Covid, continuità e bilanci: gli strumenti a disposizione delle imprese

scritto da il 04 Febbraio 2021

In un recente post, abbiamo indagato il rapporto Banca-impresa in questo particolare frangente dato dalla pandemia, partendo da un’indicazione della vigilanza della BCE che invitava le banche a considerare correttamente le loro posizione di credito verso le imprese senza attendere troppo “per fare emergere” sofferenze.

Oggi invece andiamo ad indagare un tema connesso, ma di diverso genere, che però può avere legami piuttosto stretti con il rapporto fra l’impresa ed i suoi finanziatori, in questo momento molto particolare: stiamo parlando delle valutazioni che gli amministratori dovranno fare in sede di bilancio al 31/12/2020, sulle perdite che ne dovessero emergere e sulla continuità aziendale dell’impresa.

L’esercizio 2020 naturalmente è colpito in maniera devastante dall’emergenza epidemiologica, che con il primo lockdown di aprile e maggio e poi di nuovo a fine ottobre con la seconda serie di importanti restrizioni ha modificato pesantemente le nostro vite, e inciso sulle performance aziendali in molti settori; la speranza è che il 2021 apra la strada ad una normalizzazione: dopo l’inizio delle vaccinazioni e la prospettiva di provare a creare condizioni più favorevoli per infliggere a questo virus il colpo definitivo che lo farà passare – speriamo – nel cassetto dei (brutti) ricordi.

La messe di provvedimenti vòlti a contrastare l’emergenza, che ha riguardato molti aspetti della vita delle imprese (dalle misure per la liquidità, al tema dei ristori), ha visto diversi interventi che riguardano anche un aspetto importante nella vita di ogni impresa, che è la redazione del bilancio di esercizio, primario strumento di rappresentazione dei dati aziendali e quindi di trasparenza e comunicazione al pubblico dei propri dati economico-finanziari (parliamo naturalmente di società di capitali), nonché sede ideale per fornire al pubblico le informazioni necessarie al fine di un corretto apprezzamento sulla solidità patrimoniale, oltre che economico-finanziaria, delle imprese (tema che talvolta assume anche rilievo normativo, come vedremo).

Da questo punto di vista il legislatore, con vari provvedimenti, ha voluto sostanzialmente creare una sorta di “bolla temporale” all’interno della quale operare al fine di lenire – ove possibile – gli effetti, ovviamente devastanti per molti settori, della pandemia. Questa “bolla” arriva fino al 31/12/2020 e possiamo ora concentrarci proprio su questa data, che convenzionalmente rappresenta la chiusura dell’esercizio per la gran parte delle imprese.

La postergazione dei finanziamenti Soci, la possibilità di ridurre gli ammortamenti (in seguito al supposto minor utilizzo delle immobilizzazioni aziendali), o di procedere a rivalutazioni di particolari assets, sono tutti provvedimenti che vanno nella direzione di sostenere il patrimonio netto e in generale la capitalizzazione delle imprese; ma sono stati attivati provvedimenti ancora più incisivi che riguardano una fattispecie specifica, regolata per le S.p.A. dagli articoli 2446 e 2447 del codice civile, e riguardante il tema dell’erosione del capitale sociale della società sotto il terzo (2446) e sotto il minimo legale (2447).

In questi casi, la normativa pone in capo agli amministratori ed ai soci precisi obblighi: in entrambi i casi i primi devono “senza indugio” convocare i soci per le necessarie deliberazioni, ma se nel primo caso (2446) la norma concede un anno di tempo per reintegrare il capitale sociale eroso oltre il terzo, nel secondo (2447) è prevista la ricostituzione immediata del capitale sociale oltre il minimo di legge, pena lo scioglimento della società (cioè la sua messa in liquidazione).

Sostanzialmente, la ratio di queste disposizioni è diretta a monitorare la dotazione di capitale sociale dell’azienda, ed in senso più lato la sua patrimonializzazione, come elemento di garanzia dei terzi, in particolare dei creditori sociali, ma in generale di tutti gli stakeholders.

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Ebbene, la legge di Bilancio 2021 ha modificato le disposizioni in questa materia, stabilendo un principio molto forte: per i bilanci degli esercizio chiusi fra l’8/3 ed il 31/12/2020 – ma diciamo per comodità quelli chiusi al 31/12/2020 – non opereranno le cause di scioglimento previste dal 2446 e 2447, e le perdite che determinano queste situazioni potranno essere coperte entro il quinto anno, quindi entro l’approvazione del bilancio 2025.

Pertanto, il legislatore ha creato le condizioni per sterilizzare le perdite che si sono create nel periodo “incriminato” dell’outbreak della pandemia, laddove queste portassero alla perdita del capitale. Il senso ci pare chiaro: se tu società perdi il capitale a causa di una situazione del tutto particolare (e comunque temporanea) non è corretto, e sarebbe dannoso per il tessuto economico e sociale, che il complesso aziendale di cui disponi venga perso e la società venga sciolta.

Questo concetto, che si inserisce nel solco di molte altre norme che hanno lo stesso significato di considerare l’eccezionalità della situazione generale che si è venuta a creare, necessità però di qualche commento ulteriore che afferisce al tema generale della cosiddetta “continuità aziendale”: le norme citate infatti riguardano l’aspetto prettamente civilistico di un fenomeno, il conto economico in perdita, che talvolta (diciamo pure spesso), può determinare sofferenze a livello finanziario; in altre parole, l’impresa che magari ha registrato rilevanti perdite a conto economico a causa del COVID, e a causa di queste perdite versa in una condizione critica a norma degli articoli 2446 o 2447, può certamente sterilizzare tali perdite e rinviarne la copertura, ma non per questo non deve valutare il permanere della propria prospettiva di continuità aziendale, tema sul quale avrà peraltro il doveroso monitoraggio degli organi di controllo (su questo si veda il dettato dell’art. 2086 del codice civile).

Quindi, fermo che le perdite del 2020 possono non rappresentare un “problema” perché di natura eccezionale, gli amministratori devono comunque porsi rilevanti domande sulla capacità prospettica di far fronte con regolarità ai propri impegni; di avere un modello di business in grado di proseguire con regolarità anche di fronte alla pandemia; di avere risorse finanziarie per far fronte con sufficiente puntualità ai propri impegni.

Si sa, le crisi sfociano in procedure concorsuali (quelle che spesso abbiamo definito la “morte” per le aziende) per problemi di carattere finanziario (mancano i soldi) e quasi mai per motivazioni prettamente patrimoniali (l’accumulo di perdite): ecco perché le valutazioni degli amministratori che ricorrano alle norme emergenziali Covid non devono fermarsi al mero dato statico, ma proiettarsi alla sostenibilità futuro del business aziendale.

A questo riguardo, può essere interessante la prospettiva fornita da un articolo di Dario Di Vico su L’Economia del Corriere della Sera del 25 gennaio, dove si sono commentati i dati dell’ABI sui saldi di tesoreria nelle imprese italiane, cresciuti nel corso del 2020 di oltre 56 miliardi, in corrispondenza all’incremento delle posizioni a debito. La lettura che ne viene data è duplice: da una lato pare probabile che le aziende abbiano fatto ricorso agli strumenti del Decreto Liquidità andando anche, probabilmente, a rinegoziare vecchie posizioni, e dall’altro esse hanno riempito il serbatoio con “carburante” finanziario pronto per (sperabilmente) finanziare futuri programmi di investimento o comunque per sostenere il proprio business senza problemi nel percorso di uscita dalla crisi pandemica: ciò, con ogni probabilità, aiuterà a rispondere positivamente alle domande che abbiamo poc’anzi formulato.

In altre parole quindi, anche lo strumento della copertura delle perdite entro 5 anni è un provvedimento a disposizione degli amministratori e manager delle aziende, che però non deve mai prescindere da un’analisi attenta delle prospettive a medio termine del business della singola impresa: puoi stare sul mercato? Hai un modello di business che tiene, al di là della disgraziata congiuntura pandemica? Hai un conto economico in ordine, che dopo i colpi dati dal virus potrà tornare a garantire la necessaria redditività? Hai risorse finanziarie sufficienti a superare il momento di difficoltà? Le risposte a queste domande sono quelle che potranno orientare gli amministratori, ed il loro dialogo con gli organi di controllo della società, in questi delicati frangenti.

Un’ultima necessaria prospettiva da tenere in conto ci porta al nuovo Codice della Crisi e dell’Insolvenza, che doveva entrare in vigore lo scorso settembre e la cui entrata in vigore è stata rinviata a settembre 2021: senza ora voler ripercorrere le importanti novità che la nuova disciplina introdurrà, ci vorremmo soffermare sulle famose, o meglio famigerate, “procedure di allerta” (ne abbiamo discusso qui), cioè le segnalazioni che gli organi di controllo o alcuni creditori qualificati possono sollevare in merito alla non rispondenza delle aziende a determinati ratios: chiaramente, qualora fosse confermata l’entrata in vigore di questa disciplina in settembre, si porrebbe il problema di coordinare la presenza di società che hanno ricorso alla sospensione della copertura delle perdite di cui abbiamo parlato, con il fatto che con ogni probabilità esse potrebbero essere soggette a segnalazioni in termini di allerta, con le conseguenze del caso (cioè gestione endogena o il ricorso agli Organismi di Composizione della Crisi – OCRI).

È possibile che intervenga un altro rinvio, con la stessa ratio che aveva portato al precedente, che fu quella di non andare a introdurre nuovi meccanismi di gestione della crisi proprio in un momento in cui, purtroppo, anche le aziende più sane devono fare i conti con una disruption così evidente in termini esogeni.

Vedremo come si comporrà il quadro di queste problematiche nella stagione di bilanci aziendali che si aprirà in primavera: quel che è certo è che mai come ora sarà necessaria una fattiva collaborazione, nel rispetto dei ruoli di ognuno, fra gli amministratori ed i manager, i loro consulenti e gli organi deputati al controllo.

Twitter @dorinileonardo

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Per un approfondimento si vedano gli articoli apparsi a pagina 21 de Il Sole-24 Ore del 25/1/2021