Perché ai licenziamenti si deve rispondere con più politiche attive

scritto da il 21 Settembre 2020

Post di Cetti Galante, amministratore delegato di Intoo (Gi Group) –

Come far ripartire rapidamente le aziende e con loro le persone? Questo è il punto chiave della fase che stiamo vivendo.

Non è più sostenibile appoggiarsi alle sole politiche passive del lavoro e il blocco dei licenziamenti con alcune settimane di cassa integrazione sposta troppo i costi della crisi sulle aziende.

Tanti imprenditori non potendo rinunciare a qualche persona rischiano ormai di chiudere del tutto l’attività.

I licenziamenti che inevitabilmente arriveranno vanno, invece affrontati con un potenziamento delle politiche attive, rinnovando ed estendendo l’assegno di ricollocazione a tutti i disoccupati, prevedendo i servizi di accompagnamento al lavoro che attualmente non sono compresi nella misura e aumentando l’integrazione dei servizi pubblico-privati accogliendo nel sistema attuale – centri per l’impiego e agenzie per il lavoro – anche le società di outplacement che da 30 anni lavorano per supportare le persone a ritrovare lavoro.

Si alzerebbe il tasso di rientro nel mercato del lavoro attuale grazie a due caratteristiche intrinseche: tali società sono specializzate a supportare target complessi per età avanzata o livello alto in azienda e sono specializzate nella riconversione delle persone dai settori più in crisi a quelli più dinamici o su nuove strade, quali la creazione di impresa o l’avvio di una propria attività, soprattutto in territori con scarsa presenza di aziende.

Con un supporto personalizzato e intensivo che si focalizza sul potenziamento delle competenze si arriva all’obiettivo di riportare le persone nel mondo del lavoro. Lo dimostrano i numeri: l’80% delle persone affidate a Intoo – in media 2.500 l’anno – rientrano nel mercato del lavoro in circa 6 mesi, il 70% come dipendenti, il 35% direttamente a tempo indeterminato. In un caso su cinque, poi, si riesce anche ad avviare attività microimprenditoriali.

E le percentuali di successo non cambiano anche nei Paesi dove l’outplacement è obbligatorio e, dunque, la popolazione da supportare più ampia: in Francia dove una sola società può supportare anche 40.000 persone l’anno il tasso di rientro nel mercato è comunque vicino al 70%.

Questo è possibile perché nel percorso di outplacement si parte dalla persona, che viene affiancata da professionisti con esperienza in diversi settori e formati in modo specialistico per accompagnare le persone a riattivarsi, aggiornarsi dove necessario, imparare a farlo in modo continuo per realizzare i loro obiettivi personali e professionali, coniugandoli con le esigenze del mercato. Senza tralasciare nessuno dei candidati affidati, anche i più “deboli”, ma aiutando tutti a scoprire le proprie potenzialità e a colmare i propri eventuali gap di competenze per tornare a riproporsi sul mercato.

Con una precisazione: il processo di outplacement non è matching di posizioni disponibili. L’interazione continua e intensiva con la persona è fondamentale e la sua proattività è cruciale affinché trovi una nuova occupazione, dopo averlo supportato anche a preparare gli strumenti di comunicazione corretti con i diversi canali del mercato del lavoro – CV, ma anche canali social, networking e personal branding – e ad affrontare colloqui di lavoro con simulazioni e uso del web.

Occorre dunque la corresponsabilità del singolo a qualunque età e livello professionale nel restare attivo, formarsi e proattivarsi da subito nella ricerca del lavoro, senza adagiarsi sugli ammortizzatori sociali.

Il mondo del lavoro è cambiato, è più dinamico e flessibile e il lavoro non è solo quello a tempo indeterminato. Significa, quindi, accogliere anche la creazione di impresa, di cooperative, di start up o lavori da freelance, specialmente dopo i 50 anni.

Le aziende medie e piccole hanno bisogno di una struttura costi più leggera, di professionisti sempre aggiornati che offrono servizi e consulenze, di manager che possono portare valore anche in forme contrattuali nuove: il Fractional Executive è un esempio. In questo caso il Manager ha il vantaggio di lavorare per più aziende, con minore rischio di disoccupazione e l’impresa beneficia della circolazione delle idee.

Non c’è più tempo: bisogna avvalersi di tutti le migliori expertise pubbliche e private per favorire la proattivtià delle persone e l’occupazione a tutti i livelli, tenendo presente che lo scopo fondamentale del sistema pubblico deve essere quello di minimizzare i tempi di transizione da un lavoro all’altro, riducendo così la durata degli ammortizzatori passivi e facendo rientrare le persone più velocemente nel sistema contributivo.