Tre settori su cui investire tra rischio e opportunità dopo Covid-19

scritto da il 29 Ottobre 2020

Continuiamo a commettere lo stesso errore: sottovalutiamo l’importanza di assumere un approccio di risk management nella gestione del business e finiamo, nostro malgrado, ad occuparci inevitabilmente di crisis management. È proprio quello che stiamo vivendo oggi nel corso della pandemia da coronavirus.

Si sente parlare spesso di evento “cigno nero” quando ci si riferisce all’impatto da Covid-19, tuttavia preferisco definirlo evento “six-sigma” in quanto statisticamente definibile. Ma il vero punto non è la corretta definizione accademica, piuttosto come gli investitori possano orientare le proprie scelte in un contesto di così alta incertezza.

Fonte: Banca dati ASI - Prometeia

Fonte: Banca dati ASI – Prometeia

Prima di tutto occorre considerare che il mondo nel quale viviamo oggi è fortemente cambiato rispetto anche solo a pochi anni fa. Nella pianificazione strategica di un’impresa, così come nella definizione dell’asset allocation di portafoglio, occorre infatti considerare i “mega trend” e le interdipendenze tra i diversi global risks. Questo tema è stato più volte sottolineato da The Smart Institute nel report annuale “Global Risk Briefing Paper” per la business community.

Vignetta di Griwot

Vignetta di Griwot

Qui è importante evidenziare che i trend ed i cambiamenti che erano già in corso nel nostro sistema economico sono stati semplicemente accelerati dal covid-19. Partiamo dal quadro economico generale.

Contesto generale

Per leggere l’evoluzione del quadro economico è necessario prima capire come si diffonderà il contagio. Su questo punto a livello internazionale la risposta è stata verso la direzione giusta con un approccio data-driven, rendendo fin da subito disponibili dati giornalieri sull’evoluzione del coronavirus e sull’impatto nel sistema sanitario, da prima, e in quello economico poi, con riferimento ad ogni nazione. Tale disponibilità di dati ha permesso di realizzare numerose dashboard, chiamate anche “cruscotti” che hanno la funzione di rappresentare con grafici e statistiche di sintesi l’evoluzione del fenomeno al fine di consentire ai business decision-makers di definire le più opportune strategie d’azione. Eccone un esempio.

Tuttavia, quando si rappresentano i dati, si pone un problema comunicativo dato dalla differenza tra allarmare e comunicare, oltre a considerare il trade-off tra emergenza sanitaria e quella economica. Detto questo, l’andamento della curva dei contagi e le variazioni dei primi due trimestri del PIL italiano, in linea con i principali partner europei, tracciano una situazione critica. Il nostro Paese presenta una caduta meno intensa rispetto a Francia e Spagna poiché questo dipende dalla struttura economica dell’Italia con forte presenza della manifattura, mentre la componente dei servizi è stata la più colpita (in tutti i paesi). Nel terzo trimestre in corso si registrano segnali di ripresa sul fronte degli ordinativi e produzione ma il vero rischio risiede sull’incertezza nell’andamento del quarto trimestre e sulle ipotesi di eventuali lockdown. Da un recente report di Prometeia si stima che una settimana di lockdown costi circa 3 punti di PIL. Le ipotesi di lockdown selettivi sono al vaglio delle istituzioni, l’impatto dipenderà da dove effettivamente saranno imposti. Lockdown locali su parti della Lombardia, parti dell’Emilia Romagna così come parti del Veneto comporterebbero blocchi di intere filiere produttive che sarebbero uguali, per effetti economici, ad un lockdown totale.

Risulta fondamentale non ammazzare la timida ripresa che abbiamo visto pian piano prendere corso. La componente che soffre su tutti i comparti è quella degli investimenti ed è quella più preoccupante. A tal proposito è indispensabile generare un’inversione di tendenza lungo tutti i comparti, per questo servono politiche d’intervento e di stimolo all’economia. In ottica di business ci interessa capire quale comportamento tattico adottare anche solo per sopravvivere nei prossimi 2-3 mesi, sempre all’interno di un quadro strategico di ampio respiro sui prossimi 5 anni.

Piano strategico e tattico

E’ fondamentale capire cosa succederà tra 2-3 mesi e come questo possa svilupparsi nella testa dei consumatori. L’evoluzione pandemica, a livello di impatto sui consumi, può articolarsi in tre fasi.

(1) Fase di emergenza: consumatori spiazzati, chiusi in casa, tendono a privilegiare alimentari e sanità (i c.d. consumi incomprimibili).

(2) Fase di gestione: quanto si può consumare fuori casa? Quale tipo di mobilità? Importanti impatti su tutto quello che afferisce al distanziamento sociale (es. consumi nel tempo libero, intrattenimento e sport).

(3) Fase di superamento: nel post-Covid, dopo il vaccino. Il coronavirus avrà avuto tempo di impattare nelle abitudini di consumo, quali saranno i cambiamenti permanenti nella testa dei consumatori? Quale sarà l’industria del futuro?

Dove investire

Quali settori impattati dal periodo del Covid-19 saranno capaci di riprendersi?

Pensiamo al settore Moda ed accessori, il cui consumo viene considerato inutile in un momento di crisi, tornerà a crescere con un mindset più attento all’ambiente dove sarà premiato un ciclo produttivo pulito (green) più attento ai principi ESG. Il fenomeno fast-fashion come Zara viene ora visto come tanta produzione che quindi inquina, per cui meglio meno magliette ma più di qualità. Questo potrebbe peraltro premiare il produttore italiano. Sicuramente c’è un’attività di education da fare ma tuttavia il footprint green rappresenta una tendenza irreversibile.

Anche le scelte di mobilità familiare cambieranno, improntate ad un consumo responsabile.

Alcuni settori, inoltre, cambieranno pelle. Pensiamo a quello dei trasporti. Con il Covid-19 non si vola, non si va in crociera e si prende poco il treno, almeno rispetto agli anni scorsi. Questo ha un impatto importante in quanto flotte a terra significa non effettuare manutenzioni, rimandare ordini di nuovi aerei (che hanno uno sviluppo medio di 30 anni), insomma tutta una filiera molto lunga (non solo di servizi) viene impattata con effetti economici generali molto pesanti. Anche nel 2001, dopo l’11 settembre ci fu forte diminuzione dei passeggeri sui voli, da quella crisi ci fu una riorganizzazione con la nascita delle compagnie low-cost. Le occasioni di nuovi business si creano anche dalle crisi.

Certamente alcuni settori saranno destinati a morire del tutto. Pensiamo in passato all’industria del VHS e quella più recente del DVD. Il periodo del Covid-19 ha dato un’accelerata all’industria dello streaming, ancora una volta, tendenza che era già in corso e che è stata amplificata.

Sul futuro tutto dipenderà da come i consumatori decideranno di comportarsi nella fase 3. L’esito economico sarà riflesso dalla combinazione di quello che il mercato richiede e di quando le imprese riusciranno ad essere efficienti ed innovare in quel mercato.

I settori del futuro

Il focus principale rimane l’affidabilità delle imprese. Il calo di redditività delle nostre PMI, secondo un recente report di Prometeia, è stato trasversale a tutti i settori e, sebbene nel 2022 si stima che i livelli di attività non raggiungeranno quelli del 2019, è ragionevole attendersi uno spostamento per classi di rischio (di imprese) sia tra settori sia all’interno degli stessi. L’impatto del peggioramento del quadro economico sulle imprese è stato mitigato dalle ampie misure di sostegno messe in atto dai governi europei. Tuttavia, se la variazione della rischiosità delle PMI nel 2020 sarà più contenuta rispetto alle crisi precedenti, questo potrebbe fortemente cambiare già nella prima metà del 2021 quando verranno meno gli ammortizzatori sociali attivati. Certo, molto dipenderà dal corso della pandemia e da come il Governo sarà capace di gestire questa seconda ondata e di prepararsi ad eventuali nuove ondate in futuro, però, come detto in apertura, continuiamo a commettere lo stesso errore: l’incapacità di un sistema di tracciamento efficace, i numerosi ritardi su larga scala – dalla fornitura di vaccini antinfluenzali all’avvio di bandi per il potenziamento dei servizi pubblici come il trasporto – aumentano il livello di rischio.

Ma veniamo alle PMI. Si è già accennato al ruolo della green economy, fenomeno avviato ben prima della pandemia ed ora in accelerazione. Nel settore “tempo libero” un esempio virtuoso viene dalla famosa linea di zaini Seven-Invicta che adottano tessuti green, così come dall’applicazione di energie rinnovabili alla mobilità ed alle infrastrutture energetiche, settore strategico per il futuro.

Le scelte effettuate dalle imprese nel “pre-covid” ne hanno determinato il loro posizionamento durante il periodo di pandemia. Chi ha investito in innovazione e digitalizzazione, in particolare in IoT e 5G, si è ritrovato in una posizione competitiva, come il caso di Labware, azienda italiana, unica che consente l’assistenza remota, dunque senza richiedere l’intervento di una persona fisica, ai propri dispositivi POS e registratori di cassa intelligenti per gli esercizi commerciali.

5g_evolution

L’innovazione, inoltre, riguarda anche il sistema finanziario. Cosa si deve fare per rispondere a queste esigenze caratterizzate da una domanda crescente di velocità e specializzazione che viene da imprese e privati? È necessario modificare il tipo di relazione da contrapposizione a collaborazione: ecco perché fintech e l’insurtech rappresentano una risposta vincente alla domanda della clientela.

L’Europa è un continente che invecchia e il Covid-19 richiama la necessità di pensare al wellness, dunque al benessere della persona: in questo settore ci sono innumerevoli opportunità di investimento. Pensiamo ad esempio all’applicazione di tecnologie a servizio di consumatori anziani, comandi vocali senza dover toccare superfici, le applicazioni possibili sono innumerevoli.

La capacità di cogliere il cambiamento e investire in tecnologia paga sempre.

Se i principali settori su cui puntare sono quelli della green economy, digitalizzazione e wellness, il successo si basa sulla competenza. Proprio Covid-19 ci insegna che le competenze sono importanti. Per un “problema” serio servono persone competenti. In azienda è lo stesso, ecco che competenze di risk management costano di più ma generano più profitto nel medio termine.

La competenza è uno dei temi centrali e lo sarà anche in futuro. Normalmente dovrebbe essere vissuto dalle aziende come elemento fondamentale per la creazione di valore attraverso una gestione dei rischi che accompagni gli investimenti verso l’assunzione di “good risks” che presentano un ottimo rapporto rischio-rendimento. Invece, sbagliando, nelle aziende industriali viene vissuto come vincolo e non come opportunità.

Conclusioni

Le stime di ripresa del PIL nel 2021, effettuate dai principali centri studi, appaiono oggi fortemente a rischio. Principalmente poiché il grosso errore del nostro paese è la mancanza di una classe dirigente in grado di incidere opportunamente, di creare quelle certezze necessarie per la ripresa degli investimenti e dei consumi. È proprio una generale mancanza di una cultura del rischio e della competenza, per questo il nostro Paese non è stato in grado di programmare in passato.

La sfida corrente dettata è dalla domanda. La risposta non può essere la gestione del rischio sulla carta con sistemi burocratici di responsabilità incrociata.

Twitter: @pasqualemerella