La Pubblica amministrazione napoleonica e il riformismo necessario

scritto da il 03 Marzo 2022

Il sistema amministrativo italiano è fondato sul modello burocratico di stampo napoleonico. Per poter comprenderne le radici, bisogna richiamare il regio decreto n.693 del 1908 con il quale si sancì la nascita dello status di dipendente pubblico oltre che i criteri di nomina, la gerarchia, l’anzianità e più in generale ogni aspetto normabile riguardante la pubblica amministrazione. Successivamente nel 1923, la legge De Stefani, segna la nascita dello stato di “ordinamento speciale” del pubblico impiego prevedendo la centralità della legge come fonte normativa e il ricorso al giudice amministrativo in caso di controversie riguardanti il lavoro pubblico.

Un punto di svolta si è avuto nel corso degli anni ’90, con la cosiddetta “privatizzazione” del pubblico impiego, ovvero si è assistito ad una delegificazione che ha dato centralità al contratto anziché alla legge come fonte normativa principale e di più, ha in sostanza equiparato dipendenti pubblici e privati, prevedendo che in caso di controversie sia comunque il giudice ordinario ad esprimersi. Le riforme non si sono arrestate qui, ma vari tentativi sono stati portati avanti praticamente da ogni ministro della funzione pubblica: la riforma targata Brunetta nel 2009, la riforma Madia del 2015 ed ora nuovamente con il PNRR la riforma della PA è uno dei pilastri portanti perché urge una sempre maggiore efficienza, digitalizzazione per semplificare e creare le condizioni per un’amministrazione sempre più smart al servizio dei cittadini e delle imprese.

FOTOGRAFIA DELLA PA ITALIANA

In Italia, attualmente, ci sono circa 3,2 milioni di dipendenti pubblici ripartiti in diversi comparti, come visibile dai dati ivi riportati. La maggioranza dei dipendenti pubblici è impiegato nel settore dell’istruzione (34,06%).

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Inoltre, le retribuzioni dei dipendenti pubblici sono in media in linea con quelle dei dipendenti privati (34.435 euro) escluso il caso dei top manager che nel privato potrebbero avere la possibilità di percepire un reddito più elevato rispetto al tetto di 240.000 euro fissato nel 2014 dal governo Renzi. C’è da sottolineare come proprio recentemente, con un emendamento alla legge di bilancio, si è stabilito che tale limite possa essere rivisto all’insù, adeguandosi così agli incrementi previsti dai rinnovi contrattuali. Ed urge anche sottolineare come la spesa pro-capite per redditi da lavoro dipendente delle amministrazioni pubbliche non è più alta di quella di altri Paesi europei, visto che spesso passa alle cronache tale messaggio. Analizzando i dati, si nota come addirittura Francia e Germania hanno un livello di spesa pro-capite (considerando la popolazione residente) superiore alla nostra.

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L’INVERNO DEMOGRAFICO NELLA PA

Il blocco del turnover iniziato a partire dal 2008 e reso necessario da una spesa pubblica in aumento (come dimostra il conto annuale del tesoro) ha portato un invecchiamento della pubblica amministrazione e quindi anche un mancato ingresso di nuove competenze. Si può notare subito, dal grafico in basso, come la spesa si sia contratta sostanzialmente per la mancanza di nuove assunzioni e sia ripresa a crescere a partire dal 2017 con un graduale sblocco del turnover, diventato effettivo a partire dal 2019 nella maggior parte dei comparti.

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Di più, tema centrale oggi è cercare di ridurre l’età media salita a 50 anni, favorendo il ricambio generazionale e l’assunzione dei giovani. Altro dato da sottolineare è il fatto che la pubblica amministrazione in Italia è donna, rappresentando oltre il 56% dei dipendenti. Il dato però sconcertante è che ad oggi solo il 30% dei dipendenti pubblici ha un titolo di laurea e addirittura appena l’1% un titolo post-laurea.

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In questo quadro, si collega la riforma della pubblica amministrazione lanciata dal ministro Brunetta che prevede, tra l’altro, un investimento di circa 2 miliardi nella formazione degli attuali dipendenti perché è indubbio che nel contesto attuale, segnato da un aumento esponenziale delle complessità, sia sempre più necessario che un’amministrazione efficiente abbia al proprio interno tutte le competenze necessarie ad affrontare le sfide, non solo del PNRR, ma per promuovere la crescita del Paese.

L’ABC DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, prevede la riforma della Pubblica Amministrazione come catalizzatore del cambiamento. Da qui la sfida verso una riforma completa e organica, che permetta di superare i colli di bottiglia che troppo spesso nel corso dei decenni passati hanno reso la pubblica amministrazione poco attrattiva per i migliori talenti e più un ostacolo per cittadini e imprese che un volano per la crescita economica. La riforma targata Brunetta si basa su 4 pilasti: Accesso, Buona amministrazione, Competenza e Digitalizzazione.

Per quanto attiene al tema dell’accesso, l’obiettivo è adottare un quadro di riforme delle procedure e delle regole per il reclutamento dei dipendenti pubblici, volti a valorizzare nella selezione non soltanto le conoscenze, ma anche e soprattutto le competenze. Pur rimanendo il concorso la modalità ordinaria per l’accesso al pubblico impiego (art. 97 comma 3 della Cosituzione), sono creati altri percorsi di reclutamento, ovvero programmi dedicati agli alti profili. Si pensa all’inserimento dei giovani dotati di elevate qualifiche da inserire nelle amministrazioni con percorsi rapidi, affiancati da una formazione specifica. Tale percorso di riforma è già stato avviato con l’art. 10 del DL n. 44/2021, che ha introdotto meccanismi semplificati per le procedure di concorso che prevedono un ampio ricorso al digitale. Inoltre è stato creato un portale unico per il reclutamento “inPA” definito dal ministro come il “Linkedln della pubblica amministrazione”.

Per promuovere la “Buona amministrazione” le riforme e gli investimenti programmati hanno la finalità di eliminare i vincoli burocratici e di rendere più efficace ed efficiente l’azione amministrativa, ponendosi l’obiettivo di riduzione dei tempi e dei costi per i cittadini e le imprese. Ma il cuore della riforma è senza dubbio il tema delle competenze con l’obiettivo di investire sulla formazione dei dipendenti, individuate come elemento strategico per “fare la differenza” in qualsiasi politica pubblica indirizzata a cittadini e imprese. Altra colonna portante, sia del PNRR che della riforma della PA, è la digitalizzazione.

Tale sfida è stata già iniziata con la riforma Madia, attraverso la creazione dell’identità digitale, l’ormai noto SPID, che permette l’accesso ai servizi online delle amministrazioni. La sfida oggi è di rendere sempre maggiore il numero di servizi e dati accessibili direttamente online senza la necessità di recarsi negli uffici pubblici. Bisogna segnalare che stando agli ultimi dati, si può parlare di un primo successo con oltre 27,4 milioni di utenti muniti di SPID, 24,5 milioni sono coloro che utilizzano l’App IO e sono state concluse oltre 182 milioni di transazioni con il portale PagoPA per un valore economico pari a circa 33,7 miliardi di euro.

IL CAMBIAMENTO È ADESSO

Ora è il momento di riformare la pubblica amministrazione, non solo perché altrimenti sarà difficile attuare il PNRR, ma anche perché a seguito dello sblocco delle assunzioni si stima che nei prossimi 3-4 anni ci saranno 100.000 nuovi ingressi. Per comprendere la portata di tale investimento, è sufficiente considerare che ogni dipendente pubblico in media (retribuzione lorda più oneri) costa allo Stato circa 49.680 euro e tenendo conto che la vita lavorativa di un dipendente pubblico è pari a circa 40 anni (in termini attuali e senza considerare eventuali aumenti di stipendio e avanzamenti di carriera) il costo è pari a 1.987.200 euro e quindi l’investimento in capitale umano che il Paese è chiamato a fare in questi anni (100.000 assunzioni) che pagheremo nei prossimi 35-40 anni è di 198.720.000.000 euro.

Questi semplici calcoli ci permettono di identificare la portata di ciò che avverrà nella pubblica amministrazione e del perché sia così urgente una riforma, da tanto attesa, per massimizzare l’efficienza e rendere un servizio al Paese.

Matteo Ridolfi

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