Omaggio a Giordano Zucchi, imprenditore tenace e determinato

scritto da il 05 Dicembre 2020

Pochi giorni fa ci ha lasciato Giordano Zucchi, classe 1928, imprenditore tenace, vigoroso, determinato. In un bel necrologio sul Corriere della Sera è stato definito come “patriarca di grande umanità”.

Dopo aver preso la guida della Zucchi S.p.A. giovanissimo (nel 1953, a soli 25 anni), a seguito della morte del padre Vincenzo, fondatore, Giordano Zucchi – insieme ai fratelli Manlio e Rolando – è riuscito a far crescere il gruppo fino a diventare il maggiore produttore di biancheria per la casa in Europa con 1.700 dipendenti. Che tempi quelli del boom economico! Seguì la quotazione del Gruppo Zucchi alla Borsa di Milano nel 1982, e successivamente nel 1986 avvenne l’acquisizione della Bassetti, storica rivale.

Per quasi 60 anni alla guida del gruppo Zucchi, bocconiano dell’anno nel 1988, Cavaliere del Lavoro, membro del Consiglio Superiore della Banca d’Italia a Roma e Presidente del Consiglio di Reggenza della sede di Milano, una vita ai massimi livelli. Deve essere stato terribile per Zucchi vedere il proprio gruppo disgregarsi e dissolversi davanti alla feroce concorrenza mondiale, alla globalizzazione imperante. Valgono per Giordano Zucchi le parole notevoli di Rudyard Kipling, che nel 1895 scrisse la poesia “If” dedicandola al figlio: “Se saprai confrontarti con il Trionfo e la Sconfitta/E trattare allo stesso modo questi due impostori, sarai un Uomo, figlio mio”.

Il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco nelle sue più belle Considerazioni finali (2013) rimarcò l’incapacità del Sistema Italia di rispondere alle straordinarie sfide mondiali: “Non siamo stati capaci di rispondere agli straordinari cambiamenti geopolitici, tecnologici e demografici degli ultimi venticinque anni. L’aggiustamento richiesto e così a lungo rinviato ha una portata storica; ha implicazioni per le modalità di accumulazione del capitale materiale e immateriale, la specializzazione e l’organizzazione produttiva, il sistema di istruzione, le competenze, i percorsi occupazionali, le caratteristiche del modello di welfare e la distribuzione dei redditi, le rendite incompatibili con il nuovo contesto competitivo, il funzionamento dell’amministrazione pubblica. È un aggiustamento che necessita del contributo decisivo della politica, ma è essenziale la risposta della società e di tutte le forze produttive”. Con i grandi gruppi dissolti o in mani estere, ci rimangono le multinazionali tascabili, fiore all’occhiello dell’Italia migliore. Come ha affermato lo storico Giuseppe Berta, l’imprenditoria italiana è vissuta tra le stelle e le stalle: “L’elemento del dinamismo convive con il ripiegamento, sono quasi inscindibili. Innovatori e restauratori sono quasi due facce della stessa medaglia”.

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Giordano Zucchi, gran giocatore di scacchi, credeva in quello che faceva, amava i tessuti e il mondo della produzione. Ancora oggi la Zucchi conserva infatti la più grande collezione al mondo di blocchi per stampa a mano su tessuto, raccolta nella Zucchi Collection of Antique Handblocks, un inestimabile patrimonio artistico di ben 56.000 pezzi che, in 12.000 disegni, raccontano l’evoluzione del gusto e della cultura dell’ornamento in un arco temporale che va dal 1785 al 1935.

Dal 1993 al 1999 Zucchi è stato presidente dell’Associazione per il Progresso Economico (APE, citata anche da Guido Piovene nel “Viaggio in Italia”), storico luogo associativo fondato ne 1961, insieme ad altri membri della comunità industriale e finanziaria milanese, dall’allora sindaco di Milano Gino Cassinis (socialdemocratico, propulsore del centro-sinistra) – in precedenza Rettore del Politecnico – che governò la città con assessori del calibro di Piero Bassetti e di Bettino Craxi (allora interessatissimo al destino delle periferie). Bassetti mi ha raccontato di recente di aver portato a New York Cassinis (che non parlava inglese) al fine di convincere i banchieri americani a finanziare il Comune e i suoi progetti. Da vincitore di una borsa Stringher (dal nome del primo governatore della Banca d’Italia Bonaldo) Bassetti aveva la competenza e la determinazione per ottenere il massimo per una città volta al futuro come Milano.

Negli anni Cinquanta, davanti alle insistenze di Luigi Einaudi affinché entrasse nell’Accademia dei Lincei, l’allora Governatore della Banca d’Italia Donato Menichella declinò perché voleva garantire agli eventuali critici di poterlo fare liberamente. Come dire, solo dagli stimoli franchi e costruttivi, possiamo fare dei passi in avanti. Riccardo Bacchelli nelle “Notti in via Bigli” riportava il pensiero mirabile di Raffaele Mattioli: “Perché devo pagare uno che la pensa come me?” E Menichella alla fine della missiva suggerì a Einaudi di candidare, tra gli altri, all’Accademia dei Lincei Paolo Baffi e Gino Cassinis.

È un onore per me oggi presiedere pro-tempore l’Associazione per il Progresso Economico, che negli anni della presidenza Zucchi ospitò due presidenti del Consiglio – Silvio Berlusconi e Romano Prodi -, Carlo Azeglio Ciampi, allora ministro del Tesoro, Tommaso Padoa-Schioppa, nel Direttorio di Bankitalia. Oltre al politologo Giorgio Galli, a Umberto Veronesi, al fondatore della Sda Bocconi Claudio Demattè (con il quale mi sono laureato, e il presidente della Commissione di laurea era Tancredi Bianchi, scomparso anche lui qualche giorno fa), che raccontò il suo anno alla presidenza della RAI, Pietro Marzotto, Francesco Cingano, banchiere di vaglia che intrattenne l’uditorio con una relazione dal titolo emblematico: “Ma è tutta colpa delle banche?”, Gillo Pontecorvo, il premio Nobel per la Medicina (1975) Renato Dulbecco. Che parterre de roi! E Giordano Zucchi, col sigaro in mano, coordinava i lavori e stimolava i soci dell’APE da uomo di mondo quale era.

Caro Giordano, ti sia lieve la terra.

Twitter @beniapiccone