Lo strano caso Unicredit, tra banca di sistema e banca di mercato

scritto da il 01 Dicembre 2020

Di fronte al successo dell’offerta di acquisto da parte di Intesa Sanpaolo su UBI banca a fine luglio avevo parlato proprio su questo blog di una differenza culturale tra Banca di Sistema e Banca di Mercato mettendo a confronto le strategie divergenti dei primi due gruppi bancari del paese.

Questa chiave di lettura mi sembra utile ed efficace per leggere la decisione dell’amministratore delegato di Unicredit, Jean Pierre Mustier di lasciare l’istituto al termine del proprio mandato il prossimo mese di aprile.

Quale banchiere italiano, cresciuto ben inserito e nel “sistema” avrebbe osato resistere ad un’ “offerta che non si può rifiutare” per accollarsi quel gran pezzo di una banca del Monte dei Paschi di Siena previo scudo dal rischio di contenzioso (9 miliardi di richieste contro 1 di accantonamenti), aumento di capitale (stimato prudenzialmente tra 1,5 e 2 miliardi) e con l’aggiunta di un bel beneficio fiscale (circa 3 miliardi di Defrerred Tax Asset) fresco di legge finanziaria?

Sicuramente nessuno. Ne consegue che, come si fa con un corpo estraneo il sistema immunitario del capitalismo politico-corporativo nostrano ha provveduto ad espellere il pericoloso virus della logica di mercato che il perfido manager francese minacciava di voler diffondere al di qua delle Alpi. Un segnale forte, per marcare il territorio e ribadire che le banche sono “cosa nostra” e che in questa congiuntura straordinaria, avversa a tutti tranne che che ai politici è appunto il primato della politica a dettare l’agenda.

Ma fuori dalle opinioni, ideologie e narrazioni nazional-populiste proviamo a guardare semplicemente ai fatti alla luce della dicotomia culturale  tra banca di sistema vs banca di mercato. Della prima ho già scritto in questo post evidenziando come la scelta di rafforzarsi in casa e compiacere il governo locale vince di sicuro nel brevissimo termine, ma lascia molte sfide di medio periodo che si avvicinano a velocità crescente e che avranno carattere tecnologico, organizzativo e globale.

Parliamo dunque della banca di mercato voluta da Mustier, al quale è stato consentito un certo margine di manovra anche per il carattere sistemico dell’istituto di Gae Aulenti che andava messo in sicurezza con mezzi propri posto che un eventuale dissesto sarebbe stato  “Too Big to handle” non solo per l’Italia, ma per tutta l’Unione Europea, che non può permettersi il rischio di reazioni a catena.

Il manager francese ha smaltito gli attivi tossici, nella forma essenzialmente di crediti deteriorati, ereditati dalle gestioni precedenti e lo ha fatto senza sconti o aiuti di stato, raccogliendo capitali sui mercati e sacrificando partecipazioni di valore come Fineco e Bank Pekao. Ha imboccato la via più stretta e impervia del risanamento interno affrontando di petto e senza esitazioni il dilemma sconveniente tra trasformazione ed estinzione che attende tutti i frequentatori dei salotti italici quando i soldi dei contribuenti e la pazienza dei regolatori cominceranno a scarseggiare.

Ma forse si è spinto troppo in là quando ha avuto l’ardire di mostrare a tutti che non solo i vestiti nuovi dell’imperatore non esistono, ma che altresì il corpo del sovrano è orrido e deforme: la creazione di valore per gli azionisti, ottenibile dividendo le attività italiane da quelle estere e quotandole separatamente è stata stimata nell’ordine di 3 miliardi di euro che sarebbero potuti diventare 5 con l’aggiunta di qualche aggregazione al di là delle Alpi.

Lasciamo ai feticisti del pettegolezzo le congetture su quale sia stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso limitandoci a osservare una correlazione con la nomina a presidente di Pier Carlo Padoan e le necessità impellenti del governo italiano di scaricare la patata bollente di MPS, senza azzardare alcun nesso di causa effetto.

È più utile forse limitarsi alle considerazioni di carattere culturale:

Mustier ha individuato un percorso chiaro per affrontare le sfide di un settore critico come quello dell’intermediazione finanziaria stretto tra il martello della politica e della regolamentazione e l’incudine di un mercato in piena trasformazione. Finché gli è stato consentito ha portato avanti con successo un progetto che aveva obiettivi trasparenti e una logica solida e fondata sui risultati.

Con la sua uscita forse Unicredit, presieduta da un ex ministro, si farà carico di alleggerire il governo del peso di MPS. Quale sarà il destino del nuovo “animale fantastico” nato dall’aggregazione della banca più antica con quella che poteva essere la più innovativa lo scopriremo solo vivendo.

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