Benedetta Arese Lucini (Oval): Digitale e risparmio spingono il fintech

scritto da il 20 Agosto 2020

Quarto appuntamento con la rubrica “Call Me Startup – Storie di giovani imprenditori ai tempi del Covid-19”, con la quale raccontiamo le sfide e le ambizioni dei founder di startup italiani in questo periodo così particolare segnato dalla crisi sanitaria ed economica.

Nostra ospite odierna è Benedetta Arese Lucini, ex manager di Rocket Internet e Uber, che nel 2017 ha fondato Oval insieme a Claudio Bedino e Edoardo Benedetto, co-fondatori di Starteed.com, e Simone Marzola, esperto di intelligenza artificiale.

Oval – che oggi conta più di 50 dipendenti divisi in due sedi, Torino e Londra – è la prima piattaforma completa per la gestione delle finanze che aiuta a risparmiare, categorizzare le spese e investire in modo sicuro il proprio denaro. Inoltre, ha recentemente lanciato la propria carta con IBAN italiano, innovativi step di risparmio che incentivano l’utente a mettere da parte i soldi, nonché innovativi e sicuri prodotti di investimento basati su ETF (Exchange Traded Funds), i fondi a gestione passiva che replicano indici azionari, obbligazionari o di materie prime.

A oggi Oval conta 450 mila utenti, di cui 118 mila attivi mensilmente e un costo di acquisizione per utente di 15 sterline, uno dei più bassi del settore. Tramite la app di Oval, sono stati generati dagli utenti oltre 40 milioni di sterline di risparmi e investimenti, e categorizzate oltre 3,1 miliardi di transazioni. Complessivamente, la startup ha raccolto oltre 12 milioni di euro in tre anni.

Con Benedetta Arese Lucini abbiamo la possibilità di toccare uno dei settori più caldi dell’ecosistema startup italiano: il fintech.

Secondo uno studio di EY, la crisi da Covid-19 ridurrà la redditività delle banche, con la caduta del ROE dal 7% allo 0-1% atteso per il 2020, e impatterà sul modello di business accentuando i servizi digitali che i clienti hanno dimostrato di gradire, anche se la filiale resterà centrale e l’evoluzione del modello distributivo sarà multicanale.

L’incremento dell’e-commerce, del delivery e in generale dei pagamenti digitali ci sta portando verso una cashless society, afferma EY. Questo trend è cavalcato dalle fintech, ma mette ancora in difficoltà la maggior parte degli operatori tradizionali.

Interessante inoltre l’impatto del Covid-19 sugli indici di Borsa e i prodotti di investimento: durante il primo trimestre dell’anno, gli ETF, principale strumento di investimento di Oval, hanno continuato a segnare un trend positivo, in controtendenza rispetto a un andamento del mercato condizionato dall’emergenza Covid-19.

Soltanto nel secondo trimestre di quest’anno – proprio quello più duro a causa del lockdown – questo mercato ha raccolto 3,69 miliardi di euro, più che raddoppiando i numeri dello stesso periodo dell’anno scorso e conoscendo una crescita del 178%.

(In calce all’articolo il video dell’intervista completa)

 

Cosa hai fatto prima di Oval?

Ho cominciato la mia carriera nell’investment banking, ma quasi subito, nel 2008, sono passata al mondo delle startup. In quegli anni di startup non se ne parlava praticamente da nessuna parte, ma io ne ero già incuriosita. Allora sono andata in America: ho prima studiato alla New York University, poi mi sono spostata a San Francisco. Insomma, i posti dove c’era questo mondo.

Successivamente ho lavorato per Rocket Internet nel Sud-Est Asiatico e sono stata country manager per Uber Italia, quando ancora Uber era una piccola startup con meno di 100 dipendenti: negli anni l’ho vista crescere fino a diventare quella che è oggi, cioè una multinazionale.

A questo punto è arrivata Oval. Cosa ti ha spinto a fondare questa startup e come funziona?

L’idea non è nata da me, ma da Edoardo, che aveva già un’azienda con Claudio. Mi hanno contattata e ci siamo incontrati per discutere della difficoltà da parte di noi giovani di accumulare e gestire i nostri risparmi, perché se non hai un bel gruzzolo di almeno 50 mila euro le banche e i promotori finanziari non ti guardano neanche.

Quindi con Oval abbiamo creato un’applicazione che aiuta tutti a imparare a risparmiare e poi usare questi risparmi per investire in prodotti finanziari nel lungo termine, così che poi in futuro si abbia messo da parte un gruzzolo per raggiungere un certo obiettivo, come comprare casa o aiutare i figli ad andare all’università.

Chiaramente Oval è targetizzato verso un mercato di giovani lavoratori. Siamo principalmente sul mercato italiano, in UK, e piano piano ci stiamo espandendo nell’Europa continentale.

Hai citato in precedenza che hai lavorato per Rocket Internet, l’emblema per così dire dello scaling e della crescita da Silicon Valley: in Oval che tipo di impostazione hai?

Io ho imparato tanto sia con Rocket che in Uber, perché ho visto due aziende scalare da poche città a tantissimi Paesi. In Oval stiamo arrivando adesso al momento in cui possiamo cominciare a scalare, ma quello che per noi è essenziale è uno scalare organico così da attrarre persone intorno al nostro brand. Questo perché è molto più semplice vendere un e-commerce o una corsa su Uber di quanto sia cambiare un’abitudine: in quest’ultimo caso devi partire dal mercato, dall’organico, dalle persone, dagli ambassador che ti promuovono, perché il passaparola è molto più forte di qualsiasi marketing.

Inoltre abbiamo un’interazione molto attiva con le communities che coltiviamo molto sui nostro canali social, così da creare un rapporto diretto con gli utenti. Questo ci permette anche di capire di cosa hanno bisogno e di migliorare il nostro prodotto.

Si dice che la crisi Covid-19 abbia favorito la digitalizzazione, d’altra parte però sono calati i consumi, i risparmi e le performance di borsa: che impatto ha avuto dunque sul vostro business?

Il Covid-19 ha impattato molto l’azienda: abbiamo dovuto tagliare i budget e stare attenti ai nostri costi. Tuttavia devo dire che, proprio perché ci siamo dovuti un po’ inventare come crescere, abbiamo sviluppato delle soluzioni molto interessanti che ci hanno permesso di scalare drammaticamente i nostri utenti, il nostro asset under management e anche gli investimenti degli ultimi mesi, quindi i soldi dei risparmi degli utenti.

C’è stato un trend interessante nel mondo dell’investimento che non abbiamo visto solo noi in Oval ma anche molto aziende nel trading. Ad esempio c’è stato un aumento significativo degli investimenti, perché la gente stava a casa, non spendeva e ha risparmiato di più. Quindi noi abbiamo visto questo trend positivo.

In ogni caso ci siamo focalizzati sull’ideazione di prodotti innovativi tipo quelli a capitale protetto. Dopo il crollo dei mercati di febbraio, infatti, la gente si è un po’ spaventata, quindi abbiamo ideato questi prodotti in cui il capitale che investi è garantito e ti ritorna in ogni caso. Il minimo che riprendi è il tuo capitale iniziale: se il mercato va su, guadagni, se il mercato va giù, ti riprendi quello che hai investito. Prodotti del genere ci hanno permesso di aumentare la confidenza degli utenti negli investimenti.

E quindi come vedi il futuro di questi investimenti, diciamo così, “fatti in casa”?

Io sono una grande promotrice del mondo dei fondi passivi. Oval non è una piattaforma di trading: abbiamo solo prodotti diversificati, che seguono vari trend, hanno all’interno azioni e obbligazioni che li rendono bilanciati e sono passivi, quindi seguono l’andamento di un gruppo di aziende ma non vengono modificati bensì vengono mantenuti in questo modo.

In America il mercato dei fondi passivi è molto grosso, in Europa invece stiamo cominciando ora a vederne una crescita. Leggevo che in America gli ETF comportano il 40% degli investimenti delle persone, in Europa solo il 15%: siamo ancora abituati alla gestione di fondi attivi che però sono molto più cari. Questo trend – che è piaciuto molto alle persone – continua a impattare positivamente i nostri utenti, i quali apprezzano il rinnovamento dei nostri prodotti che ci permettono di avere una crescita. Peraltro, non vediamo questa crescita unicamente legata al Covid-19, ma continua.

Oltre agli ETF fate uso anche di algoritmi o intelligenza artificiale per muovere questi investimenti?

No, noi non siamo robo advisor e tra l’altro ti svelo un segreto: pochi robo advisor utilizzano intelligenza artificiale per fare gli investimenti.

Noi oggi facciamo principalmente investimenti passivi e, a differenza di altre startup, andiamo a creare collaborazioni con asset manager che sono sul mercato già da anni e quindi sono specializzati in questo settore. Li andiamo a selezionare e poi li inseriamo e li distribuiamo nella nostra piattaforma. Potremmo in futuro inserire un robo advisor, ma per adesso non l’abbiamo fatto. In ogni caso ci sono tantissimi documenti che dimostrano che gli investimenti passivi hanno una performance anche migliore di molti fondi attivi.

Avevate ambizioni particolari che avete dovuto modificare a causa della crisi Covid-19?

Prima del Covid-19 stavamo per scalare in nuovi Paesi, quindi oltre Italia e UK dove siamo presenti. Non abbiamo modificato il piano, ma abbiamo rallentato un attimo l’espansione perché naturalmente sarebbe stato un momento difficile per lanciare un team in un Paese nuovo.

Tuttavia le nostre ambizioni non sono assolutamente cambiate, anzi, sono ancora più grandi dopo il Covid-19, periodo in cui si è visto quanto è importante avere un risparmio messo da parte per affrontare tempi di crisi.

Qual è la scelta più difficile che avete dovuto prendere durante il periodo del Covid-19?

Probabilmente è stata quella di attuare la cassa integrazione perché andava a impattare gli stipendi delle persone e gli orari lavorativi. All’inizio è stato difficile, dovevamo adeguarci, mentre adesso è tutto molto più semplice e anzi vediamo quasi un vantaggio perché in alcuni casi si portano gli stessi risultati lavorando meno. È anche un esperimento positivo sul mondo del lavoro che si sta rilevando interessante.

Vedi emergere nuovi trend nel mondo fintech?

Sicuramente il digitale è un winner di questo periodo di crisi e lo si vede anche dai mercati: in Borsa i titoli tecnologici sono andati benissimo. Del resto c’è stato un boom di richiesta di servizi digitali. Inoltre il Covid-19 ha velocizzato molto il modo in cui le persone lavorano e cambierà anche il mondo in cui le persone utilizzano le finanze, ad esempio anche le filiali avranno ancora meno senso di esistere.

Ci sono poi considerazioni specifiche per il nostro mercato: finché uno non vive un periodo di crisi non capisce quanto sia importante risparmiare per i periodi difficili, quindi pensiamo che continuare a fare educazione finanziaria, spiegare alle persone quanto sia importante mettere da parte e investire per il proprio futuro e così via, possa dare serenità nella propria vita, nel cambiare lavoro, nell’affrontare un periodo di crisi in modo più tranquillo. Quindi pensiamo che questo periodo riuscirà a creare un po’ più di sensibilizzazione intorno al tema del risparmio.

Che apporto avete con i big player del settore e, in particolare, che differenze hai notato nell’impatto della crisi sui big player e sulle startup?

Abbiamo un buon rapporto con le banche e con le grosse società di asset management perché, come dicevo, siamo una piattaforma distributiva quindi lavoriamo con le banche per distribuire i loro prodotti in modo digitale, quando di solito questi sono distribuiti in modo più tradizionale. Questo ci permette di non essere competitivi in modo diretto ma piuttosto di rafforzare la loro presenza con una user base che di solito non andrebbero a intercettare.

Sicuramente la crisi ha avuto effetti diversi sulle grosse aziende e le startup. Le grosse aziende soffrono un po’ in Borsa, in particolare le grosse banche hanno sofferto tanto sulle loro valutazioni. Le startup non soffrono così direttamente e sicuramente strutturare il lavoro in remoto è stato molto più semplice. È vero però che la cassa è un grosso problema e anche il mondo del fundraising sta cambiando. Le giga valutazioni che si erano raggiunte prima della crisi saranno completamente ridefinite.

Quindi per noi è assolutamente necessario dimostrare che in un mercato difficile riusciamo a continuare a crescere e portare risultati. E questo viene visto molto positivamente anche dal mondo degli investitori, il che ovviamente genera possibili future opportunità di investimento.

Che strategie di comunicazione che avete attuato nei confronti degli investitori e dei dipendenti?

Io spero che sia stata effettivamente percepita la trasparenza che abbiamo adottato sia con i nostri investitori, sia con i nostri dipendenti, sia con gli utenti. Abbiamo sempre cercato di dimostrare assoluta trasparenza e di avere un rapporto diretto con tutti questi stakeholders, anche per capire cosa ricercare e di cosa hanno bisogno e cosa vorrebbero che Oval portasse loro. Insomma, una comunicazione trasparente e uno scambio aperto. Ad esempio, nei mesi scorsi abbiamo realizzato dei questionari rivolti agli utenti; oppure ancora, a settembre lanceremo una nuova versione dell’app: abbiamo lanciato una versione beta per alcuni utenti che ci danno direttamente feedback e quindi di fatto la stiamo sviluppando insieme a loro.

La doppia sede UK-Italia ha fornito vantaggi o aumentato complessità?

In assoluto devo dire che avere due sedi ti aiuta a sfruttare le iniziative dei governi. Ad esempio in Italia, come ho citato prima, abbiamo sfruttato la cassa integrazione part-time, ossia abbiamo messo i dipendenti un giorno di cassa integrazione a settimana; in UK invece c’è un fondo governativo che ha deciso di fare un matching di investimenti alle startup, quindi se come startup riuscivi a raccogliere dei fondi in una soluzione convertibile loro integravano con il 100% di quello che avevi raccolto fino a 5 milioni.

A tale riguardo, che valutazione daresti alle iniziative statali di UK e Italia?

UK ha avuto più normative targetizzate al mondo delle startup, in Italia invece ci sono state iniziative più generaliste, ad esempio quella della cassa integrazione è una normativa aperta a tutte le tipologie di aziende. Sintetizzando, direi che l’Italia si è mossa meglio sul mercato del lavoro, mentre UK si è mossa meglio sul mercato delle aziende.

Cosa dovrebbe fare il governo italiano per promuovere il mercato delle startup?

Se guardi i numeri, gli investimenti in startup in Italia sono 1/10 di quelli in UK. Là c’è un ecosistema che porta oltre un milione di posti di lavoro, mentre in Italia ne porta meno di 30 mila, quindi il mercato è minuscolo e capisco che non possa essere un settore completamente focalizzante per la politica. D’altro canto se non ci si investe un po’ di tempo e denaro farà fatica a crescere, ed è un peccato perché gli italiani sono sempre stati imprenditori anche nel mercato non tech.

Questo secondo me è importante da definire come filosofia. Ossia: vogliamo far crescere le nuove società italiane che sono famose in tutto il mondo? E il tech può essere un buon inizio per far fiorire l’imprenditoria italiana nel mondo?

Che consigli dai a un giovane che vuole avviare una startup?

Non posso dare consigli su quale sia il momento migliore per fare startup. Ad esempio, io ho iniziato piuttosto tardi, d’altro canto è vero che ho fatto tante esperienze che mi hanno aiutato molto e in definitiva mi sono sentita pronta più tardi.

Non c’è una formula corretta. Quello che posso dire è di scegliere una cosa perché sei appassionato dell’idea e perché continuerai a farla per tanto tempo, e anche nei giorni difficili devi andare avanti per passione: inseguire un’azienda e copiarla solo perché va bene e pensi di fare i soldi non è qualcosa di interessante.

Soprattutto, scegliti un team di co-founder in cui credi e che pensi siano complementari con te e le e tue capacità, perché da solo è difficilissimo. Inoltre cerca di individuare un gruppo di persone – chiamiamoli mentors, che possono essere anche altri imprenditori – che ti possano “coprire” durante il percorso.

E infine ricordati che riceverai un sacco di no, ma devi continuare dritto e spaccare i muri, come dicono alcuni, per raggiungere i tuoi obiettivi.

 

Andrea Eugenio Ramella

Studi economici all’Università Cattolica di Milano, alla Maastricht University ed esperienze lavorative in startup. In Yezers è Public Affairs Associate e nel founding team di AdVelo.

Samuel Carrara

È scientific project officer presso la Commissione Europea dove si occupa prevalentemente di industrial value chains per le tecnologie low-carbon. In Yezers è membro del board e responsabile editoriale.