Lo stigma del Mes come alibi perfetto per i ritardi del Governo

scritto da il 22 Aprile 2020

Alla fine il MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) farà parte del pacchetto preparato dall’Unione Europea per affrontare la crisi legata al COVID-19. Farà parte del pacchetto ma ogni Stato farà di tutto per non farne accesso. Non è molto complicato da capire. La Germania, l’Olanda e gli altri Paesi core dell’eurozona non ne hanno bisogno. Anche la Francia non ne ha convenienza, perché i tassi ai quali il MES dovrebbe prestare (si parla di spread tra 35 e 50 bps sul costo del funding) sarebbero più alti di quelli che paga sul mercato. Resterebbero così i soliti Paesi periferici, tra cui appunto l’Italia. E rimango dell’idea che il segnale che manderebbero i Paesi che, da soli, ne facessero ricorso, sarebbe quello di non esser in grado di finanziarsi in modo ordinario, chiedendo soldi al mercato.

Il problema dello stigma, del segnale dato al mercato di non sapersi finanziare in modo ordinario, non è un problema secondario. Anche un acceso sostenitore dell’importanza del ricorso al MES, in un contributo pubblicato nel marzo scorso, ha sottolineato che il ricorso al MES “creerebbe uno stigma se il numero di Paesi candidati fosse limitato. Può segnalare una fragilità nei mercati e una relativa perdita di sovranità rispetto alla condizionalità, mentre la crisi è dovuta principalmente a fattori sanitari esogeni piuttosto che all’indisciplina fiscale”.

Risolvere il problema con condizionalità leggere non basterebbe. Per prima cosa è da considerare che per quanto siano leggere le condizionalità effettivamente applicate per l’erogazione del prestito e nella valutazione ex-post, il MES non è un istituto di beneficenza. Riesce a finanziarsi a quei tassi sul mercato perché riceve la garanzia degli Stati con rating più elevati e questa garanzia supporta un bilancio solido, sia per redditività che per privilegio e condizionalità dei prestiti erogati. Per mantenere il suo status dovrebbe in ogni modo valutare la solvibilità del debitore prima di prestare, garantirsi un privilegio rispetto a tutto il debito preesistente, ponendo la massima attenzione a non rischiare nulla sul prestito erogato. Ma, dato che il rischio complessivo non sparisce, se un nuovo creditore dello Stato ottiene un rischio più basso, tutti gli altri creditori subiranno un rischio, in proporzione, maggiore. Inoltre, anche se fossero applicate le condizioni migliori possibili, e compatibilmente con lo status privilegiato del MES, per poter far scomparire lo stigma i prestiti dovrebbero essere erogati a tutti gli Stati, in modo automatico invece che a richiesta. I Paesi del nord si troverebbero però a pagare tassi più elevati rispetto a quelli del mercato.

Non sappiamo poi a quale scadenza verranno erogati i prestiti. Klaus Regling, direttore del MES, in un’intervista di pochi giorni fa, ha dichiarato che la scadenza dei prestiti deve essere ancora stabilita. Se non sappiamo la scadenza, annunciare che il ricorso al MES ci farebbe risparmiare miliardi di euro, come si è sentito da più parti in queste settimane, è del tutto prematuro. Se il MES erogasse i fondi con la scadenza della normale linea a condizioni rafforzate ECCL (quindi ad un anno, rinnovabile per un altro anno al massimo) il risparmio non sarebbe superiore ad un paio di centinaia di milioni. Un risparmio, certo, ma di tutt’altro ordine rispetto ai miliardi. Un risparmio però che non tiene in nessun modo di conto dell’effetto dello stigma su tutto il debito, 400/500 miliardi di euro, che dev’essere rinnovato nel periodo.

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Il direttore generale del Mes, Klaus Regling

Allora la giustificazione potrebbe essere quella di aver accesso allo scudo della BCE. Potrebbe essere certo razionale l’aver accesso alle operazioni straordinarie OMT che, annunciate da Draghi all’apice della crisi del 2012, metterebbero al riparo il Paese da problemi di funding. Ma se è in essere il programma di acquisto pandemico PEPP, che per propria natura e per stessa dichiarazione del Consiglio BCE è più ampio di quello OMT, che beneficio potrà mai esserci? Anzi, come fatto notare pochi giorni fa da Shahin Vallée, il fatto che lo spread tra BTP e Bund abbia ripreso a crescere proprio dopo che è stato raggiunto l’accordo nell’Eurogruppo, potrebbe esser la conseguenza di una confusione generata tra i programmi di supporto in essere che ha ridotto la trasmissione del programma PEPP.

Il MES per propria natura, per come è stato istituito, per il modo in cui opera (anche per l’accesso ad OMT) e presta i soldi, rimane uno strumento per la liquidità degli Stati; uno strumento per rifinanziare gli Stati quando hanno perso l’investment grade e non riuscendo più a collocare i propri titoli in modo ordinario sul mercato sono a rischio di uscire dall’euro. I prestiti del MES faranno parte del pacchetto della UE, ma senza correttivi opportuni (politicamente complicati da introdurre) in grado di modificarne profondamente la natura, non credo ci sarà la corsa a farsi riconoscere incapaci di collocare i propri titoli sul mercato.

Quello che per il momento rimane è, al più, un dibattito incentrato su un meccanismo che tutti in Europa dichiarano di non voler utilizzare e che in Italia è servito al Governo per coprirsi dal ritardo con il quale sta fronteggiando la più grande crisi economica dal dopoguerra.

Twitter @francelenzi