La salute è importante ma anche il Pil a qualcosa serve

scritto da il 16 Aprile 2020

Post di Fabrizio Ferrari, MSc Economics presso l’Università Cattolica, stagista al Servizio Studi di UbiBanca, e Pietro Bullian, MSc Economics presso l’Università Cattolica –

In seguito allo scoppio dell’epidemia di Covid-19 ed al conseguente lockdown, molti politici e giornalisti hanno deciso di affrontare il problema del “come e quando riaprire?” trincerandosi dietro a slogan semplicistici – come “il valore di una vita umana non è misurabile in termini di Pil”. Ora, noi per primi siamo consapevoli del fatto che una vita umana sia unica ed irripetibile; ciò nondimeno, non vorremmo che si perdesse di vista quanto il Pil sia effettivamente importante nella nostra esistenza.

Non è né una questione di cupidigia – ricordate Greta Thunberg che rimproverava ai governanti del mondo di avere a cuore solo “favole di eterna crescita economica”? – né di fredda statistica: al contrario, è una questione che riguarda il nostro benessere e le nostre possibilità di vivere un’esistenza materialmente più soddisfacente.

Pertanto, vi proponiamo il seguente piccolo esperimento: come potrebbe essere l’Italia in seguito ad una pesantissima recessione? In che Paese vivremmo? Per rispondere – senza pretese di divinazione né di esatta scientificità – riteniamo possa essere interessante confrontare l’Italia e la Grecia.[1]

Italia e Grecia sono due Paesi caratterizzati da alcuni elementi economici e sociali molto simili: entrambi si contraddistinguono per un elevato livello di debito pubblico in rapporto al Pil (nel 2018 [2], 181,2% la Grecia e 134,8% l’Italia), entrambi hanno sperimentato nel corso degli anni 2000 fenomeni di invecchiamento della popolazione (Figura 1) ed entrambi presentano una politica fiscale (frutto di un patto sociale intergenerazionale) che privilegia il sistema pensionistico (Figura 2).

Figura 1

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Figura 2

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Per quanto riguarda il livello di benessere materiale, un buon indicatore per confrontare i due Paesi è il Pil pro-capite misurato a parità di potere di acquisto (PPA). La Figura 3 ci mostra, in particolare, che dal 2011 al 2018 il Pil pro-capite greco è stato, grossomodo, tra il 25% ed il 30% inferiore a quello italiano.

In altre parole, la Grecia degli ultimi anni – con le sue caratteristiche socioeconomiche molto simili a quelle italiane ed il suo livello di Pil pro-capite molto inferiore al nostro – potrebbe ben approssimare lo scenario in cui si troverebbe un’Italia la cui capacità di produrre reddito venisse ridotta, improvvisamente, di circa un terzo o un quarto. Uno scenario a cui ci potremmo avvicinare se il lockdown dovesse perdurare ancora a lungo.

Figura 3: Pil pro-capite a parità di potere di acquisto, Dollari PPA, prezzi correnti (sx); (Pil pro-capite ITA – Pil pro-capite GRC) / Pil pro-capite ITA (dx).

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Quindi, come si vivrebbe in questa Italia? Proviamo a immaginarlo leggendo gli ultimi dati disponibili.

Per iniziare, sarebbe un Paese in grado di consumare meno beni e servizi finalizzati alla tutela della salute: infatti, nel 2018 la spesa sanitaria greca pro-capite totale (somma di quella volontaria e di quella governativa) è risultata pari a 2.238 dollari PPA, mentre quella italiana è risultata pari a 3.428 dollari PPA; quindi, il potere di acquisto pro-capite perduto si potrebbe riflettere in una riduzione di più di un terzo della spesa sanitaria pro-capite.

Inoltre, ricordiamoci che istruire medici ed infermieri ha un costo, dal momento che la comunità deve mantenerli fino a quando non sono completamente formati e produttivi: difatti, nel 2016 in Grecia si contavano 10,2 laureati in medicina e 16 laureati in infermieristica ogni 100 mila abitanti, mentre in Italia, rispettivamente, 13,3 neo-medici e 20 neo-infermieri. Anche qui, quel potere di acquisto pro-capite perduto si potrebbe tradurre, concretamente, in circa il 23% di nuovi medici e nel 20% di nuovi infermieri in meno.

Un altro capitolo di spesa che potrebbe andare in sofferenza sarebbe quello dell’istruzione, che – come abbiamo imparato purtroppo a spese delle giovani generazioni – è uno dei primi ad essere sacrificati quando le risorse scarseggiano. Difatti in Grecia, nel 2016, si spendevano complessivamente in istruzione terziaria 4.095 dollari PPA per studente, contro gli 11.257 dell’Italia. In altri termini, la perdita di potere di acquisto pro-capite si potrebbe tradurre in un crollo di più del 60% della spesa pro-capite nella formazione universitaria.

Un Paese con un budget ridotto per l’istruzione sarebbe anche un Paese meno attrattivo per gli studenti internazionali, con tutto quello che di negativo ne conseguirebbe in termini di occasioni perdute di apertura al confronto con culture diverse; infatti, mentre in Grecia gli studenti provenienti da altri Paesi erano nel 2016 il 3,4% del totale, in Italia erano il 5,3%.

Inoltre, un’educazione più povera si ripercuoterebbe necessariamente anche sulle performance – già mediocri – degli studenti italiani: alle rilevazioni “PISA” del 2018, infatti, i quindicenni greci hanno dimostrato di possedere competenze matematiche inferiori ai loro omologhi italiani. Mentre gli studenti italiani maschi si sono posizionati – su 40 nazioni considerate – al ventiquattresimo posto, i coetanei greci si posizionavano al trentacinquesimo. Un po’ meno impietoso il confronto tra le ragazze: mentre le italiane si sono posizionate al ventinovesimo posto, le coetanee greche sono arrivate trentaquattresime.

Il Pil permette poi alla collettività di prendersi cura dei soggetti più deboli, come gli anziani e i disoccupati. Una consistente perdita di Pil potrebbe tradursi, in concreto, nell’impossibilità di garantire alcuni dei livelli di tutela a cui il nostro sistema di protezione sociale ci ha abituato; consideriamo, ad esempio, il tasso di sostituzione del trattamento pensionistico ed il tasso di sostituzione dei trasferimenti ai disoccupati (ad un anno dall’inizio della disoccupazione).

Il confronto tra i valori italiani e greci del primo indicatore, che misura il rapporto medio tra l’assegno pensionistico ed il reddito percepito prima del pensionamento, ci restituisce l’immagine di un Paese che avrebbe meno possibilità di trasferire risorse ai propri anziani: difatti, mentre in Italia il pensionato maschio medio percepiva nel 2018 un assegno netto pari al 91,8% di quello che era stato il suo reddito da lavoro, il suo omologo greco si doveva accontentare del 51,1%. In altre parole, ci troveremmo in un Paese che dovrebbe considerevolmente ridurre il grado di tutela che accorda ai propri pensionati.

Anche il secondo indicatore, che misura la percentuale del reddito da lavoro mediamente coperta dal sussidio di disoccupazione ad un anno, conferma quanto il livello di Pil pro-capite sia importante per mantenere le tutele sociali: difatti, mentre il disoccupato medio italiano (ad un anno dall’inizio della disoccupazione) si è visto riconoscere, nel 2019, un sussidio che copriva il 59% del suo precedente reddito, il suo omologo greco si è dovuto arrangiare con il 38%.

Il punto a cui vogliamo arrivare è il seguente: tutti i giorni, in tutto il mondo, la tutela della salute viene contemperata con la necessità di produrre reddito per finanziare l’economia del benessere che abbiamo costruito. Concediamo, per esempio, a fabbriche ed automobili di inquinare l’aria che respiriamo, in cambio, rispettivamente, di maggiore occupazione e maggiore velocità di spostamento.

Siamo costretti a questo compromesso, tutti i giorni, perché la tutela della nostra salute – ci piaccia o meno – dipende in larga parte dal nostro benessere materiale. Il ministro Boccia ha dichiarato che “viene prima la salute degli italiani, poi l’economia”. Stupisce che si sia dimenticato, però, che senza l’economia non c’è neanche la salute.

Twitter @Fabriziofer1994

*le opinioni sono espresse a titolo personale e non coinvolgono UbiBanca.

NOTE:

[1] Tutti i dati qui presentati, salvo quando diversamente indicato, sono tratti da https://data.oecd.org/ e https://stats.oecd.org/ 

[2] Eurostat: https://ec.europa.eu/eurostat/tgm/table.do?tab=table&init=1&language=en&pcode=teina225&plugin=1