Il COVID-19 può ammazzare il calcio? Quanto rischiano i club?

scritto da il 19 Marzo 2020

Il mondo dello sport fa i conti con l’emergenza COVID-19: il Sole24 Ore del 15 marzo ha fornito alcune cifre, parlando di 1 milione di posti di lavoro a rischio, con 50 mila società sportive che dovranno fare i conti con l’epidemia.

Il Calcio, con 1,2 miliardi di contribuzione fiscale e previdenziale nel 2016 (Sole 24 Ore), è sicuramente il comparto sportivo più importante e ha vissuto una surreale situazione degli ultimi 15 giorni con partite confermate, poi rinviate, poi giocate a porte chiuse, fino alla sospensione definitiva del campionato di Serie A, cui sono seguiti gli stop delle altre federazioni professionistiche europee.

Ovviamente non c’era modo di far diversamente, ci mancherebbe, e lo confermano le frotte di giocatori che di ora in ora si sono rivelati positivi al test (in questo momento sono 13 in Serie A, destinati probabilmente ad aumentare).

KPMG Football Benchmark ha calcolato in oltre 500 le gare sospese nelle leghe europee e nelle competizioni UEFA:

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Sempre KPMG ha fornito una stima delle mancate entrate nelle varie leghe e le cifre sono davvero ragguardevoli:

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Il presidente del Brescia, Massimo Cellino, ha parlato esplicitamente alla Gazzetta dello Sport di ipotesi di “fallimento” per il calcio italiano, chiedendo al Governo aiuti al settore e nei giorni convulsi prima del fermo è parso chiaro a tutti il tentativo, prima di capitolare, di salvare il salvabile, di provare a non svilire il “prodotto calcio” con partite a porte chiuse, prima della doverosa scelta finale.

Effettivamente, siamo di fronte ad un fatto senza precedenti che colpisce un settore, quello dell’industria del calcio, che è paragonabile a tutto quello dell’entertainment e del leisure, pesantemente colpiti da questa emergenza: si tratta di una fermata totale, non c’è possibilità analoga allo smart-working o alla riduzione parziale delle proprie “linee di produzione” (cioè il fatto di giocare, cantare, recitare).

Ma cosa potrà accadere realmente ai Club? Davvero si ritroveranno con ricavi azzerati o fortemente ridotti? E potranno in qualche misura rivalersi e ridurre i propri costi?

Prima di provare a rispondere dobbiamo ricordare che la l’industria calcistica anche in Italia è andata verso una forte modernizzazione del proprio modello di ricavi, almeno nei top team: il novero delle fonti di ricavo di un Club prevede ormai diverse aree, che sono sostanzialmente 5: i Diritti TV, i ricavi da Match-Day, le Sponsorizzazioni, il Merchandising e il Player Trading.

Va ricordato altresì che non tutti i Club sono riusciti a variare effettivamente e sensibilmente il loro ventaglio di ricavi: i top team italiani certamente sì, a partire dalla Juventus, ma molti sono ancora molto concentrati su Diritti TV domestici e ricavi da stadio.

Allora vediamo un po’ come queste categorie sarebbero impattate, anche se tutto dipenderà da come effettivamente proseguirà, se proseguirà, la stagione agonistica.

Sui Diritti TV, cioè la quota dei ricavi che i Club fatturano per aver concesso alle TV di trasmettere le partite, (un affare da oltre 1 miliardo per la Serie A, che sale a oltre 4 in Premier League) tutto ruoterà attorno alle clausole che regolano questa fattispecie, cioè il caso di “no show” per eventi di forza maggiore non noti a priori e non attribuibili ad una delle parti.

Giampaolo Salsi, Managing Partner di K&L Gates in Italia, al proposito ritiene che “da un punto di vista generale, si può ricordare l’art.1467 del Codice Civile, il quale si riferisce a casi in cui ‘la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili’; meritano anche menzione, l’art. 1218 del Codice Civile, che libera il debitore dal risarcimento del danno derivante dal suo inadempimento laddove egli provi che esso derivi da impossibilità della prestazione dovuta a fatto a lui non imputabile; allo stesso modo, l’articolo 1256 del Codice Civile stabilisce che l’obbligazione si estingua (quindi il debitore non è tenuto al suo adempimento) se la prestazione è divenuta medio tempore impossibile; da ultimo, l’articolo 1463 del Codice Civile prevede, con riguardo ai contratti nei quali entrambe le parti sono tenute ad una prestazione, l’una nei confronti dell’altra, la parte liberata dalla propria prestazione in ragione della sopravvenuta impossibilità della stessa, non può chiedere la controprestazione, e deve restituire quella che abbia già ricevuto. Naturalmente saranno da considerarsi le clausole ad hoc stabilite nei contratti ma sarebbe, quindi, in principio possibile che le Tv possano appellarsi a tali articoli per ottenere gli effetti in essi disciplinati.”

È chiaro infatti che le TV, che  si trovano in cima alla catena del valore, avranno, nell’evenienza di stagione finita, importanti perdite in termine di pubblicità, non avendo il prodotto da trasmettere, e inoltre potrebbero subire azioni da parte degli abbonati, che ovviamente hanno pagato un canone per vedere (oltre al resto) un certo numero di partite.

Nel caso della Juventus, un report di Banca IMI uscito il 13 marzo, nello scenario peggiore di non ripresa della stagione, conferma l’ipotesi di una riduzione dei diritti pagabili dai Broadcaster, ipotizzando l’importo di 45 ml, su circa 200 ipotizzabili fra Champions League e Serie A per il Club torinese: un impatto certo non trascurabile.

La riduzione ci sarà anche per i ricavi da Match-Day, a maggior ragione nelle Società che hanno incrementato questi ricavi con attrazioni accessorie, come musei, centri commerciali e negozi in area adiacente lo stadio. Sempre nel caso della Juve, è di 25 milioni l’effetto peggiore stimato da Banca IMI, su circa 60/70 previsti. Anche le due milanesi, da sempre molto forti al botteghino data la loro tifoseria molto affezionata, potrebbero avere importanti impatti.

Anche nel caso degli Sponsor è ipotizzabile il tentativo di applicare clausole volte a regolare l’ipotesi (non espressamente prevista dalla legge) della forza maggiore per ridurre l’importo delle fee annue concordate: ciò a causa della minore visibilità che le varie case avranno dall’interruzione della stagione, con meno partite. Anche questa è un’eventualità presa in seria considerazione dagli osservatori, e d’altra parte non c’è dubbio che lo sponsor, il cui principale obiettivo è apparire, sia penalizzato dalla assenza di gare (un altro chiaro campo d’azione della normativa sopra richiamata).

Un impatto ci sarà ovviamente anche sul Merchandising, anche se questo potrebbe essere smussato dalle vendite online e dal fatto che diversi Club hanno in corso una diversificazione anche geografica che può consentire qualche bilanciamento.

Sul Players Trading, ossia il calcio-mercato, le considerazioni da farsi paiono diverse: sicuramente il mercato di fine stagione avrà luogo ma la problematica potrebbe essere di altro genere. Se i Club sono debilitati da una stagione così complicata, quale potrà essere l’effetto sui loro progetti e sul valore dei calciatori? È possibile che vi siano comportamenti opportunistici? Operazioni con valori fuori norma, in un senso o nell’altro? È certamente possibile che ciò avvenga, qualora i Club non abbiamo saputo ammortizzare eventuali contraccolpi sui loro ricavi e debbano mettersi sulla difensiva.

Passiamo ora ai costi dei Club: cosa possiamo dire a tal riguardo?

Qui possono valere considerazioni opposte a quelle fatte sopra in termini di rischio generale: chi è riuscito a diversificare molto le varie aree di ricavo può ridurre i rischi di avere troppa concentrazione in una di essere, ed in particolare nell’area dei diritti domestici, e questo può attenuare i rischi generali sul lato entrate; ma ciò normalmente si accompagna ad una crescita degli ingaggi in seguito all’investimento massiccio nella rosa che amplifica il rischio su costi che permangono alti senza riuscire a contabilizzare i ricavi sperati..

Ovviamente, non dovendo disputare le partite, i Club avranno meno costi operativi per trasferte e di organizzazione dei vari match; il Report Banca IMI già citato stima in 20 milioni il risparmio per la Juventus. Si apre però il tema degli ingaggi, che è il principale costo di un Club professionistico: le Società potranno ridurli, visto che non si giocano così tante partite? Giampiero Falasca (avvocato presso DLA Piper Italy ed esperto di Lavoro del Sole 24 Ore) tende ad escludere clausole automatiche, ma apre invece ad “un obbligo di rinegoziare in buona fede, che può essere considerato esistente, al fine di concordare nuovi termini economici dei contratti in essere”; sembra averlo compreso anche il sindacato dei calciatori, se Damiano Tommasi, leader dell’Associazione Calciatori, ha aperto all’idea di aprire un tavolo di discussione in proposito.

Forse questo richiamo alla ricontrattazione in buona fede potrà essere esteso anche alle altre fattispecie che abbiamo analizzato, anche se tutto dipenderà dalla principale delle incognite che abbiamo di fronte: l’attività agonistica potrà riprendere? D’altra parte, è proprio il terzo comma del 1467 cod. civ., che apre la strada ad una possibile via d’uscita: “la parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto” (per l’ipotesi, peraltro improbabile, in cui uno sponsor o addirittura il Broadcaster chiedano la risoluzione del contratto).

La vera questione, comunque, pare un’altra: le stagioni verranno concluse e i trofei assegnati, anche a costo di andare molto avanti nel tempo? La decisione dell’UEFA di rinviare gli Europei e di riprogrammare il 24 ed il 27 giugno le due finali delle competizioni UEFA, apre la strada a qualche speranza, ovviamente tutta da verificare, per far sì che i Club riescano a salvare i propri ricavi, ripartendo ad esempio ai primi di maggio con le competizioni sospese.

Se invece la stagione non potrà riprendere, è certa la necessità di un tavolo complessivo per la tenuta del sistema e tesa ad evitare una conflittualità a tutti i livelli, posto che molti Club possono effettivamente rischiare seriamente la loro continuità in presenza di forti contrazioni di entrate: servirà, come in tanti altri settori, un intervento coordinato ed attento, con tutti gli attori al tavolo e massima attenzione alla stabilità del sistema.