Contrattazione e Fase 2, un’occasione per tornare a essere competitivi

scritto da il 12 Maggio 2020

Nei giorni in cui questo articolo viene scritto, l’Italia muove i primi passi verso la riapertura, con un iniziale alleggerimento delle misure di isolamento e una prima riapertura dei diversi settori dell’economia. Sebbene le esigenze di salute pubblica rimangano una priorità per il paese, i dati preliminari dell’Istat sul primo trimestre del 2020 suonano un campanello d’allarme sul costo economico che l’emergenza coronavirus ha imposto al nostro paese. I dati sul crollo del Pil devono quindi stimolare nelle prossime settimane il Governo a intraprendere un sentiero di sviluppo il più dirompente possibile, affinché il terreno perduto non divenga irrecuperabile.

La pianificazione della ripartenza offre infatti all’Italia una rinnovata opportunità di risolvere il gap di competitività che da anni lo distanzia dal resto dei paesi sviluppati. Una delle cause dello svantaggio italiano risiede nello scarso dinamismo delle sue imprese, sia per quanto riguarda investimenti e innovazione che per le relazioni tra lavoratori e datori di lavoro. Su quest’ultimo campo abbiamo in varie sedi descritto come la contrattazione decentrata abbinata a un salario minimo possa fornire una via per sbloccare la crescita della produttività e rendere il lavoro più “sartoriale” e adatto a valorizzare i contesti produttivi locali.

Contrattazione di secondo livello: partire dai Sistemi locali del lavoro

Abbiamo già scritto di come una strategia di riapertura del paese basata sul criterio geografico dei sistemi locali del lavoro dell’Istat (SLL) offra un buon compromesso tra le esigenze produttive e quelle di contenere la pandemia. La stessa ripartizione geografica può fornire un utile criterio per stimolare il dinamismo del mercato del lavoro attraverso la contrattazione di secondo livello, o più specificamente, contrattazione territoriale o di filiera.

Lo Stato potrebbe infatti promuovere contratti a livello di territorio o di filiera che prevedano misure specifiche in materia di orario di lavoro (e quindi anche in materia di smart-work), welfare aziendale, fringe benefit, premi di produttività, apprendistato, o altre forme di formazione e incentivarli attraverso contributi erogati a fondo perduto commisurati a due dimensioni: 1) il numero di lavoratori assunti o il cui contratto viene rinnovato, 2) la tipologia contrattuale, ove il contributo è più generoso per i contratti a più lunga durata o che prestano maggiori garanzie. La dimensione territoriale da contemplare per la validità del contratto sarebbe appunto quella di uno o più SLL.

Come ultimo punto, vale la pena ricordare che oltre al contratto territoriale o aziendale, a disposizione delle parti ci sarebbe anche il contratto di prossimità, che ha il vantaggio di poter derogare al contratto nazionale su alcune materie, garantendo ulteriore flessibilità.

I vantaggi di un contratto territoriale

La contrattazione di secondo livello, se combinata efficacemente con la contrattazione nazionale, ha il potenziale di accrescere la competitività del territorio tramite una maggiore efficienza e produttività dei lavoratori, e le materie sopra elencate sono già al centro di questa forma di contrattazione, per cui si tratterebbe di potenziare un istituto giuridico che già sta mostrando i suoi frutti in numerose realtà (vedi alcuni documenti di Cgil e Cisl).

Contratti di questo tipo potrebbero essere anche previsti a livello di singola azienda, ma la menzione specifica di SLL o filiera si adatta meglio alle Pmi, che costituiscono la quasi totalità delle imprese italiane e dove il contratto unicamente aziendale fatica a prendere piede, come spieghiamo in dettaglio nel nostro libro “Ci pensiamo noi”. Un contratto territoriale potrebbe infatti facilitare l’individuazione delle sigle sindacali legittimate a contrarre e stabilire un’efficacia più solida in sede legale. Di converso, affidarsi unicamente al livello aziendale limiterebbe l’applicazione del contratto unicamente alle grandi aziende, dove i sindacati sono meglio organizzati e c’è una pratica più consolidata di contrattazione locale.

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Tale forma contrattuale potrebbe risolvere una delle criticità relative al Fondo per le imprese, il pilastro su cui il Governo attualmente basa la sua strategia di sostegno alle imprese. Il Governo ha infatti proposto prestiti agevolati alle imprese fino a 25.000 euro e più, ma i dati della Cgia mostrano come l’efficacia della misura per ora sia poco incoraggiante: solo l’1% delle imprese ha fatto domanda. Va tenuto a mente che la misura è molto recente e che quindi le domande aumenteranno nei prossimi giorni, tuttavia un punto importante rimane: le imprese non accettano volentieri di indebitarsi ulteriormente in tempi di crisi. Questo provvedimento consentirebbe invece di garantire liquidità a fondo perduto, meglio tutelando lo Stato dal rischio di moral hazard, in quanto per avere accesso ai fondi è necessario attuare misure di tutela del personale, rinnovare contratti o assumere. Una simile misura è stata implementata in Germania, dove governo federale e lander tedeschi hanno erogato alle realtà con meno di 15 addetti fino a 15 mila euro a fondo perduto.

Attraverso tale strumento si potrebbero quindi raggiungere in primo luogo obiettivi di salvaguardia dell’occupazione, offrendo condizioni accettabili per il rinnovo dei contratti in scadenza o per nuove assunzioni nonostante l’incertezza legata alla possibilità di una recessione nei prossimi mesi. In secondo luogo si può pianificare uno strumento ulteriore per fornire liquidità alle imprese che possa essere più appetibile in quanto non prevede indebitamento, ma che allo stesso tempo fornisce migliori garanzie di un risultato perché condizionata a specifici obiettivi. Il provvedimento consentirebbe inoltre di fornire a specifiche filiere o realtà produttive locali le modalità per dotarsi al meglio delle risorse produttive di cui necessitano per la ripresa. Un esempio può essere l’agricoltura, dove gli imprenditori possono assumere lavoratori stagionali e in parallelo ricevere dallo Stato liquidità in sostegno all’attività. Un altro esempio può essere l’artigianato dove i contratti di apprendistato o di stage in scadenza possono essere rinnovati piuttosto che lasciati terminare a causa delle condizioni incerte del mercato. Infine possiamo pensare al settore dei servizi dove nuovi lavoratori free lance, insegnati o trainer possono essere assunti attraverso rapporti di smart work o tele lavoro.

Possibili criticità della manovra

Tra i caveat che vanno tenuti a mente, il primo ha a che fare con le retribuzioni. Queste non possono derogare il contratto nazionale e quindi il contratto di secondo livello sopra descritto è facile che si limiti alle componenti retributive aggiuntive rispetto ai trattamenti economici minimi (o Tem). I maggiori margini di intervento attraverso il contratto territoriale devono quindi cercare canali alternativi rispetto alle retribuzioni per avere un impatto sostanziale. Inoltre vale la pena sottolineare che una maggiore decentralizzazione della contrattazione richiede nel lungo periodo la predisposizione di una forma di salario minimo che possa compensare i lavoratori della possibile perdita di potere contrattuale e che li tuteli dagli abusi dei cosiddetti “contratti pirata”.

In secondo luogo, la mancanza di un quadro legislativo chiaro nei riguardi della misura della rappresentanza sul territorio rimane una delle principali barriere al diffondersi della contrattazione di secondo livello e causa un sovraccarico della contrattazione a livello nazionale (che si manifesta nel noto eccesso di contratti di categoria registrati, ad oggi più di 800). Lo Stato deve farsi coordinatore di una riforma che chiarisca questo punto, in coordinazione con sindacati e associazioni datoriali.

Infine è da notare che la dimensione di SLL si adatta al meglio a settori le cui filiere siano il più possibile localizzate, quali ad esempio i distretti manifatturieri per la componentistica o le macchine utensili, tipicamente concentrati in aree geografiche contenute. Questo infatti diminuisce il rischio di interruzioni lungo la catena del valore causate dal lockdown di un SLL in caso in cui si riaccendesse un focolaio. Contrariamente, settori a minore densità sul territorio (come ad esempio la logistica o il retail) potrebbero trarre minori benefici da questa tipologia di contratto di lavoro, ma potrebbero comunque utilizzarli come modello per una contrattazione a livello di azienda o avvalersi del contratto nazionale di categoria.

Conclusioni

In conclusione, una misura come quella descritta sopra si potrebbe affiancare alla oramai consolidata decontribuzione dei premi di risultato come stimolo alla crescita della produttività in azienda. Attraverso investimenti in formazione, flessibilità e welfare sarebbe infatti possibile arricchire la cassetta degli attrezzi in mano alle parti contraenti e adattare il rapporto di lavoro alle nuove esigenze del mercato, superando quindi la situazione emergenziale in cui versa il nostro paese senza perdere una prospettiva di sviluppo di lungo periodo.

Autore di questo post è Alessandro Zona. Classe 1993, dottorando in Economia presso il Tinbergen Institute ad Amsterdam, si è laureato in Bocconi ed è stato trainee ed analista presso la BCE. È senior fellow del think tank Tortuga, tramite il quale pubblica questo contributo.

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