Riforma tributaria, tutele diminuite senza ricorsi contro gli estratti di ruolo

scritto da il 20 Agosto 2021

L’autore di questo post è Costantino Ferrara, vice presidente di sezione della Commissione tributaria di Frosinone, già giudice onorario del Tribunale di Latina, presidente Associazione magistrati tributari della Provincia di Frosinone –

Un posto fondamentale nello scenario dell’Italia che verrà spetta alla giustizia tributaria. Riformare il sistema è esigenza non più procrastinabile, anche alla luce del prossimo impiego delle risorse del PNRR, la cui assegnazione necessita una riscrittura del profilo giudiziario del nostro paese.

L’iter della tanto attesa riforma sembra essere quasi in dirittura d’arrivo (finalmente) e le proposte sul tavolo offrono un’idea delle sembianze che connoteranno il meccanismo tributario. L’attuale sistema scontenta un po’ tutti, laddove, da un lato, non offre a cittadini e imprese la possibilità di misurarsi in un contesto normativo adeguato in termini di tutela, non al passo con quanto avviene negli altri principali paesi europei; dall’altro, non facilita neppure l’amministrazione finanziaria nello svolgimento delle proprie funzioni. Se tutte le parti in causa sono insoddisfatte, è il chiaro segnale che una riforma ampia e strutturale sia quanto mai necessaria.

L’approssimarsi della conclusione del cammino di riforma fa si che le idee e le argomentazioni che circolano di recente abbiano buone chance di confluire nel disegno finale. La maggior parte di esse le ritroviamo nella relazione della “Commissione interministeriale per la riforma della giustizia tributaria”, istituita dal ministro dell’Economia e delle Finanze e il ministro della Giustizia.

Tra tutte, una delle argomentazioni che hanno suscitato l’interesse e l’attenzione di chi scrive, riguarda la questione della inammissibilità dell’impugnazione degli estratti di ruolo, intervento che si renderebbe necessario per l’enorme proliferazione, negli ultimi anni, di controversie, innanzi alle Commissioni tributarie, ai Giudici di pace e alla Magistratura ordinaria, di impugnazione degli estratti di ruolo e della conseguente determinazione di ingenti costi gestionali e amministrativi per il presidio dei relativi contenziosi.

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Per chi non sapesse cos’è l’estratto di ruolo, si tratta di quel documento rilasciato dall’Agenzia delle Entrate Riscossione in cui vengono riepilogati i debiti del contribuente, con l’indicazione di tutte le cartelle di pagamento e le partite iscritte a ruolo.

Si tratta di un documento fondamentale, poiché esprime una fotografia della posizione debitoria del contribuente, per ciò che concerne le partite fiscali e contributive.

Obiettivo della riforma, secondo quanto si legge nella citata relazione, sarebbe quello di ridurre la possibilità di proporre ricorso contro gli estratti di ruolo. Il contribuente, infatti, dovrebbe attendere la notifica di un atto formale da parte dell’Agenzia delle Entrate Riscossione, potendo attivare la propria tutela giurisdizionale soltanto in questo momento e non anche al rilascio del documento, quand’anche su di esso figurino dei debiti ritenuti illegittimi.

A mio modesto parere, si tratta di un’eresia e, semmai, un obiettivo sensato sarebbe quello di legittimare l’impugnazione di questi documenti, così come del certificato dei carichi pendenti emesso dall’Agenzia delle Entrate, che riveste più o meno la stessa funzione dell’estratto di ruolo, limitatamente ai debiti erariali.

Spieghiamo brevemente il perché.

Innanzitutto, va chiarito come estratto di ruolo e certificato dei carichi pendenti siano documenti ormai fondamentali nel sistema economico. Sono necessari per partecipare ad un appalto pubblico, ai fini del quale non devono figurare pendenze, giustamente, su tali documenti. Ma il loro utilizzo avviene anche in altri contesti, quali ad esempio uno screening effettuato da una banca per valutare la situazione debitoria di un soggetto che, magari, si rivolge all’istituto di credito per un finanziamento; o, altro esempio, nell’ambito di una trattativa per cedere l’azienda o una società, il compratore opererà una due diligence accurata sulla posizione debitoria della società/azienda oggetto, richiedendo ed analizzando questi documenti.

Ora, assodata la centralità e l’importanza di tali documenti, il passaggio successivo è comprendere che talune pendenze riportate sugli stessi potrebbero essere inesatte. Una cartella di pagamento, ad esempio, potrebbe essersi nel frattempo prescritta o mai validamente notificata.

Tuttavia, la presenza di quel debito sui documenti sopra detti, pur se il debito non è più legittimo, preclude al contribuente molte cose: basta tornare agli esempi di qualche rigo fa per comprenderne i potenziali effetti pregiudizievoli.

Nell’idea della riforma, non sarebbe possibile proporre ricorso contro quelle cartelle ormai illegittime che figurano su carichi pendenti ed estratto di ruolo, se non fino alla notifica futura di un atto di riscossione (intimazione di pagamento o altro) da parte di Agenzia delle Entrate Riscossione. Atto futuro che, si badi bene, potrebbe anche non essere mai notificato, con il perdurare della cartella illegittima sull’estratto di ruolo e sul certificato dei carichi pendenti.

Non si risponda, strumentalmente, che è possibile eliminare questi carichi mediante l’autotutela. Per chi non la conoscesse, si tratta del “potere” dell’amministrazione finanziaria di annullare un proprio credito, spontaneamente o su istanza del contribuente. Trattandosi di un “potere”, si comprende come non vi sia alcun obbligo per l’amministrazione di agire tempestivamente in autotutela: per cui, anche in questo caso, l’amministrazione sarebbe legittimata a non rispondere mai. E questa “incertezza” non fa certo bene al contribuente e non fa certo bene ad un sistema in cui si cerchi di incentivare investimenti, imprese ed iniziative economiche.

Ma attenzione, è la stessa nota che viene richiamata nella relazione (nota a firma di Ruffini, direttore dell’Agenzia delle Entrate) a non sembrare pienamente convinta di questa posizione.
Se, infatti, la proposta normativa che viene avanzata nella nota sembrerebbe categorica nel suo incipit, laddove afferma che “non è ammessa in alcun caso l’impugnazione dell’estratto di ruolo”, è la stessa proposta a palesare dubbi sulla sua “categoricità”, tant’è che nella seconda parte si prevedono delle specifiche eccezioni, quali la partecipazione ad una gara di appalto o altre situazioni di rapporto con la pubblica amministrazione.

Specifiche eccezioni che, tuttavia, non bastano a salvare il contribuente dai potenziali casi pregiudizievoli che abbiamo pocanzi evidenziato (due diligence pro cessione o finanziamento bancario, tanto per dirne due).

In più, mi sia concesso dirlo, queste eccezioni creerebbero soltanto ulteriore confusione: si può impugnare l’estratto “solo se ecc., ecc.”.

Tanto vale, ritengo personalmente, prevedere la possibilità di impugnare questi carichi tout court, ampliando la tutela giurisdizionale del contribuente (anziché ridurla) e disegnando un sistema che permetta in ogni momento di difendersi da una pretesa che si ritiene ingiusta, senza doverne subire gli effetti pregiudizievoli.