Appalti pubblici e tempi biblici. Basterà il decreto Sblocca cantieri?

scritto da il 18 Luglio 2019

L’autrice di questo post è Mari Miceli, analista giuridico. Mari svolge attività di ricerca in materia di dinamiche processuali penali. Autrice di pubblicazioni scientifiche, è membro del Comitato revisori di Cammino Diritto –

Il decreto Sblocca cantieri è stato convertito nella legge n. 55/2019, si tratta del provvedimento che ha introdotto le nuove disposizioni urgenti che dovrebbero favorire la crescita economica e a dare impulso al sistema produttivo del Paese, mediante l’adozione di misure volte alla semplificazione del quadro normativo in materia di affidamenti, concernenti, in particolare, la disciplina dei contratti pubblici. Facendo seguito a quanto già scritto da Francesco Bruno su Econopoly il 14 giugno scorso, desideravo porre l’accento su un perenne quanto mai dissolto dilemma: perché diritto e pratica in materia di appalti non camminano mai di pari passo?

Tale gap è evidente soprattutto nella fase della progettazione tecnica e si riverbera nella fase esecutiva.

Appalti ed operatori economici

Perché la macchina degli appalti funziona male e lentamente?

La risposta potrebbe apparire alquanto banale ma è sufficiente pensare che le riforme che hanno investito la materia degli appalti pubblici si sono susseguite con cadenza decennale e spesso hanno toccato punti di grande interesse.

Il legislatore ha, infatti, introdotto una delle prime riforme nel 1994 con la legge Merloni, passando dal Decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 in materia di Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/ ed ancora la Legge Madia del 2016 fino ad arrivare allo Sblocca cantieri introdotto con la legge di Bilancio n. 145 del 2018.

Le predette riforme sono state introdotte nella logica della semplificazione e della trasparenza ma trascinando con sé il cosiddetto regime transitorio. Si tratta in pratica di disposizioni che regolano il passaggio dalle vecchie norme alle nuove. La stessa riforma contenuta nel cosiddetto Sblocca cantieri ha predisposto un regime provvisorio che non ha di certo facilitato i compiti né della Pubblica Amministrazione né degli operatori economici.

Un esempio è l’ennesima novella legislativa apportata all’art. 113 del Codice degli appalti, in materia di “Incentivi per funzioni tecniche” nell’ambito delle procedure di realizzazione delle opere pubbliche.

La modifica ha comportato un nuovo regolamento da adottare e, ancora una volta, un regime temporaneo – il terzo per questo istituto, se si considerano le modifiche intervenute dal 2016 ad oggi – di cui tenere conto.

Con quali conseguenze?

Per orientarsi, gli operatori economici dovranno tenere conto preliminarmente del principio dell’irretroattività della legge, il quale dovrà essere coniugato con un altro principio, quello dell’affidamento e con il principio di contenimento della spesa pubblica.

Ma non finisce qui. Con il D.Lgs. 50/2016, poi, occorrerà far riferimento al momento in cui è bandita la gara o in cui sono inviate le lettere d’invito. È in quel momento che, in ragione del regime transitorio sancito nell’art. 216, primo comma, si determina quale sistema incentivante seguirà l’intera procedura.

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Tempi di esecuzione delle opere pubbliche

La nuova disciplina si è occupata anche di affrontare il problema del tempo medio di esecuzione delle opere pubbliche, poiché, ogni ritardo si traduce in un sovra costo. Spesso il tempo che passa tra la pianificazione di un’opera e la sua effettiva realizzazione è talmente elevato da renderne quasi inutile la realizzazione.

Il Rapporto numero 6 del 2018 dell’Agenzia per la Coesione Territoriale – Sistema CPT (Conti Pubblici Territoriali) ha evidenziato come mediamente in Italia si impieghino quattro anni e mezzo per realizzare un’opera pubblica.

Prendendo in considerazione solo le opere con importi superiori a cento milioni si arriva ad un tempo medio tra le fasi di progettazione, affidamento e lavori che supera i 15 anni e 8 mesi. Quasi il 55% di questi tempi sono rappresentati dai cosiddetti “tempi di attraversamento”, cioè i periodi di stallo tra una fase ed un’altra, ad esempio, tra la progettazione e la gara o tra l’affidamento e l’esecuzione dei lavori. Questi tempi includono necessariamente anche normali attività amministrative, ma una percentuale così elevata non può che presupporre inefficienze o allungamenti procedurali che rallentano i processi di spesa pubblici.

Lo Sblocca Cantieri è così intervenuto principalmente sulla fase di affidamento dei lavori e in misura molto meno marcata per quanto riguarda la progettazione e l’esecuzione dei lavori.

Gli appalti sotto soglia

Altra nota dolente in materia di appalti pubblici, riguarda i contratti sotto soglia, i quali con le attuali modifiche legislative rischiano di non centrare per nulla gli obiettivi di snellimento e semplificazione.

Dal 18 giugno 2019, infatti, per i bandi e le lettere d’invito pubblicati e inviate da tale data, si dovrà tenere conto delle nuove soglie:

Per i contratti di valore pari fino a 40.000 euro, è mantenuta la possibilità di affidamento diretto; per i contratti, invece, tra 40.000 euro e inferiori a 150.000 euro, la disciplina è diversa a seconda tratti di lavori ovvero di forniture e servizi: per i lavori è previsto l’affidamento diretto previa valutazione di almeno tre preventivi “ove esistenti”.

Per le forniture e i servizi è previsto il ricorso alla procedura negoziata previa consultazione, ove esistenti, di almeno cinque operatori economici individuati in conformità a indagini di mercato o tramite elenchi di fiducia. Per i lavori d’importo pari o superiore a 150.000 euro e inferiore a 350.000 euro, l’affidamento deve avvenire ricorrendo alla procedura negoziata previa consultazione, ove esistenti, di almeno dieci operatori economici individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di fiducia, e comunque nel rispetto del criterio di rotazione degli inviti. In seguito, si prevede la soglia di valore, anch’essa relativa solo ai lavori, che ricomprende i contratti tra i 350.000 euro e 1 milione di euro. Infine, per la quinta soglia corrispondente ai lavori il cui importo sia superiore al milione di euro, si prevede il ricorso alla procedura aperta.

Perché ricordare la disciplina degli appalti sotto soglia?

Perché anche in questa materia siamo di fronte ad un guazzabuglio normativo: la prima normativa, infatti, cui fare riferimento erano le Linee Guida ANAC n. 4, con portata vincolante per le stazioni appaltanti ma tali Linee erano già state superate dalla legge di bilancio 2018. In pratica sono state, quindi, rese ulteriormente obsolete dallo stesso Sblocca cantieri.

Conclusioni

Dalla breve analisi fin qui condotta si può ben rilevare come il sistema normativo degli appalti pubblici sia sorretto da una grande disorganicità legislativa, susseguitasi nel tempo. Le continue novelle legislative accompagnate a un regime transitorio e d’incertezza minano inevitabilmente il corretto svolgimento delle gare a evidenza pubblica, rallentandone anche, di fatto, lo svolgimento che si aggiunge ai ritardi dei pagamenti. Quando il dato normativo si presenta disomogeneo e poco chiaro, si può incorrere in un’errata applicazione della normativa di settore che si traduce in un inevitabile allungamento dei tempi occorrenti per l’aggiudicazione della gara, esecuzione dei contratti con conseguente aumento dei costi per eventuali contenziosi. Dal punto di vista strettamente economico, quando il quadro legislativo si mostra frammentato, si disincentivano le imprese a capitalizzare gli investimenti.

Twitter @micelimari_1