Non abbiamo bisogno di leader carismatici (l’umiltà rende 7 volte tanto)

scritto da il 10 Marzo 2019

Per lavoro, e per passione, raccolgo e studio molte ricerche che riguardano la leadership e i nuovi stili manageriali. Tutte queste ricerche, quasi sempre provenienti da prestigiose università statunitensi, affollano digitalmente il desktop del mio computer e fisicamente la mia scrivania, ma solo una tra queste, per me merita di essere presente anche nelle scrivanie dei CEO di tutte le aziende pubbliche e private. Mi sto riferendo al bestseller dal titolo “Good to Great: Why Some Companies Make the Leap…and Others Don’t”, scritto dal professor Jim Collins. Il libro -in realtà- risponde ad una sola e semplice domanda:

Può una buona azienda diventare eccellente? Se sì come?

Questa domanda, apparentemente oziosa, ha fatto emergere risposte per niente scontate e un finale contro-intuitivo sulla natura carismatica di certi leader. Vi ho incuriosito a sufficienza? Allora seguitemi.

 

Una ricerca di cinque anni, una sola domanda, 1435 aziende coinvolte

Ciò che ha reso famoso questo libro è l’incredibile lavoro di ricerca scientifica che vi è alla base. Il team di Jim Collins, composto da 21 ricercatori, ha lavorato per ben 5 anni, prendendo in esame 1435 aziende che sono apparse nel Fortune 500 dal 1965 al 1995. Tra tutte queste “buone” aziende si è voluto selezionare solo quelle che, da un certo momento in poi, sono state capaci di generare, in un intervallo di tempo di almeno 15 anni, fino a 7 volte i rendimenti azionari rispetto alla media del mercato in cui operavano.

Good to great company

La selezione è stata molto meticolosa, a riprova della scientificità del metodo usato. Banalmente, se il mercato in cui operava l’azienda selezionata aveva subìto lo stesso salto, allora l’azienda veniva tolta dalla lista. Applicando questo tipo di filtro, dopo aver studiato più di 6000 report e intervistato più di 87 top manager, sono emerse soltanto 11 aziende (delle 1435 iniziali) che erano riuscite a trasformarsi da “buone” ad “eccellenti”, nell’arco di 15 anni, da un certo “transition point”. Una volta fatta questa selezione, il team di Jim Collins, ha voluto capire cosa avessero in comune queste 11 aziende.

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È stato creato anche un “gruppo di controllo” costituito da aziende che nello stesso periodo, con le stesse opportunità, le stesse disponibilità finanziarie, erano rimaste “buone”. Per ogni azienda diventata eccellente si è trovata la rispettiva rimasta buona, al fine di capire in cosa differenziassero tra di loro.

 

Facile dire Leadership

Collins aveva avvisato il suo team di ricerca di non pensare subito alla leadership, come elemento differenziatore, perché trovava questo approccio troppo semplicistico. Ma stando alle parole del professore “è stata la leadership a trovare loro”. Anzi, a dirla tutta, è stata la “Level Five Leadership” a presentarsi a loro in tutto il suo splendore. Cosa è la Level Five Leadership? Provo qui sotto a riportare una schematica gerarchia che definisce tutti i livelli.

5level

I CEO delle 11 aziende che hanno dimostrato di sapersi trasformare da “buone” a “eccellenti” sono tutti caratterizzati da una rara e paradossale combinazione di “forte umiltà e grande determinazione”. Tutti, nessuno escluso. Scrivo paradossale perché generalmente la forte determinazione alimenta fisiologicamente un ego che -per definizione- difficilmente riesce poi a rimanere umile.

 

La finestra e lo specchio del Leader “Level 5”

Lo studio analizza il comportamento di ogni CEO di tutte le undici aziende sopra menzionate. Viene fuori un profilo comportamentale comune a tutti, veramente inaspettato. Tutti si mostrano schivi e fortemente imbarazzati davanti alle telecamere. Giustificano il successo con la fortuna, o di aver avuto un team grandioso alle spalle, e se invece devono spiegare le ragioni dei possibili fallimenti li attribuiscono soltanto a dei propri errori. In pratica guardano attraverso la finestra quando si tratta di riconoscere i meriti e si guardano allo specchio quando le cose non vanno bene, per la necessaria autocritica.

 

Il carisma è un limite

Insomma i leader “Level 5” rappresentano l’antitesi del leader carismatico che possiamo ben identificare in uno Steve Jobs, per intenderci: antepongono il successo aziendale al proprio, non sono guidati dal proprio ego. Attenzione, perché questo punto è fondamentale e “controculturale”, come ama affermare il nostro autore. Generalmente si tende a credere che per trasformare una azienda da buona a eccellente ci sia il bisogno di grandi leader carismatici, che fanno notizia e che diventano celebrità. Paradossalmente, una leadership aziendale carismatica, sostenuta cioè da un forte EGO (fino al livello 4), permette ad una azienda di diventare buona ma non gli concede l’opportunità di diventare grande. Quando l’autore viene invitato dai CEO delle aziende che vogliono trasformarsi da “buone” a “grandi”, molto spesso si sente fare la stessa domanda:

“ok, mi riconosco nel quarto livello da te descritto, l’azienda è buona grazie alla mia continua ricerca di una chiara e avvincente visione… come posso diventare un leader “Level 5″ per permettere alla mia azienda di diventare grande?”

La risposta è brutale, ma onesta: bisogna avere necessariamente dentro di sé il seme dell’umiltà, sul quale poi è possibile lavorare per poter sviluppare al meglio la “Level 5 Leadership”.

 

Oltre l’umiltà

Ci sono infatti dei suggerimenti che l’autore prova a dare per avvicinarsi verso la cosiddetta “Level 5 Leadership” e sono i seguenti:

1. Prima le persone, poi la strategia. Si fanno entrare le persone giuste nel bus, si fanno scendere quelle non adeguate, e solo dopo si decide insieme dove andare;
2. Stockdale Paradox. Mai essere ottimisti. Bisogna avere fiducia che tutto alla fine si risolva ma decidendo di affrontare tutte le problematiche brutalmente, senza far finta che tutto vada bene.

Ed infine il suggerimento per me più importante, il cosiddetto “hedgehog concept”, ben spiegato in questa figura autoesplicativa:

hedge

Bisogna pensare alla propria azienda come l’intersezione di tre cerchi: cosa appassiona le persone, cosa l’azienda può fare al meglio, e come gli economics performano al meglio.

 

Perché l’umiltà è importante: quello che non spiega il prof Jim Collins

Il libro del professor Collins si limita a fotografare il fatto che per poter trasformare una azienda da buona a grande serve un misto di “forte determinazione e grande umiltà”. Non si sofferma sulle ragioni per le quali quest’ultima dovrebbe essere così determinante per l’azienda.

Lavoro che invece fa egregiamente una pubblicazione scientifica degli autori Bradley P. Owens, Michael D. Johnson, Terence R. Mitchell: “Expressed Humility in Organizations: Implications for Performance, Teams, and Leadership“. Questo studio, del 2013, di 25 pagine, che vi consiglio di leggere, riesce a fare un doppio salto mortale. Prima di tutto definisce in termini scientifici la cosiddetta “Expressed Umility”, ovvero:

una caratteristica interpersonale […] che consiste in: a) una manifesta volontà di vedere se stesso accuratamente; b) una dimostrata capacità di apprezzare i contributi e i punti di forza degli altri; c) apertura ad imparare e ricevere feedback dagli altri

poi spiega come questo tipo di umiltà influenzi i team coinvolti, e con quali effetti benefici per le aziende coinvolte, fino ad arrivare a dei preziosissimi suggerimenti, che -guarda caso- ci ricordano le conclusioni a cui era arrivato lo stesso Jim Collins:

Per poter coinvolgere al meglio i propri collaboratori è consigliabile un approccio: a) meno “carismatico”, più “calmo”; b) che privilegi l’ascolto attivo; c) che ammetta, in modo trasparente, i propri limiti; d) che apprezzi i contributi di tutti i colleghi coinvolti.

 

Conclusioni

È stato dimostrato che molti talenti lasciano le proprie aziende perché non si sentono sufficientemente apprezzati o quanto meno ascoltati. Una azienda che perde i propri talenti, per l’ego del proprio management, è una azienda destinata a fallire. Parlo di tutto il management perché è evidente che il CEO può limitarsi a dare il buono esempio, ma l’umiltà deve necessariamente essere propagata su tutti i livelli, fino ad arrivare al middle-management. Senza la necessaria umiltà non riusciremo mai ad interpretare le mille sfaccettature di una realtà sempre più complessa, veloce, interconnessa. Bisogna essere capaci di capire i propri limiti e avere l’umiltà di accettare i consigli dai propri collaboratori.

Insomma, non abbiamo bisogno di leader carismatici: quelli servono soltanto a loro stessi.

— Emiliano Pecis su Linkedin