Anche i grandi studi legali alla prova del Coronavirus

scritto da il 24 Marzo 2020

L’autore del post è l’avvocato Massimo Simbula, dell’Associazione Copernicani –

Il Coronavirus non è solo un terribile e letale game changer per la vita di tutti noi.

È anche uno straordinario portatore di verità. Molte cose stanno accadendo in questi giorni e la capacità di adattamento farà la differenza tra la vita e la morte di molte aziende, inclusi gli studi legali.

Che il Coronavirus sia il temuto cigno nero da tempo atteso, è ormai un dato di fatto. Ciò che ancora non è del tutto chiaro è l’impatto economico che questo avrà sulle aziende e sugli studi legali.

L’emergenza Coronavirus sta cambiando anche i tribunali italiani. Per evitare spostamenti e assembramenti nelle aule, al di là della sospensione delle udienze che era stata disposta fino al 22 marzo ed oggi, con il nuovo Decreto “cura l’Italia” è stata prorogata fino al 15 aprile, molti uffici giudiziari si stanno organizzando per tenere quei processi urgenti che comunque devono celebrarsi anche in questo periodo, incluse le udienze per la convalida degli arresti.

Insomma pare che abbia fatto di più il Coronavirus in due settimane che il Codice dell’Amministrazione Digitale in 15 anni.

Arbitrati, mediazioni e udienze civili possono tenersi a distanza scoprendo così un incredibile risparmio di tempo ed energie (oltre che inquinamento) ed un miglioramento dell’efficienza e della produttività.

Gli stessi studi legali potrebbero scoprire la “bellezza” di lavorare ovunque così come internet da tempo ci insegna. Senza però trascurare la sicurezza e il rischio di “ingolfamento” delle reti.

Le grandi Law Firm sono in molti modi definite dal loro spazio fisico. I contratti di locazione di uffici costituiscono, di solito, la seconda spesa più elevata nel budget di uno studio legale. Per i partner che sono cresciuti fatturando 60 ore alla settimana alla propria scrivania, l’ufficio è una seconda casa.

Questo spazio è già stato influenzato per alcuni Studi Legali da COVID-19. Alcuni importanti Studi hanno, infatti, chiuso proprio in questi giorni i loro uffici, dopo avere riscontrato il passaggio all’interno degli stessi di clienti e/o colleghi, risultati poi positivi al Coronavirus, ed hanno chiesto a tutti i loro avvocati di andare a lavorare a casa.

La chiusura di uno studio legale è una grave interruzione dell’attività. Ed essere costretti a sperimentare una chiusura completa dell’ufficio può portare gli avvocati a scoprire nuovi modi di lavorare o di comunicare.

Molte aziende hanno programmi di lavoro a distanza relativamente nuovi e che saranno messi a dura prova.

Uno studio internazionale di architettura e interior design di Chicago, ha affermato che gli studi legali della città stanno già “ristrutturando” il proprio spazio di lavoro per adattarsi meglio al lavoro a distanza. Gli associati trascorrono più tempo a lavorare in remoto e i partner comunicano con i clienti più spesso grazie alla facilità di connessione e al maggiore tempo a disposizione che prima era sacrificato in trasferimenti casa/lavoro/tribunale/figli.

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Gli studi legali sono alla ricerca di modi per rendere l’ufficio un punto di connessione personale piuttosto che un semplice luogo di aggregazione di lavoro

Poche aziende hanno optato per il modello di “hoteling” che costringe gli avvocati a prenotare postazioni di lavoro in ufficio. Perfino segretarie e paralegal possono lavorare da casa senza particolari problemi, per cui anche i co-working potrebbero non essere essenziali.

C’è una cultura di fondo tra studi legali ormai chiaramente superata. È quella del desk occupato, del desk ordinato, del collega simpatico e sempre puntuale. Ben vestito e con il sorriso smagliante. La fisicità conta. Nei rapporti on line, invece, tutto è stravolto. Quello che conta è il prodotto finale. Non sei distratto da un abito, da un sorriso, dal colore della tua pelle, dai profumi. È solo lavoro. Neutro. Ma sereno, perché svolto dovunque, nel luogo che ti è più congeniale, nella sedia che ti è più comoda, con la vista che cambia ogni giorno.

Negli Stati Uniti, ci sono casi di Studi Legali che, consentendo il lavoro flessibile, hanno sensibilmente ridotto gli spazi fisici utilizzati, rinegoziando così il canone di affitto. Si parla di milioni di euro di riduzione annua per le Big Law Firm.

In un interessante studio condotto dalle Università di Cambridge e Oxford in relazione ai cambi di routine forzati da determinati eventi (nel caso di studio si trattava di scioperi di metropolitana che impongono nuovi tragitti casa/ufficio e che poi si rivelano essere più economici o rapidi di quelli tradizionali), si è evidenziato come l’imposizione di vincoli può sì migliorare l’efficienza a lungo termine, ma interruzioni improvvise delle routine (e il Coronavirus è certamente una bella interruzione) può invece portarci a scoprire la cosiddetta efficienza marginale.

La gente si ammalerà e morirà, e questo è terribile.

E dobbiamo contribuire a rendere le persone più sane che possiamo soprattutto in questa fase di transizione, evitando non solo spostamenti, ma inutili stress da lavoro in ambienti ormai non più sicuri e, forse, obsoleti.

Tuttavia da un autentico dramma umano e sociale potrebbero scaturire anche opportunità per migliorare la nostra efficienza, produttività e spirito di collaborazione, aiutando nel contempo a impedire la crescita di diffusione del virus e, forse, dell’inquinamento del nostro pianeta, con inutili spostamenti.

Twitter @MassimoSimbula