Economia mondiale meno democratica anche a causa del Covid-19

scritto da il 12 Marzo 2021

Pubblichiamo un post di Stefano Riela, Research Fellow e Lecturer of European Integration presso la University of Auckland. Council Member presso la Italian Chamber of Commerce in New Zealand, insegna European Economic Policy presso Università Bocconi. Membro dell’Advisory Board di The Smart Institute think tank –

L’economia dei regimi autoritari è in crescita e pesa il 30% dell’economia mondiale (si veda la linea rossa nella figura in basso). Questa tendenza è in netto contrasto con quanto aveva previsto Francis Fukuyama nel suo bestseller del 1992 The End of History and the Last Man: dopo il crollo dell’Unione Sovietica e la fine del Guerra fredda, il modello occidentale di democrazia liberale trionferà.

A dire il vero, Fukuyama si aspettava il trionfo delle democrazie liberali nel lungo periodo (cioè quando è impossibile verificare la correttezza di ogni previsione) con un breve periodo caratterizzato da battute d’arresto. Ma quanto avvenuto nel settembre 2001 difficilmente può essere classificato come una semplice battuta di arresto.

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Sono passati due decenni da quell’11 settembre, ma quei pochi secondi sono ancora un vivo ricordo di come le credenze religiose possano sovvertire la gerarchia dei valori, sovrastata da un amore per la vita terrestre, cristallizzato non solo nelle democrazie liberali occidentali. Meno noto è quanto accaduto sei giorni dopo: il 17 settembre 2001 l’Organizzazione mondiale del commercio (nota con l’acronimo inglese WTO) aveva concluso i negoziati sui termini di adesione della Cina. Nei documenti ufficiali era contenuta una chiara assunzione, ovvero che l’ingresso nel WTO avrebbe innescato un processo di assimilazione: nell’arco di 15 anni la Cina sarebbe passata da un’economia non di mercato a un’economia di mercato dove la libertà economica è espressione di una democrazia liberale effettiva.

Il leader supremo Xi Jinping parla in tv dal congresso del partito comunista

Il leader supremo Xi Jinping nelle piazze dal congresso del partito comunista

Perché questo riferimento specifico alla Cina? Perché, secondo l’Economist Intelligence Unit (EIU), che pubblica ogni anno il Democracy Index, la Cina è il più grande regime autoritario (seguito da Russia, Arabia Saudita ed Egitto) caratterizzato da una decisa crescita del PIL. L’economia cinese era il 7,7% del totale mondiale nel 2001 e sarà del 19,1% nel 2021. Mentre l’economia cinese era in forte espansione, altri grandi Paesi classificati dall’EIU come democrazie hanno ridotto il loro peso economico: negli ultimi Stati Uniti e UE-27 hanno perso terreno e nel 2021 saranno rispettivamente al 15,7% e a al 14,9% (dati in parità di potere d’acquisto forniti dal FMI).

Ma non è soltanto la performance dell’economia cinese ad aumentare il peso dei regimi autoritari e a far calare il livello di democrazia dell’economia mondiale (la linea blu del grafico calcolata sommando i Democracy Index di ciascun Paese pesati per i rispettivi PIL).
Nel 2020, la media globale del Democracy Index ha toccato il minimo storico e quasi il 70% dei Paesi ha registrato un calo del proprio punteggio anche a causa delle restrizioni imposte dai governi alle libertà individuali e civili che si sono verificate in tutto il mondo in risposta al Covid -19. In particolare, sempre secondo l’EIU, alcuni governi hanno introdotto misure restrittive delle libertà civili e attaccato chi le ha criticate, fino ad arrivare a vere e proprie censure.