Apprendimento, perché esistono i divari scolastici territoriali?

scritto da il 15 Novembre 2021

Sapevamo che la situazione dei divari territoriali nell’apprendimento scolastico non fosse delle più rosee. E sapevamo anche che diciotto mesi di pandemia non potessero che peggiorare la situazione. Ma si trattava perlopiù di un sentore comune. Di quelle cose di cui si parla al bar per poi concludere con un bel “poveri ragazzi”. Adesso iniziamo a vedere anche qualche evidenza a conferma di quel sentore negativo.

A prescindere dagli effetti della pandemia sul fenomeno, ci si interroga però raramente sulle cause che determinano tali divari territoriali. Provano a farlo Giulia Bovini e Paolo Sestito, in un lavoro recentemente pubblicato negli Occasional Papers della Banca d’Italia. Lo studio è molto interessante, perché analizza i risultati dei test standardizzati, tipo INVALSI, ma si sofferma anche sui diversi esiti dei test non standardizzati (ad esempio gli esami di stato).

Ma vediamo un po’ di dati, elaborati dagli autori, per capirne di più sull’effettiva presenza dei divari.

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Secondo Bovini e Sestito, le disparità tra le due macroaree del Paese sono limitate durante la scuola primaria. Si accentuano però con l’avanzare del percorso scolastico.

La situazione non è però omogenea nelle otto regioni del Mezzogiorno. Si rivengono infatti maggiori problemi in Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna.

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E la pandemia sembra aver acuito i divari, con cali di apprendimento soprattutto in Abruzzo, Campania e Puglia.

Ma perché accade tutto questo? Di chi è la colpa? Degli studenti? Degli insegnanti? Delle famiglie? Dei presidi? Del Governo?

Gli autori analizzano una lunga serie di fattori. Sembrano non incidere significativamente sui divari la presenza di immigrati (più marcata al Nord), l’anticipo dell’età di ingresso nella scuola (più diffuso nel Mezzogiorno), la partecipazione dei genitori e le aspirazioni dei ragazzi. Nessun impatto determinante anche in termini di qualità dei dirigenti scolastici, né degli insegnanti. Anche la dimensione delle classi non sembra spiegare più di tanto le differenze.

Per quanto riguarda il capitolo risorse, spesso oggetto di scontri, non si rinviene un forte svantaggio del Meridione, anche se persiste un gap infrastrutturale. Occorre precisare però che lo studio citato non sia recente.

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Una voce a parte merita lo status socioeconomico-culturale della famiglia (ESCS), che presenta valori mediamente più bassi nel Mezzogiorno. Ed incide altresì sui risultati dei test. Ma anche chi proviene da contesti più favorevoli presenta risultati peggiori rispetto al Centro-Nord.

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I fattori riassunti sopra sembrano in qualche modo incidere sulle performance dei ragazzi, ma non in maniera decisiva. Cosa manca all’analisi?

Scrivono gli autori che «Le caratteristiche del contesto locale potrebbero essere correlate a fattori che determinano la qualità del processo di apprendimento a livello di scuola e che non sono facilmente rilevabili attraverso i questionari somministrati a studenti, docenti e dirigenti scolastici. Inoltre, questi risultati suggeriscono che, al netto delle caratteristiche degli alunni e delle loro famiglie, anche la comunità in cui gli studenti vivono e interagiscono al di fuori della scuola pare avere un ruolo rilevante per i processi di apprendimento, soprattutto durante l’adolescenza.»

Nel libro “L’animale che mi porto dentro” (Einaudi), Francesco Piccolo, cresciuto nel casertano, descrive con le seguenti parole la sua gioventù in una piccola gang di ribelli a scuola: «Per tutti questi comportamenti che io e i miei amici avevamo, eravamo considerati dagli altri dei piccoli eroi (…) Il nostro comportamento era pienamente ripagato dalla comunità che ci circondava (…).»

Poi, in età adulta, aveva scoperto che: «Quando sono diventato padre, qui a Roma, ho scoperto che essere bravi a scuola è considerata una qualità. Una qualità e basta, senza controindicazioni. Mia figlia alle medie e poi al liceo prendeva otto, nove, e io ero teso, preoccupato per lei – da noi, chi prendeva otto e nove era escluso dalla vita sociale, sbeffeggiato, deriso. Qui a Roma invece era un fatto positivo studiare ed essere bravi, aveva un valore sociale, e addirittura quelli che andavano male venivano giudicati

Era talmente forte il lascito della sua adolescenza e del contesto locale in cui era cresciuto che «(…) quando mia figlia prendeva otto e nove in greco  e poi diceva: esco, vado con le mie amiche a San Lorenzo e poi a una festa, avevo voglia di chiederle: ma ti fanno andare? (…).»

Premesso che agire politicamente per limitare l’impatto del contesto locale sulle performance sia molto difficile, vediamo quale sia la strategia in atto. Come noto, il PNRR ha tre Priorità trasversali, che interessano tutte le Missioni. Una delle priorità riguarda la “Riduzione dei divari di cittadinanza”. Per quanto ci interessa in questa sede, troviamo uno stanziamento di 1 miliardo e mezzo di euro per un “Intervento straordinario finalizzato alla riduzione dei divari territoriali nei cicli I e II della scuola secondaria di secondo grado”. Si prevedono In particolare:

– 3 ore di sessioni di online mentoring individuale e circa 17 ore di recupero formativo per 120.000 studenti di 12-18 anni;

– 10 ore di mentoring, o interventi consulenziali, per favorire il rientro nel mondo della formazione per 350.000 giovani tra i 18-24 anni e 470.000 giovani a rischio abbandono;

– riforma del sistema di orientamento;

– utilizzo di una piattaforma online per attività di mentoring e formazione nonché l’avvio di corsi post-diploma.

Nulla di rivoluzionario, insomma. Ma ovviamente non si tratta del solo intervento previsto per la Missione “Istruzione e ricerca,. Una Missione che ha un’allocazione di ben 30 miliardi di euro. Il problema, come scrivono gli autori dello studio, non riguarda molto il capitolo risorse. C’è un problema maggiore, legato al contesto locale nel quale i ragazzi vivono. Purtroppo, si tratta della determinante più difficile da affrontare in termini di policy. Ma l’analisi specifica delle cause può sicuramente dare un aiuto alle scelte del decisore pubblico.

Twitter @frabruno88