La riforma della giustizia? Passa dall’uscita 29 del Raccordo Anulare

scritto da il 06 Dicembre 2021

L’autore di questo post è l’avvocato Matteo Bonelli. Si occupa di societario e contrattualistica commerciale –

Verso la fine di settembre scorso Alberto Annicchiarico, che cura questo blog, mi aveva invitato a scrivere un seguito sulla riforma della giustizia, dato che il Senato aveva appena approvato disegno di legge sulla riforma del processo civile. In effetti la riforma della giustizia mi sta molto a cuore, tant’è vero che ne avevo già scritto il 29 Giugno e il 28 Agosto, e sento ormai il dovere di commentarne tutte le tappe. Tuttavia farlo a settembre mi sembrava un po’ prematuro, per due ragioni: la prima, è che la riforma del processo civile doveva ancora passare dalla Camera; la seconda è che avevo in programma di intervistare per il podcast Capitali coraggiosi, che conduco insieme a Matteo Erede per questo Gruppo, due esperti autorevoli in questa materia: Sabino Cassese e Marina Tavassi.

Il disegno di legge sulla riforma del processo civile è stato approvato dalla Camera il 25 novembre e la seconda delle interviste che avevo in programma di fare, quella di Marina Tavassi, sarà pubblicata il 7 dicembre. Dunque dovrei essere pronto, ma in realtà mi ha preso un effetto Dunning-Kruger frastornante, avendo opinioni più chiare e nette su questioni che conosco meno. Così, per rompere il ghiaccio, vorrei partire dall’uscita 29 del Grande Raccordo Anulare, dove c’è un centro commerciale che un tempo aveva un cartello con scritto che non c’era la mucca pazza. Vatti a fidare, però: a metterci una scritta son buoni tutti, cantava un indimenticabile Corrado Guzzanti. Allo stesso modo qualcuno deve aver pensato che per ridurre i tempi della giustizia basti scrivere: “I tempi della giustizia sono ridotti”. Un risvolto ‘curioso’ di questa mentalità è aver escogitato l’improcedibilità dei procedimenti penali d’appello che superino una certa durata, ma un’impronta analoga emerge anche nella riforma del processo civile, che ha termini ridotti e passaggi eliminati o accorpati qua e là, come se il problema della lunghezza dei processi dipendesse (solo) da questi e non dal carico dei procedimenti pendenti e dall’incertezza del diritto.

(Ansa)

(Foto Ansa)

A dire il vero qualcosa si è fatto anche per favorire la deflazione dei procedimenti e la prevedibilità delle decisioni, ma molto poco. Sono stati introdotti, per esempio, incentivi fiscali sulla risoluzione alternativa delle controversie e il rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione per le questioni di diritto. Tutte cose che erano peraltro già state anticipate dalle linee guida del PNRR. Tuttavia, del maggiore ricorso alla risoluzione alternativa delle controversie si parla ormai da anni, se non decenni: vedremo se questa è la volta buona. Quanto al rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione, bisognerà capire l’uso che ne faranno i giudici di merito, come bisognerà capire come funzionerà il cosiddetto filtro in appello, che è stato potenziato ma è già previsto dalle norme vigenti.

Le novità della riforma del processo civile, peraltro ennesima, appaiono comunque marginali e in continuità con l’impianto esistente, come se fossero dimentiche del suo problema principale, che è il carico eccessivo dei procedimenti pendenti. A questo problema dovrebbe in teoria far fronte l’ufficio del processo, per cui è imminente il reclutamento di circa 8.000 addetti. Marina Tavassi teme però che dovranno andarsene non molto tempo dopo essere stati formati; condivide, invece, che una maggiore prevedibilità delle decisioni potrebbe avere effetti deflattivi molto significativi. Ma su questo aspetto la riforma ha fatto ben poco, per non dire pochissimo, come non ha fatto nulla per rendere l’istruttoria un gioco a carte (più) scoperte e delegarla, nei limiti del possibile, agli avvocati delle parti. Personalmente ritengo che questi due aspetti siano cruciali per la deflazione dei procedimenti. E non solo: contribuirebbero anche a rendere la nostra giustizia più affidabile agli occhi degli investitori stranieri e domestici.

Un ulteriore aspetto funzionale alla deflazione dei procedimenti, trascurato dalla riforma, è quello degli avvocati e delle spese legali. Marina Tavassi ha giustamente osservato che nel nostro paese ci sono troppi avvocati, che hanno bisogno di contenziosi per sopravvivere. Io aggiungerei che gli avvocati costano pure troppo poco. Nel mio articolo del 28 Agosto avevo scritto che la lunghezza dei processi penalizza chi ha ragione, mentre favorisce chi ha torto. Ma se chi ha (ragionevolmente) torto dovesse inserire nell’equazione di convenienza della lite anche il rischio di dover rimborsare alla controparte pesanti spese legali, forse sarebbe indotto ad adottare una tattica diversa. Perché quest’equazione funzioni è però cruciale rendere più prevedibile l’esito del contenzioso, e qui torniamo al problema dell’incertezza del diritto, che deriva essenzialmente dalla contraddittorietà della giurisprudenza. In questo modo si potrebbe poi rendere anche più accettabile il problema del ricorso alla giustizia da parte dei meno abbienti, che potrebbero rivolgersi ad avvocati competenti che se ne assumono i costi in ragione della probabilità di successo, come avviene negli Stati Uniti, dove esistono anche incentivi premianti per i più ‘buoni’ e disincentivi punitivi per i più ‘cattivi’. Tutte queste regole potrebbero essere descritte come ‘pungoli’ – che gli economisti anglosassoni chiamano “nudge” – per dissuadere le parti dalle liti e ricorrere, tuttalpiù, a risoluzioni alternative delle controversie.

Per farsi un’idea dell’efficacia di questi ‘pungoli’ basti pensare ai premi che le regole statunitensi hanno riconosciuto negli ultimi anni ai cosiddetti whistleblowers: quelli del solo Dodd-Frank Act hanno recentemente superato il miliardo di dollari, ma premi di entità analoga sono stati riconosciuti anche dal IRS Whistleblowers Program, dal Foreign Corrupt Practices Act e dal False Claims Act. Nell’ambito dei contenziosi civili a questi si aggiungono i compensi riconosciuti agli avvocati nelle azioni di responsabilità per danni, fra cui si ricordano gli oltre otto miliardi di dollari riconosciuti alla fine degli anni Novanta agli avvocati delle azioni contro i produttori di sigarette.

Il percorso della riforma della giustizia troverà probabilmente altri ostacoli e ingorghi, ma forse anche altre occasioni di miglioramento. Speriamo, dunque, che non resti impantanato proprio all’uscita 29 del Grande Raccordo Anulare, dove, oltre al cartello di Corrado Guzzanti, c’è pure il quartiere Casal Palocco in cui Nanni Moretti sentiva un odore di tute indossate al posto dei vestiti, videocassette, cani in giardino e pizze già pronte dentro scatole di cartone.