La politica monetaria con una moneta digitale: un’analisi di costi e benefici

scritto da il 12 Novembre 2020

L’autore di questo articolo è Pierpaolo Benigno, professore di macroeconomia monetaria all’Università di Berna nonché fellow all’Einaudi Institute for Economics and Finance (EIEF) e del Center for Economic and Policy Research (CEPR) – 

Il sovranismo monetario, cioè la circolazione di una sola moneta all’interno dei confini di una nazione, è un fenomeno relativamente recente. Nella storia economica si enumerano tanti episodi di coesistenza fra monete di diversa origine e conio. La storia sembra ripetersi. La recente rivoluzione digitale rappresenta un’importante minaccia al dominio delle monete governative. Dall’invenzione del Bitcoin, circa un decennio fa, si sono moltiplicate le monete puramente virtuali.

Le banche centrali hanno accolto la sfida e stanno studiando l’introduzione di una moneta digitale governativa. Non è una sfida da sottovalutare per almeno due ordini di motivi. Emettere moneta è un’attività profittevole. Quando circolavano monete d’oro o coniate con altri metalli preziosi, il signoraggio non era altro che il diritto del “signore” a sottrarre parte del contenuto prezioso della moneta a fronte della garanzia di certificarla con il suo stampo. Oggi, il signoraggio delle banche centrali è rappresentato dai profitti, anche considerevoli, che si ottengono investendo in attività finanziarie a maggiore rendimento a fronte dell’emissione di moneta e riserve. Il secondo motivo per cui è importante raccogliere questa sfida è nel preservare il ruolo che le banche centrali hanno nello stabilizzare le fluttuazioni economiche e nel mantenere la stabilità finanziaria del sistema. I recenti interventi per affrontare lo choc pandemico sono testimonianza della rilevanza di questo ruolo. Se una moneta esterna soppiantasse completamente quella governativa, non sarebbe chiaro chi, come e in relazione a quali obiettivi potrebbe svolgere questo compito.

Entrare quindi nel mercato della moneta digitale è una ragione di esistere per una banca centrale, ma non è neanche una novità. Attualmente le riserve che le banche commerciali detengono presso la banca centrale sono un esempio di moneta digitale. Si tratta quindi o di creare una moneta digitale anonima che sostituisca le monete metalliche e banconote oggi circolanti, oppure di rendere disponibile al grande pubblico la possibilità di depositare i propri risparmi presso la banca centrale, anche a fronte di una remunerazione. Il punto è capire come potrebbe cambiare la gestione della politica monetaria.

Euro Currency Money Symbol Icon Sign. Business Finance Concept.

Aprire i depositi della banca centrale al grande pubblico creerebbe immediata competizione con i depositi bancari. Da un lato, i depositi dei cittadini presso la banca centrale sarebbero privi di alcun rischio: la banca centrale non è mai soggetta ad alcuna corsa verso gli sportelli. Dall’altro lato, gli intermediari finanziari potrebbero comunque competere con la banca centrale remunerando i depositi a tassi più elevati o offrendo servizi accessori. Rimarrebbe comunque il rischio che le banche siano costrette a ridurre i propri investimenti, data la minore domanda di depositi. L’intermediazione del credito verso le imprese e famiglie si potrebbe contrarre con effetti recessivi sull’economia. La stessa competizione per i depositi, se portasse ad una maggiore remunerazione di quelli bancari, si traslerebbe anche in linee creditizie più care che a loro volta porterebbero a minori prestiti e investimenti privati. La banca centrale potrebbe in questo caso intervenire offrendo liquidità alle banche anche a lungo termine al fine di supplire alla carente raccolta di depositi bancari.

Il problema principale è però nella stabilità del sistema finanziario. In caso di crisi come quella del 2007, ci sarebbe una fuga dai depositi detenuti presso gli intermediari finanziari verso la banca centrale, e quindi si scatenerebbe una severa crisi di liquidità. In questo caso, la banca centrale dovrebbe agire prontamente come prestatore di ultima istanza. La frequenza di questi interventi potrebbe anche incrementare, se il sistema bancario si spingesse a prendere maggiori rischi confidando nel salvataggio governativo, caso tipico di azzardo morale.

Un ulteriore fattore da tenere in considerazione è la potenziale crescita del bilancio della banca centrale che, a fronte dei nuovi depositi, dovrebbe effettuare altrettanti investimenti, non solo in titoli di stato ma anche in attività finanziarie private più rischiose. In questo caso, e anche solo implicitamente, andrebbe ad assumere un ruolo da grande intermediatore finanziario e influenzerebbe direttamente i corsi di un numero maggiore di attività finanziare, rendendo quindi più efficace il meccanismo di trasmissione. Tutto ciò comporterebbe maggiori rischi che tuttavia non intaccherebbero la sua solvibilità. dal momento che una banca centrale non va mai in bancarotta. Le eventuali perdite potrebbero tuttavia avere ripercussioni sul controllo dell’inflazione.

Solo costi quindi? No, ci sono anche dei benefici. Tramite l’accesso ad una platea più ampia di depositanti, la banca centrale avrebbe un maggiore controllo sul meccanismo di trasmissione della politica monetaria agendo sul tasso sui depositi, naturalmente con i cavilli sopra evidenziati di una trasmissione più restrittiva attraverso il canale creditizio.

Un ulteriore vantaggio è quello di infrangere la barriera dei tassi a zero, che è una delle ragioni per le quali le banche centrali hanno dovuto ricorrere a interventi non convenzionali. Nel caso in cui la nuova moneta digitale assumesse la forma di depositi remunerati presso la banca centrale detenuti dai cittadini, e la moneta fisica scomparisse completamente, sarebbe anche possibile remunerarli a tassi negativi e quindi si avrebbe maggior margine di manovra per politiche di stimolo all’economia, tanto necessarie oggi.

Considerato tutto, non deve quindi sorprendere che le banche centrali non siano ancora scese in campo con la loro moneta digitale. Tuttavia, l’allerta è massima per non rischiare di essere tagliati fuori dai prossimi sviluppi nei sistemi dei pagamenti.

Twitter: @PierpaBenigno