La paura di perdere il lavoro si cura con aggiornamento e consulenza

scritto da il 27 Marzo 2019

L’autore di questo post è Marco Valerio Morelli, Market Leader e CEO di Mercer Italia. I suoi settori di esperienza sono: finance, energy, transportation, services, pharma e government. Da giugno 2018 è presidente di Confindustria Assoconsult, l’associazione che raggruppa le imprese di Management Consulting che operano in Italia –

Il 40% dei lavoratori dipendenti in Italia ha paura di perdere il lavoro per colpa dell’innovazione in generale e dell’intelligenza artificiale nello specifico. Sono i dati emersi da una ricerca fatta da Mercer e parlano di un rischio-automazione legato all’invecchiamento della popolazione attiva nel nostro paese, impiegata soprattutto in ruoli di routine, con conseguenze economiche e sociali preoccupanti per i lavoratori poco qualificati; stiamo parlando nello specifico di dipendenti di età compresa tra 50 e 64 anni, che in Italia stanno diventando una parte sempre più consistente della forza lavoro. Questo anche perché il nostro paese, dopo il Giappone, è il più vecchio del mondo.

Dalla ricerca emerge come siamo il paese più esposto in Europa al ‘rischio-sostituzione’, con un 58% di lavoratori anziani che svolgono lavori facilmente automatizzabili. Il cambiamento è già in atto, imposto dal digitale, e porterà progressivamente a integrare sempre di più il lavoro con la nostra dimensione personale e quotidiana e a interpretarlo come un’opportunità continua di sviluppo personale. La conseguenza di tutto questo però, allo stato attuale, è una diffusa paura e un diffuso scetticismo verso il cambiamento che colpisce ben due lavoratori su cinque. Per questo le parole pronunciate recentemente dal presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, suonano come uno stimolo importante. È il momento che il contratto di governo si trasformi in un vero e proprio piano per lo sviluppo del Paese, dove ognuno si impegni a fare la sua parte.

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Come Assoconsult, in rappresentanza di tutto il settore di Management Consulting, garantiamo un ricorso sistematico e strutturato al reskilling, ossia alla capacità di trasformare le competenze dei lavoratori, indipendentemente dalla loro esperienza ed età, permettendo così loro di orientarsi all’interno della trasformazione digitale e del suo impatto su aziende ed economie. Da qui al 2030, infatti il World Economic Forum ha stimato che a fronte di 80 milioni di posti di lavoro che potranno andare “perduti”, ci saranno altri 115 milioni di posti di lavoro che si creeranno, per un saldo positivo di più di 30 milioni di posizioni lavorative. Lavori per lo più nuovi, attività che ancora oggi non conosciamo, ma che fin da oggi dobbiamo apprestarci ad accogliere; soprattutto alimentando una cultura predisposta all’innovazione, che può risultare l’unica opzione possibile per non soccombere sotto i colpi di questa vera e propria rivoluzione.

Un’altra recente ricerca di PwC ha raccontato come i CEO più importanti nel mondo siano sei volte più pessimisti oggi di 12 mesi fa, con l’aggravante per l’Italia di vedere il dato sulla fiducia dei propri amministratori delegati che ha perso il 20% in un anno. Le opportunità e le sfide principali che le aziende affrontano oggi devono per questo essere punti salienti anche di un programma politico economico di visione comune, che veda tutti impegnati a salvaguardare i talenti del nostro paese. Dico questo perché se così non faremo, i talenti professionali, e il nostro paese ne è pieno, si riterranno sempre più autorizzati a muoversi verso quelle realtà che daranno loro il modo di crescere come persone e sentirsi realizzati nella loro professionalità individuale. E se in Italia la cura e l’aggiornamento dei dipendenti rappresenterà un ostacolo significativo all’affermazione dei cambiamenti in seno alle aziende, perderemo la sfida più importante.

La certezza del posto di lavoro rappresenta ancora oggi per molti italiani l’elemento fondamentale per valutare la validità di un’opportunità professionale, e il rischio che corriamo a livello di sistema Paese, a mio parere, è proprio quello di non riuscire ad adottare una mentalità “future-fit”; ponendoci invece pericolosamente a difesa di posizioni che presto risulteranno del tutto superate dalle trasformazioni sociali che il digitale sta già ora determinando.

Twitter @Morelli_MarcoV