Il vecchio socialismo nascosto dietro la nuova MMT di Mosler

scritto da il 31 Gennaio 2020

Ogni epoca ha il suo socialismo, viene da dire leggendo la divertente analisi di Gregory Mankiw, accademico di lungo corso, di un testo pubblicato di recente da alcuni docenti seguaci della Modern Monetary Theory, meglio conosciuta come MMT, di cui è nume tutelare Warren Mosler. Si tratta di una teoria che ha appassionato molte persone negli ultimi anni. E il perché è presto detto: questo pensiero sussume quello che un governo possa disporre tutto il denaro di cui ha bisogno semplicemente emettendolo. Nulla di più seducente per società che non vogliono rinunciare a nulla, pensando di non dover mai pagare il conto.

Ma se fosse solo questo sarebbe ancora poco interessante. Ciò che rende l’MMT meritevole di un approfondimento è che ha alla base un altro pensiero: quello che il governo sia praticamente onnipotente nella gestione dell’economia. Da questo punto di vista l’MMT incorpora la forma contemporanea dell’idea socialista. E anche questo ne spiega il successo, in un mondo ammalato di nostalgia e di bisogno di sicurezza.

Alcuni passaggi dell’analisi dell’autore del paper meritano di essere riportati, visto che aiutano a centrare la questione. La “celebrità” della MMT, ad esempio. “Si potrebbe immaginare che la MMT sia sorta nelle migliori università. Ma non è così. La MMT è stata sviluppata in un piccolo angolo del mondo accademico ed è diventata famosa solo quando alcuni politici di alto profilo, in particolare il senatore Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez – hanno attirato l’attenzione su di essa perché i suoi principi si conformavano alle loro opinioni politiche”. Il fatto che ad alcuni politici piaccia l’idea che il governo possa spendere sostanzialmente senza limiti non è certo sorprendente. Un po’ più che questo pensiero abbia fatto breccia presso alcuni economisti.

Nel 2019, in particolare, la Red Globe press ha pubblicato un manuale, titolato semplicemente Macroeconomics, a firma di tre economisti MMT: William Mitchell e Martin Watts (University of Newcastle, Australia) e L. Randall Wray (Bard College). Questo testo ha fornito al nostro autore lo spunto teorico per approfondire i fondamenti teorici della MMT, ma a quanto pare senza convincerlo troppo. “Forse dopo quarant’anni nella professione – ammette – sono troppo intriso di macroeconomia tradizionale per apprezzare appieno la MMT”. E questo malgrado “un sincero sforzo di capirla”.

Vediamo alcuni punti salienti. Gli autori del manuale MMT scrivono che “la conclusione più importante raggiunta dalla teoria è che l’emittente di una valuta non abbia vincoli finanziari. In parole povere, non può mai finire il denaro e non può mai diventare insolvente nella propria valuta”. Di conseguenza, “per la maggior parte dei governi, non esiste rischio di default sul debito pubblico”.

La replica del nostro economista “mainstream” a questo argomento si può sintetizzare brevemente così: se è vero che un governo può “produrre” tutta la moneta che vuole, è vero altresì che a un certo punto e per svariate ragioni si finisce sempre col provocare inflazione.  “In effetti – conclude – esiste probabilmente una curva di Laffer per il signoraggio. Un governo che agisce come se non avesse alcun vincolo finanziario potrebbe trovarsi rapidamente dalla parte sbagliata di questa curva, dove la capacità di stampare denaro ha scarso valore al margine”. Detta semplicemente, il governo potrebbe sì stampare, ma producendo denaro che non vuole nessuno. Al punto che sarebbe assai più conveniente fare default sul debito piuttosto che generare l’iperinflazione. La storia è piena di episodi del genere.

Questa conclusione conduce all’idea dell’inflazione che hanno gli economisti MMT, secondo i quali “non esiste alcuna relazione fra l’aumento dell’offerta di moneta e la crescita del livello generale dei prezzi”. E questo malgrado i dati esposti nel paper parlino di una correlazione fra inflazione e creazione di moneta assai elevata. Gli economisti MMT individuano le ragioni del processo inflattivo nel conflitto fra lavoro e capitale “che viene mediato dal governo all’interno di un sistema capitalista”.

In questa visione, l’inflazione emerge quando “lavoratori e capitalisti lottano per rivendicare una quota maggiore del reddito nazionale”. Quindi basterebbe assegnare al governo il ruolo di fissare le linee guida di questi confronti, e ipotizzando al limite anche controlli sui salari e sui prezzi per risolvere il problema. Il governo, insomma, promuoverebbe “una specie di arbitrato nella lotta di classe in corso”.

Il controllo dei prezzi, oltre che dei salari, da parte del governo – altra possibilità teorizzata dalla MMT – potrebbe anche condurre l’economia verso l’ottimo della produzione e dell’occupazione, che è diverso da quello che si chiama livello naturale, ossia quello verso il quale l’economia gravita nel lungo periodo. Il punto centrale è che “a causa del potere pervasivo del mercato, il livello naturale sta sotto il livello ottimale”. E per un economista MMT “i policy maker dovrebbero puntare all’ottimale”.  E quindi intervenire con linee guida sui prezzi. Peccato che “la complessità dell’economia e la storia del controllo dei prezzi suggerisca che questa soluzione non è praticabile”, osserva l’autore del paper. Come dire: bisogna accontentarsi di un mercato imperfetto che tiene l’output sotto il livello ottimale. Purtroppo il governo onnipotente e onnisciente, che potrebbe farci vivere meglio, non esiste in natura.

Ricapitoliamo: la MMT teorizza un governo che non solo decida ad libitum la quantità di denaro in circolazione, ma decida anche il livello dei salari e dei prezzi in modo da raggiungere il livello ottimale di produzione. In sostanza vuole un’economia rigidamente pianificata. La Moderna teoria monetaria somiglia parecchio alla vecchia teoria socialista.

Twitter @maitre_a_panZer

PER APPROFONDIRE
Perché la MMT di Mosler più che una teoria è un albero della cuccagna