Pro e contro il Venture Capital (in un mondo di tassi negativi)

scritto da il 21 Agosto 2020

Dal 2008 ad oggi abbiamo visto la crescita economica mondiale nei paesi dell’ovest in netto calo. Di conseguenza, le banche centrali, dalla Federal Reserve Americana alla Banca Centrale Europea hanno effettuato politiche monetarie espansive abbassando i tassi d’interesse fino ai minimi storici nella speranza di riattivare la crescita e l’inflazione tramite il credito facile.

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Settori sensibili ai tassi d’interesse hanno sofferto. E qui parliamo di banche, assicurazioni, fondi pensione e del risparmiatore medio. Al contrario, grazie alla leva a prezzi bassissimi, settori come private equity e venture capital hanno beneficiato enormemente. In uno scenario di crescita inesistente, gli investitori hanno inondato i mercati privati pur di avere dei ritorni decenti per i loro portafogli.

Negli Stati Uniti, le università come Harvard, Yale, Princeton e MIT gestiscono tutte degli endowment funds. Ogni anno, ex studenti, o istituzioni donano ai college ingenti somme di denaro, che vengono poi investite da un gestore. I ricavi dell’investimento hanno varie finalità, spesso in base al volere del donatore. L’obiettivo del gestore in questi casi è quello di ottenere un ritorno reale dopo l’inflazione. A causa dei tassi negativi, anche gli endowments hanno dovuto ripensare alle loro strategie. Harvard, che per esempio gestisce circa 40 miliardi di dollari, alla fine dell’anno scorso ha riposizionato buona parte del proprio portafoglio in private equity e soprattutto venture capital. Questo trend sta riguardando anche i fondi pensione, di recente anche Calper, che gestisce fondi pubblici della California, sta ruotando parte delle sue posizioni nel private e venture capital, parliamo di circa l’8% dei loro asset.

Se pensiamo strettamente ai tassi d’interesse questa rotazione ha un senso. Quello che ha però meno senso è il rischio. Il risk reward ratio è stato completamente ripensato.

In questo articolo parlerò del venture capital come asset class di diversificazione rispetto al mercato pubblico. Parlerò di come funziona, dei suoi vantaggi e svantaggi e toccherò soprattutto il VC Italiano grazie a una conversazione che ho avuto con Roberto Ferrari, chairman di ClubDealOnline ed esperto di Private and Venture Capital.

Che cos’è il venture capital?

Il venture capital è una forma d’investimento ad alto rischio ma che ci può offrire ritorni incredibili. Questo tipo d’investimento si rivolge a start up e ad aziende che hanno in natura un tasso di default molto elevato, che però quando hanno successo offrono agli investitori ritorni esponenziali.

Vi sono tre modi per prendere esposizione nel venture capital:

– Angel Investing, dove gli investitori (chiamati angel), investono personalmente i propri capitali in una start up. Il più famoso di tutti è il fondatore di Angel.co: Naval Ravikant.

-Fondi di Venture Capital: raccolgono capitali rivolgendosi ai fondi istituzionali. Uno dei fondi storici è Andreessen Horowitz, fondato da Marc Andreessen uno dei primi angel investors di Facebook.

-Crowdfunding secondo il dottor Ferrari “ha contribuito molto alla democratizzazione dell’accesso al VC fornendo una molteplicità di opportunità di investimento anche a chi ha somme esigue da destinare a questa asset class, oltretutto attraverso un primo processo di selezione professionale”. Il venture capital è un settore storicamente dominato da individui, famiglie e istituzioni con capitali importanti.

Così mentre gli angel investors prendono solitamente il seed risk (rischio iniziale), i Venture Capitalist giocano un ruolo importante nella seguente fase del ciclo di innovazione del prodotto, quando diventa commercializzabile. Il Venture Capital aiuta a costruire l’infrastruttura delle startups. Parliamo dei costi di CAPEX, marketing e fondi destinati al capitale circolante. I VC investono nella parte media della classica Curva S, la parte durante la quale la crescita è più accelerata. Evitano la parte iniziale del ciclo aziendale e quella finale.

Il capitale di un VC, non è capitale a breve termine. In realtà, i fondi di Venture Capital come i Private Equity hanno tempi intorno ai 5 anni. Durante i quali cercano di raggiungere la loro hurdle rate (tasso di ritorno), per poi rivendere il loro investimento ad un premium al prossimo investitore. Quindi la start up passa diverse serie di funding finché raggiunge una maturità creditizia ed un’infrastruttura tale da poter entrare nel mercato pubblico per ottenere maggiore liquidità e continuare la propria espansione.

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Come investono i venture capitalists?

Uno dei miti dei VC è che investono solo in imprenditori ed idea. La pratica è un po’ diversa. I VC generalmente, investono nel settore del momento. Quello che ha la crescita esponenziale maggiore.

Negli anni 80, la crescita era nell’energy. Negli ultimi 20 anni è stato il Tech. Il VC può essere quasi definito come un momentum trade settoriale. Il motivo per questa strategia è semplice, la crescita di una start up in un settore in forte espansione aiuta il raggiungimento delle hurdle rate più velocemente. Un mercato in crescita ha più compratori, quindi trovare le exit diventa più semplice. Gli ultimi 20 anni sono stati un chiaro esempio di questo stile d’investimento. Aziende come Uber sono state letteralmente inondate di capitale, per poi arrivare all’IPO con dei business model scalabili ma in realtà non monetizzabili.

Come viene strutturato un investimento VC?

Vi sono diversi modi d’investire in un’azienda sotto forma di VC. Uno dei miei investimenti venture è stato in un’azienda nel settore alimentare qui a NYC. L’investimento è stato strutturato sotto forma di convertible preferred equity, una delle strutture più conosciute e forse le meno complesse. Questa struttura mi dà la possibilità di proteggere il downside (la perdita), beneficiando però di upside (potenziale di crescita dell’equity in un exit). In poche parole, questa struttura entra in forma di prestito con l’opzione di diventare capitale proprio se l’azienda arriva ad un exit. Molto semplicemente, il mio capitale sta accumulando interesse. All’exit, il prestito si convertirà in equity. La mia posizione iniziale nell’azienda sarà il capitale iniziale più l’interesse percepito. Beneficerò di una rivalutazione dell’equity all’exit. Questa struttura come protegge il downside? Nel caso di una liquidazione, essendo un debitore ho diritto a ricevere i ricavi dalla vendita degli assets. E ho precedenza ad essere ripagato rispetto agli investitori nell’equity.

Quali sono i rischi reali del Venture Capital?

Da investitori, quando guardiamo ai ritorni di un investimento dobbiamo guardare non solo ai ritorni ma soprattutto ai rischi:

-Investire in Venture Capital è investire in aziende che hanno meno disclosures. Questo non vuol dire che le aziende non siano investimenti praticabili. È solo più difficile ottenere informazioni che aiuteranno la nostra decisione. A differenza di un’azienda pubblica è più difficile avere accesso ai bilanci di esercizio e anche quando abbiamo accesso non sono sempre esaustivi come lo possono essere quelli di un’azienda pubblica. Tornando al mio investimento, nonostante l’azienda fosse attiva con ottimi risultati, ottenere i bilanci ha richiesto tempo e lavoro in congiunzione con CFO e CEO.

-Investire in VC, richiede un’ottima conoscenza della lettura dei bilanci d’esercizio e anche l’abilità di progettare i ritorni nel futuro in base ad assumption (presupposizioni nel modello finanziario).

-Capire come creare assumption è anche molto importante. Le assumption vengono create in base a fattori macro e microeconomici. Sono il risultato di quello che sappiamo sull’azienda, del suo accesso al credito e del settore.

-Il modello 2-20, le management fees tendono a essere molto alte: 2% viene solitamente pagato sugli assets nel fondo per anno, e 20% sul profitto che il manager riesce ad ottenere.

-I capitali iniziali sono uno dei principali problemi per l’investitore che non dispone di somme importanti

-La liquidità dell’investimento è molto importante. Quando investiamo nel privato, non è semplice entrare ed uscire dalla posizione come lo è nel pubblico. Quindi i capitali che vengono investiti nel VC sono capitali che solitamente dobbiamo dimenticare per periodi di circa 5 anni fino all’exit.

-Infine il network. Le transazioni migliori spesso passano per un cerchio ristretto di investitori. Avere accesso a questo network non è semplice per l’investitore comune. Quindi se siamo in un ottimo network abbiamo la possibilità di ottenere ottimi risultati. Se invece guardiamo alla media rispetto al NASDAQ questi possono essere potenzialmente i nostri ritorni:

US Venture Capital Index vs. NASDAQ Composite: Post-Tech Bubble

image-3*Cambridge Associates, FactorResearch

Questi sono invece i vantaggi dell’investire in VC:

-Se lavoriamo con una piattaforma o un gestore che ha accesso a flussi interessanti, abbiamo l’opportunità di ottenere ritorni superiori al mercato sotto forma di apprezzamento del nostro capitale.

-I nostri risparmi vengono gestiti da esperti nel settore che dovrebbero riuscire ad ottenere risultati migliori (ovvio che non succede sempre).

-Può essere un modo di diversificare i nostri risparmi in asset meno liquidi, più rischiosi ma con potenziale di ritorni maggiori

-Uno dei rischi maggiori dei VC è la loro illiquidità. Parlando di questo con il dottor Ferrari, mi ha spiegato che piattaforme come ClubDealOnline stanno lavorando per creare un mercato secondario, che offrirebbe più liquidità e abilità all’investitore di trovare un exit anticipato. È ovvio che è un concetto interessante ma non facile da implementare. Il processo di valutazione di un VC non è così facile come nel mercato pubblico.

Il Venture Capital in Italia

Ferrari mi ha spiegato come il settore del venture capital anche se non ai livelli di paesi come gli States è in netta espansione. Nel 2019 sono state effettuate circa 148 transazioni che hanno investito un capitale di circa 597 milioni di euro. La cosa interessante è che nell’ultimo periodo vi è stato un aumento di capitali stranieri. Ad oggi circa il 35% è capitale straniero. Quando gli ho chiesto quali erano le barriere per sviluppare questo metodo d’investimento in Italia, Ferrari mi ha poi spiegato che i problemi che rallentano il flusso di denaro straniero sono come spesso sentiamo la burocrazia ed il sistema legale Italiano. Le incertezze della regolamentazione mettono il paese indietro rispetto ad altri paesi del G8. Una cosa interessante che mi ha poi fatto notare è che, anche il venture capital mostra le disuguaglianze nel paese tra il nord ed il sud. Infatti, le transazioni di venture capital fatte in Italia sono per lo più al nord. Al sud è quasi inesistente.

Ha poi aggiunto che anche in Italia “i fondi pensione iniziando a guardare a Venture Capital e Private Equity con crescente attenzione per combattere al problema dei ritorni nel mercato azionario e obbligazionario”. Ne e’ prova che nel 2018 gli intermediari previdenziali sono divenuti i primi fornitori di capitale nella raccolta indipendente del private equity e venture capital. Guardando alla raccolta di Private Equity e Venture Capital del 2019, “i Fondi Pensione hanno contribuito per 353 milioni di euro, pari al 24% della raccolta” . Una quantità ancora bassa rispetto a quella nel Regno Unito e negli USA, ma comunque in crescita.

Parlando ancora di questo argomento spiega come ”In Italia, il patrimonio di fondi pensione e casse previdenziali, sommato assieme, ammonta ad oltre 200 miliardi di euro ed è in netta crescita”. Aggiunge poi “qualora anche solo il 4%, una percentuale pari alla metà di quella di Calpers fosse investito in VC e PE, gli investimenti sarebbero più di 8 miliardi”. Il che mostra il potenziale di crescita del settore.

Un esempio recente  della diffusione di questo fenomeno in Italie è Il Fondo Pensione a Prestazione definita del Gruppo Intesa Sanpaolo. In precedenza Fondo Pensione per il Personale del Banco di Napoli, che ha visto con l’inizio del 2019 l’aggregazione della ex Cassa di Previdenza Sanpaolo, ha tra i suoi investimenti mobiliari sette fondi di investimento alternativi (FIA). Una parte di questi investimenti (cinque) sono stati effettuati nel 2015 in fondi d’investimento alternativi di tipo “bond like” con un profilo di cash flow simile alle obbligazioni (distribuzioni costanti). Un profilo di rischio/rendimento contenuto e durate medio/lunghe. I rimanenti due fondi sono stati acquistati nel 2016: un fondo infrastrutturale e un fondo di private equity” (fonte). In fine un altro progetto interessante del quale abbiamo discusso è il progetto Iride. Nel 2018 cinque fondi pensione italiani: Foncer, Fondo Pensione Fondenergia, Fondo Gomma Plastica, Pegaso e Fondo Pensione Previmoda, hanno distribuito 216 milioni di euro in un fondo gestito da Neuberger Berman dedicato al private equity.

In fine in questo grafico possiamo vedere i ritorni del Private e Venture Capital Italiani tra il 2010 ed il 2019.

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Come investe il risparmiatore medio in Venture Capital?

Come spiega il dottor Ferrari, il venture capital resta comunque un asset class più facilmente accessibile a coloro che hanno una certa possibilità finanziaria. Lo stesso vale anche in America, anche se vi sono varie piattaforme crowdfunding, generalmente, per quanto riguarda il venture capital, bisogna essere un accredited investor. O meglio un investitore che guadagna tra i 200 e 300.000 dollari.

Se si ha il capitale iniziale è possibile investire in due modi. Sotto forma di equity, dove l’investitore prende una posizione nel capitale dell’azienda o sotto forma di lending. In quest’ultimo caso, l’investitore prende posizione prestando il proprio capitale sotto forma di debito.

Anche sotto forma di crowdfunding però i rischi del venture capital che abbiamo elencato prima sussistono.

Conclusione

Quando investiamo nel Venture Capital è importante tenere in mente due considerazioni circa questa asset class:

-Il primo è la sua correlazione alla borsa. Il venture capital per le sue caratteristiche va piazzato nella parte più rischiosa del nostro portafoglio. Non è quindi un asset di diversificazione come lo sono l’oro, l’argento e le obbligazioni, asset storicamente meno correlati alla borsa

-La media dei ritorni del venture capital come ci mostra il grafico, è in linea a quello della S&P500. Per beneficiare di ritorni esponenziali in questo settore è necessario conoscere bene il settore ed avere un network con deal flow di qualità. Per questi motivi, spesso, il modo migliore per ottenere risultati migliori è quello di affidarsi ad esperti nel settore.

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Il Venture Capital è un asset class alternativo. Per un investitore che cerca fonti di diversificazione e che ha un periodo a medio e lungo termine, può essere una proposizione interessante. Come conclude il dottor Ferrari “è un asset meno liquido rispetto ai mercati pubblici, che può portare a rendimenti elevati ma dall’altro può tradursi in una perdita parziale o totale”. Per questo motivo quando distribuiamo i nostri asset, è importante guardare al nostro orizzonte temporale e diversificare di conseguenza, evitando di sbilanciarci in asset non adeguati al nostro profilo.

Twitter @Theimmigrant84

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