. Le entità che si occupano del settlement hanno proprio il compito di regolare questo contratto in base alle condizioni in esso contenute. Quindi il regolamento può consistere nella consegna di titoli o di denaro liquido, in un determinato tempo e in un determinato luogo.

A volte il regolamento prevede l’interposizione di un’altra entità, di solito una banca, che assume il ruolo di custode, ossia conserva i titoli che dovranno essere scambiati al momento del settlement.

Al momento ogni paese europeo ha una sua CDSs o si affida a una precisa CDSs che agisce in regime di sostanziale monopolio sul territorio statale, con le sue regole e i suoi costi. Tutto ciò genera ulteriore motivo di frammentazione finanziaria. Per questa ragione è stata studiata l’evoluzione di Target 2 in Target 2 S.

In Italia, ad esempio c’è il Monte Titoli che è stato l’ultimo in ordine di tempo ad aderire al Target 2 S lo scorso 31 agosto. Vale la pena notare che l’ingresso dell’Italia nel Target 2 S è stato successivo a quello della Bank of Greece Securities Settlement System (BOGS), del Depozitarul Central (Romania), del Malta Stock Exchange e del SIX SIS (Svizzera). Notate che la Svizzera non solo è fuori dall’eurozona, ma anche dell’Ue, eppure è stata fra le prime ad aderire al nuovo sistema, dimostrandosi con ciò che l’integrazione finanziaria, oltre che monetaria e bancaria, è ciò che va caratterizzando il processo di unificazione europea.

In sostanza si tratta di centralizzare in un’unica piattaforma tutte le operazioni europee di settlement, che verranno quindi regolate con moneta di banca centrale proprio come avviene con i vecchi saldi Target 2.

In tal modo, come spiega la Bce, si otterranno benefici sul lato dei costi, dell’efficienza e persino alla stabilità finanziaria. E, aggiungo io, sarà anche più facile far fronte a eventuali scompensi emettendo moneta di banca centrale qualora se ne ravveda la necessità. Ciò che certo non dispiacerà agli scommettitori di professione.

Come si vede, qualunque sia il passaggio, gli argomenti a favore sono sempre gli stessi. Così come anche le conseguenze: cessione di prerogative nazionali a fronte di benefici sovranazionali.

L’euro 3.0 vedrà la luce sulla base dell’adesione volontaria delle CDSs, assai lontane com’è normale che sia, dalle agende politiche o dai dibattiti pubblici. Ventitré di loro hanno già aderito e la Bce si aspetta che altre ne arriveranno, anche fuori dal circuito strettamente europeo. Come si può notare, più il processo si raffina, più si allontana dal comune sapere e dall’opinione pubblica che si è accorta solo dopo un decennio degli effetti dell’unificazione monetaria e deve ancora metabolizzare quello dell’unificazione bancaria.

Timeline del Target 2 settlement (Fonte: Bce)

Timeline del Target 2 settlement (Fonte: Bce)

Concludo con un dato di cronaca. È già stato fissato da tempo il cronoprogramma del Target 2 S, che procede con assoluta precisione. La prossima “ondata” di adesioni è per il prossimo 28 marzo, quando aderiranno alla piattaforma Euroclear Belgium, Euroclear France, Euroclear Nederland, Interbolsa (Portugal), National Bank of Belgium Securities Settlement Systems (NBB-SSS). La terza ondata è prevista per il 12 settembre 2016, quando toccherà a Clearstream Banking (Germania), KELER (Ungheria), LuxCSD (Lussemburgo), Oesterreichische Kontrollbank (Austria), VP Lux (Lussembrugo) e VP Securities (Denmark).

L’ultima ondata di adesione è prevista per il 6 febbraio 2017, con le adesioni delle Cds di Spagna, Finlandia, i tre paesi baltici, la Slovacchia e la Slovenia. A quel punto, per citare Mario Draghi, l’Europa avrà una unione un po’ “più perfetta”.

Speriamo di farci caso.

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