CoViD19 e imprese: ci può salvare solo una botta di fortuna?

scritto da il 02 Maggio 2020

L’autore del post è Stefano Capaccioli, dottore commercialista, fondatore di Coinlex, società di consulenza e network di professionisti sulle criptovalute e soluzioni blockchain, nonché presidente di Assob.it –

La “potenza” di fuoco messa in campo dal Governo, le rassicurazioni paternali, le continue fughe nel futuro di #andràtuttobene, nascondono la cruda realtà: ognuno è lasciato a sé stesso.

Ognun per sé e Dio per tutti.

Soldi non se ne sono visti.

Idee, neanche.

Solo Task force e nugoli inestricabili di regole astruse e confuse, con la perenne tentazione di buttarla in caciara.

La Stato – Comunità non esiste, è una chimera, seppellito da fiumi di incomprensibili parole.

Le parole sono importanti, ricordava Nanni Moretti.

I termini utilizzati in questa crisi sono sempre ambigui, sfuggenti, proiettati verso un futuro quasi in attesa di un Messia salvifico: mai un’analisi di consuntivo, di spiegazioni, di numeri, come ben descritto da Francesco Mercadante su Il Conte conferenziere e la maledizione del futuro biblico.

Gli imprenditori sono scossi, spaesati e preoccupati e vengono letteralmente presi per il naso, raggirati con le parole: il grande intervento nei confronti delle imprese per i danni subiti a seguito della chiusura forzata è una agevolazione al ricorso del credito bancario.

Pare assistere alla scena di quello che dopo aver tamponato l’auto che lo precede (provocando il danno), scende e tranquillizza il danneggiato: “Non ti preoccupare, ti faccio avere io un finanziamento dalla mia banca per pagare il carrozziere”!

In sostanza alla fine i danni se li paga il danneggiato, benché in comode rate e pure con gli interessi…

In aggiunta, le casse integrazioni risultano in insopportabile ritardo, costringendo a dover richiedere un anticipo al sistema bancario che, ricordiamo ancora una volta, non è formato da enti di beneficenza, ma da imprese!

Nel frattempo la processione è ferma ed il cero si consuma e quindi l’unico messaggio è “state a casa e indebitatevi”!

Che ognuno si arrangi, che faccia quello che può.

#SiSalviChiPuò.

Per chi, invece, deve riaprire per continuare a sopravvivere o per chi vuol porre in essere quell’atto contro natura che è fare impresa, deve:

1. Sanificare a sue spese

2. Assumersi tutte le responsabilità

3. Sperare che tutto vada bene.

Andiamo per ordine, per comprendere le varie mostruosità.

schermata-2020-05-01-alle-17-08-35

LA SANIFICAZIONE
Obiettivamente chiedere di sanificare, per evitare il contagio, le aziende chiuse da oltre un mese e mezzo, appare una contraddizione in termini, dato che è notorio che il virus non vive più di qualche ora sulle superfici e quindi risponde più a logiche apotropaiche e propiziatorie (come le pulizie di Pasqua!).

Il Decreto Legge Cura Italia (convertito) ha previsto un credito di imposta (art. 64) nella misura del 50% delle spese per le attività di sanificazione degli ambienti e degli strumenti di lavoro sostenute e documentate, fino ad un limite massimo di euro 20.000 per beneficiario.
Beh, un obbligo inutile su cui il Governo però pare aver messo un importante contributo: leggendo tra le righe, appare il dettaglio (ove si annida il diavolo) che pone il limite complessivo massimo della spesa autorizzata in 50 milioni di euro, congiuntamente alla solita tiritera delle modalità attuative attraverso un decreto del MiSE di concerto con il MES da emettersi entro il 17 aprile 2020, termine già trascorso, ma nulla di nuovo sotto il sole.
Accendendo la calcolatrice trovata nel fustino della lavatrice e operando la divisione tra 50 milioni di euro e il numero delle imprese (professionisti esclusi) si ottiene la strabiliante cifra di 8,21 euro ad impresa.

Ovviamente, tutto deve essere sanificato senza che le amministrazioni pubbliche si assumano un qualsivoglia obbligo di provvedere nelle strade, nei luoghi pubblici o accessibili al pubblico.

ASSUNZIONE DI RESPONSABILITÀ
Ogni rischio, di qualsivoglia genere o natura è a carico dell’imprenditore che, se vuole dissennatamente aprire, deve porre in essere ogni cautela per i propri dipendenti.

Il decreto cura italia (art. 42) ha, infatti, previsto per la contrazione del COviD 19 la copertura Inail, diventando quindi un infortunio sul lavoro, con il possibile rischio di essere esposto alle responsabilità civili e penali laddove non abbia adottato le misure necessarie a prevenire il rischio di contagio, cagionando così la malattia o morte del lavoratore. Certo, che visti i precedenti ed alcune elaborazioni giurisprudenziali, anche nel caso in cui il datore di lavoro abbia posto in essere tutte le cautele, esiste il concreto pericolo di trovarsi a dover dimostrare la propria innocenza.

Le misure previste nei protocolli sono degne di un laboratorio di ricerca nucleare, con protezioni (DPI), procedure e attività scritte da funzionari la cui unica preoccupazione era pararsi da responsabilità, e di conseguenza tecnicamente infattibili dato che mancano di buon senso.

Ogni Regione ha poi emesso le proprie norme, i propri protocolli, ha i propri sceriffi, i propri controlli in un’orgia di norme, normette, procedure tutte a carico dell’impresa privata.

Gli imprenditori che hanno riaperto riconvertendo la produzione per fabbricare le mascherine hanno avuto il tipico risveglio italiano, con l’imposizione di un prezzo massimo di vendita a 50 centesimi al netto dell’IVA (che resta al 22%).

Un passo indietro.

Quando il Consip non è stato in grado di acquisire le maschere protettive necessarie per lavorare/uscire, si sono scatenate le sirene che invitavano gli imprenditori a investire per produrle e poi l’uscita populista sul prezzo che deprime definitivamente la fiducia nello Stato.
A ben vedere, poi, lo strumento utilizzato (Ordinanza n. 11 /2020 del Commissario della Protezione Civile) è assolutamente inadeguato, dato che il Commissario Straordinario non ha il potere di imporre i prezzi ma solo quello (art. 122 comma 1 del decreto Cura Italia) “di attuare e sovrintendere a ogni intervento utile a fronteggiare l’emergenza sanitaria, organizzando, acquisendo e sostenendo la produzione di ogni genere di bene strumentale utile a contenere e contrastare l’emergenza stessa” e l’imporre un prezzo è contrario all’attività di “sostenere la produzione”. A quei prezzi solo nei paesi in via di sviluppo sono in grado di produrre, seppellendo l’imprenditoria italiana ed il made in Italy sull’altare del prezzo “nazional-popolare”.
La storia, peraltro, ha ampiamente dimostrato che i prezzi imposti causano penuria di un bene, dato che solo le variazioni di prezzo permettono di aggiustare la produzione alla domanda e di far fronte alla scarsità: per calmierare i prezzi si possono dare sostegni o contributi richiedendo qualità. L’intervento sul prezzo di vendita è il sistema per andare verso la “fame”, tipica dei paesi ad economia collettivista con la generazione di “mercati paralleli” di dubbi prodotti importati.

#IOSPERIAMOCHEMELACAVO
Ogni impresa dovrà affrontare i propri fantasmi, ogni imprenditore dovrà uscire da questa situazione trovando dentro di sé speranze, idee, capacità e risorse, resistendo allo Stato e assumendosi immensi rischi dato che (Art. 6 e 7 del Dl 23/2020) sono stati “sospesi” alcuni istituti ma non certamente l’impianto di responsabilità derivante dal Codice della Crisi di Impresa, con esposizione a conseguenze civili e penali se non #andràtuttobene.

Alle banche viene chiesto dal Governo un atto d’amore, dimenticandosi che sono imprese (con responsabilità nei confronti dei loro azionisti) e che Banca d’Italia ha ricordato che deve essere sempre valutato il merito creditizio, alle imprese viene promesso di continuare ad accompagnarle in questa dura fase di transizione verso la riapertura delle attività economiche, il tutto sempre ostendendo solide basi scientifiche a supporto.

Tutti i grandi strateghi del passato hanno avuto i propri aruspici e auguri che li assistevano con pratiche divinatorie nelle scelte, chi leggendo le interiora degli animali, chi il volo degli uccelli: oggi si afferma che le decisioni sono prese solo su basi “scientifiche”, spacciando una pletora di presunti esperti in un dream team di scienziati… per poi accorgersi che l’unico Governatore “eretico” che ha seguito l’unico scienziato (vero) ha contenuto il virus.

Ora, per assistere le imprese, dopo quanto proclamato e fatto, la sola vera speranza è augurarsi che questo Governo tiri la moneta, si affidi esclusivamente alla sorte: è l’unica maniera per avere almeno una possibilità che #vadatuttobene.

Twitter @s_capaccioli