Sorpresa, la pandemia non ha pesato sui conti con l’estero. Ecco perché

scritto da il 24 Febbraio 2021

Esattamente un anno fa si è capito che la pandemia da SARS-CoV-2 aveva già diffusamente preso piede in Italia. Alle necessarie misure di contrasto della diffusione del virus si sarebbero associati ingenti danni all’economia di questo Paese. Anche gli scambi con l’estero ne sarebbero stati pesantemente colpiti. La chiusura delle imprese, il calo della domanda estera di beni, l’arresto dei flussi turisti, di studio e di lavoro, faceva pensare vari osservatori che ci sarebbe stato un impatto devastante sul saldo estero di un Paese aperto al mercato estero come l’Italia, che in questi anni, sfruttando le proprie caratteristiche strutturali ed anche una massiccia dose di compressione della domanda interna, era riuscito a portarlo tra i più elevati al mondo.

I dati diffusi la settimana scorsa da Banca d’Italia hanno invece certificato che nel 2020 caratterizzato dalla pandemia i conti con l’estero non solo hanno tenuto, ma sono addirittura migliorati. Un risultato che risalta ancor più alla luce di quello che hanno fatto le altre grandi economie della zona euro, tutte con il saldo di partite correnti in calo; con la Francia che con un deficit superiore ai 53 miliardi di euro (rispetto al passivo di circa 13 miliardi del 2019) è quella che ha fatto peggio.

Cosa ha contribuito a questo risultato per molti versi sorprendente? Per scoprirlo dobbiamo analizzare come si è andato componendo questo saldo all’interno di ognuna delle sue 4 macro-componenti (fig.1).

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Fig.1: Componenti del Partite Correnti dell’economia italiana dal 2015 al 2020. Fonte dati Banca d’Italia

Il saldo del conto Merci, quello in cui si registrano gli scambi di beni, ha per la prima volta nella storia superato i 65 miliardi di euro. Questo risultato è frutto di un calo nel livello delle importazioni più che proporzionale rispetto a quello delle esportazioni. A fronte di un calo di 44 miliardi dell’export rispetto al 2019 (-10%), l’import è calato molto di più, di quasi 53 miliardi (-13%). Il più forte calo di import si è registrato nei prodotti petroliferi che, complice il basso prezzo del petrolio, è sceso di oltre il 40%, e nei mezzi di trasporto, sceso del 24%.
Il saldo nell’interscambio di servizi è peggiorato invece di circa 5 miliardi, passato da un deficit di 1,7 del 2019 a quasi 7 nel 2020. La voce viaggi, in cui è ricompreso il settore turistico in generale, è la categoria che ha subito di più, con un saldo che, pur rimanendo positivo, ha perso 9,3 miliardi. Come è facile immaginare, sono fortemente calate sia le spese fatte dagli stranieri in Italia (-26,8 miliardi, -61% sul 2019), che quelle degli italiani all’estero (-17,5 miliardi, -65% sul 2019).

Il saldo dei redditi primari, al pari di quanto visto per il conto merci, ha raggiunto il massimo storico superando i 20 miliardi di surplus. In questa voce confluiscono i redditi da lavoro dipendente percepiti all’estero ed i redditi da capitale che si ottengono su attività estere. Come visto anche negli anni precedenti è da notare come quest’ultima voce, i redditi da capitale, stiano diventando importanti per i nostri conti con l’estero. Prima di aver raggiunto una posizione sull’estero creditoria, la nostra economia ha iniziato a ricevere dall’estero più dividendi ed interessi rispetto a quelli che paga, grazie agli effetti del quantitive easing avviato dalla Banca Centrale Europea. Complice il calo dei tassi d’interesse sui titoli italiani detenuti dagli stranieri, e l’investimento all’estero di quanto gli italiani hanno ricevuto dalla vendita alla BCE dei loro titoli di Stato, il saldo dei redditi primari è via via aumentato, nel modo descritto in fig. 2.

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Fig.2: Saldo dei Redditi Primari da Capitale dell’economia italiana dal 2015 al 2020. Fonte dati Banca d’Italia

L’arrivo della pandemia e la caduta dei rendimenti dei titoli di Stato italiani in conseguenza delle misure della BCE, ha dato una nuova spinta a questo saldo, che con il ritorno dell’economia italiana in una posizione creditoria nei confronti del resto del mondo, è probabile che continui a crescere anche negli anni a venire.

Il saldo dei redditi secondari è invece sceso di circa 2 miliardi, raggiungendo un deficit di 18,9 miliardi di euro. Il saldo dei trasferimenti con la EU e le rimesse dei lavoratori stranieri sono le principali componenti di questo saldo che, con l’arrivo dei trasferimenti nell’ambito del Recovery Plan, dovrebbe da quest’anno sensibilmente migliorare.

Da quanto visto possiamo concludere che il miglioramento del saldo con l’estero è principalmente dovuto al basso prezzo del petrolio che ha sensibilmente ridotto l’import di energia e ai bassi tassi d’interesse a cui si è finanziato il nostro sistema economico. Sebbene fosse prevedibile che l’impatto della pandemia non sarebbe stato uno shock asimmetrico che avrebbe colpito solo l’Italia e che i conti con l’estero avrebbero più o meno tenuto una volta riattivato il sistema post-lockdown, il miglioramento registrato non era affatto scontato. Anzi, dato che quasi tutto il mondo, al fine per combattere la diffusione del virus, si stava adeguando ad una compressione della domanda, sarebbe potuto emergere il gap competitivo che la nostra economia aveva nascosto in questi anni decidendo di tener sotto controllo il livello di domanda interna.

Il fatto che questo gap non sia emerso potrebbe invece far riflettere su quanto sia effettivamente concreto, e se, una volta conclusa la pandemia, con il permanere di condizioni esterne di prezzo del petrolio e tassi d’interesse favorevoli, non sia arrivato il momento di seguire quello che dovrebbe fare un grande Paese sviluppato, oramai creditore verso il resto del mondo: sfruttare il mercato interno potenziando consumi e investimenti.

Twitter @francelenzi