Successione e tasse, ecco una controproposta sulla dote ai diciottenni

scritto da il 25 Maggio 2021

La proposta avanzata dal partito democratico in merito a una “dote per i diciottenni” ha sollevato diverse discussioni che spesso si sono spinte ben al di là del merito dello specifico provvedimento.  Su questo blog avevo commentato una proposta molto simile avanzata dal forum disuguaglianze e diversità, che faceva riferimento ad una eredità universale dell’importo di 15 mila euro, da finanziare con una imposta sui vantaggi ricevuti (donazioni ed eredità) sopra i 500mila euro.

La versione del PD presenta delle differenze, perché si configura come un trasferimento limitato a circa la metà degli italiani che compiono 18 anni, selezionati in base all’ISEE e conta di finanziare integralmente questa misura mediante una rimodulazione delle imposte di successione sui patrimoni di dimensioni maggiori.

Enrico Letta (Ansa)

Enrico Letta (Ansa)

Diverse delle critiche e perplessità, che avevo esposto sulla eredità universale, possono essere applicate anche alla versione del provvedimento portata avanti dal PD in particolare:

1. Con riferimento alla redistribuzione sociale: siamo sicuri che i diciottenni in buona salute, quand’anche selezionati in base all’ISEE, costituiscano una categoria prioritaria da indennizzare?

2. Con riferimento alle fonti di finanziamento dell’iniziativa e, più in generale, alla tassazione delle eredità e dei patrimoni, esistono rilevanti problemi su come misurare il valore della ricchezza, specie per la maggioritaria componente illiquida (aziende e immobili), per non parlare delle innumerevoli modalità con le quali è possibile erodere in via anticipata la base imponibile;

3. Con riferimento all’architettura della proposta esistono incentivi perversi e di sostenibilità intertemporale rispetto ai flussi migratori: la dote sarà accordata anche ai “nuovi italiani”? Sarà un incentivo a trasferirsi nel nostro paese qualche tempo prima di compire i 18 anni?  Oppure terremo fuori proprio chi si trasferisce nel nostro paese accollandosi implicitamente una quota di debito pubblico ben superiore al bonus ipotizzato?

4. Con riferimento al contesto più generale  è discutibile che il problema principale del nostro paese sia la disuguaglianza e, in ogni caso, che la soluzione al problema debba passare per un’attività di redistribuzione e non concentrarsi, per esempio, sulla ricerca di una maggiore crescita dell’economia.

Per quanto concerne le discussioni che la proposta ha sollevato in merito alla “restituzione” di risorse da parte dei più ricchi e alla giustizia sociale si può osservare che:

1. Assimilare qualunque eredità al trasferimento di una rendita parassitaria è semplicistico ed ideologicamente distorto: a meno di abusi straordinari, che non dovrebbero costituire la norma, il patrimonio lasciato in eredità costituisce la somma di redditi passati già assoggettati imposte per cui, pur essendo sempre possibile richiedere contributi aggiuntivi, non c’è nulla da restituire;

2. Tra gli strumenti per perseguire la giustizia sociale, l’imposta sulla successione e i bonus ai giovani adulti risultano tra i meno efficaci e i più distorti perché sussidiano una categoria di individui che difficilmente si può annoverare tra i più bisognosi e utilizza come fonte di finanziamento un’imposta complicata da applicare e facile da eludere.

Esaurita la parte distruttiva, vorrei suggerire alcune ipotesi alternative per perseguire le finalità che il partito democratico di chiara di prefiggersi: volendo offrire ai più giovani una sorta di “indennizzo” per le risorse sottratte dalle generazioni precedenti si potrebbe puntare su lavoro, formazione, orientamento.

In particolare tra i 15 e i 20 anni si potrebbero introdurre dei test standardizzati facoltativi, che consentano ai giovani studenti di valutare le proprie competenze e individuare eventuali lacune in materie, che possano costituire un ostacolo al corso di studi che si desidera intraprendere o all’ingresso nel mondo del lavoro.  Oltre alle prove per la valutazione delle competenze, si potrebbero offrire anche dei test per valutare le attitudini e le predisposizioni e fornire un orientamento utile per compiere scelte consapevoli sul corso di studi e sulla carriera personale da seguire.

Per completare il quadro occorrerebbe una rassegna sul mercato del lavoro che possa offrire una panoramica delle possibilità a disposizione, con particolare riferimento alle figure meno note, delle competenze necessarie per svolgere ciascun lavoro e delle retribuzioni medie.

Dopo aver fornito ai giovanissimi gli strumenti per scegliere in modo consapevole il corso di studi e la professione alla quale sono interessati e/o per la quale sono portati si potrebbe introdurre una “dote” di questo tipo: una riduzione degli oneri fiscali e previdenziali fino al 100% che decresce con l’aumento dell’età fino a 30-35 anni. In questo modo, per i giovani sarebbe più conveniente lavorare perché potrebbero ottenere un compenso netto più elevato e per chi li assume ci sarebbero oneri inferiori.

Non è agevole individuare una fonte di copertura perché i costi della misura varierebbero molto a seconda della dimensione del bonus fiscale e della velocità con il quale si riduce al crescere dell’età. In generale per mantenere l’ottica di riequilibrio rispetto al trasferimento intergenerazionale osservato in passato, gli oneri andrebbero posti a carico degli altri contribuenti secondo criteri legati non solo alla dimensione del reddito e del patrimonio (prendere di più a chi ha di più), ma anche alla protezione di cui si beneficia rispetto al licenziamento (prendere di più ai lavoratori più protetti, per esempio i dipendenti pubblici) e ai vantaggi ricevuti in passato (prendere di più ai contribuenti più anziani).

Per riassumere, la dote proposta dal PD costituisce un beneficio molto grande nei confronti di una categoria, che non presenta necessità di supporto economico particolarmente urgenti o superiori al resto della popolazione. Sarebbe preferibile concentrarsi sulla formazione di base e sull’orientamento dei ragazzi di età più giovane (per es a partire dai 13-14 anni) e offrire alle classi di età successive (per es dai 18 ai 30-35) forti incentivi al lavoro sotto forma di riduzioni nelle imposte sul reddito e sui contributi previdenziali (anche fino al 100% in partenza) che potrebbero ridursi nel tempo all’aumentare dell’età.

Dal punto di vista delle coperture, la scelta di incrementare l’imposta sulla successione è particolarmente inefficace e inefficiente, gravando in misura aggiuntiva su contribuenti, che già sopportano oneri consistenti e su una base imponibile troppo agevole da sottrarre all’imposizione. Volendo invertire il flusso del trasferimento tra generazioni, il costo degli incentivi accordati ai più giovani andrebbero coperti ridimensionando i privilegi dei più anziani, con particolare riferimento a chi ha ricevuto negli anni trattamenti previdenziali di favore e forme di protezione dal licenziamento e dalla variabilità nei redditi.

Twitter @MassimoFamularo

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