La natura speculativa della crisi del grano: un’arma geopolitica?

scritto da il 13 Giugno 2022

Post di Luca Battaglia, studente magistrale di Finanza Aziendale, interessato al mondo delle politiche giovanili ed appassionato di tematiche economiche e politiche. Co-fondatore di Pillole di Politica

Sono da poco trascorsi 100 giorni di guerra in Ucraina, conflitto che porta con sé rilevanti conseguenze per il mondo in cui viviamo. Una di queste è certamente rappresentata dalla crisi alimentare legata all’approvvigionamento del grano. Maggio 2022 ha presentato dati preoccupanti: il prezzo di mercato del grano duro è incrementato di quasi il 5%, così come il grano tenero, modificando le scelte dei consumatori su prodotti quotidianamente utilizzati a tavola. La Russia, di fatto, si configura come la principale nazione esportatrice di grano nel mondo; lo era, quantomeno, fino a qualche mese fa, quando la decisione di invadere l’Ucraina ha implicato un netto crollo delle esportazioni. Molti paesi occidentali, insieme a tante nazioni fortemente dipendenti dal grano importato dalla Russia (molte site in Africa, ad esempio l’Egitto), iniziano dunque a temere per le forniture future.

Il prezzo del grano ha, nel corso della storia, seguito un andamento abbastanza chiaro: una riduzione durante le fasi di raccolta ed un aumento durante le fasi di commercializzazione. Un ciclo che ha quasi sempre permesso di tenere a freno le speculazioni sullo stesso prodotto agricolo. Ma il problema del rialzo dei prezzi del grano non è una novità, se consideriamo l’ultimo anno appena trascorso: l’aumento dei costi energetici legati alla fornitura di gas e petrolio, criticità logistiche e fattori climatici sono tre delle principali cause che hanno provocato un incremento costante dei prezzi nel periodo di riferimento. La crisi ucraina si inserisce, dunque, all’interno di questo scenario già in parte inquinato, con un incremento di circa 500 euro la tonnellata ed un aumento dei prezzi dei contratti a termine standardizzati (futures) sul grano del 24%.

immagine di Jean Wimmerlin per Unsplash

immagine di Jean Wimmerlin per Unsplash

Ci si chiede se l’invasione russa non sia mossa anche dalla volontà di impossessarsi delle preziose risorse agricole ucraine: si tratta di circa 32 milioni di ettari favorevolmente coltivabili, con la regione del Donbass (da dove lo scontro è partito) che produce circa l’8% del grano ucraino. La nazione, di fatto, assume anch’essa un importante ruolo globale in materia di export di grano: si colloca al quinto posto dopo Russia, USA, Canada e Francia, con il prodotto che rappresenta una delle principali esportazioni, insieme al mais e all’olio di semi.

La risposta è affermativa se si è d’accordo nel considerare il grano come una nuova arma geopolitica in grado, adesso e nel prossimo futuro, di influenzare fortemente le decisioni politiche e geopolitiche delle nazioni. Questo prodotto agricolo potrebbe, di fatto, essere utilizzato come vero e proprio strumento di negoziazione, come già avviene con armi e gas per molte nazioni; a confermare questa tesi appaiono lineari le recenti dichiarazioni del Cremlino circa la volontà di un blocco totale del proprio grano, mosse dal chiaro obiettivo di ottenere una riduzione delle sanzioni applicate alla Russia dallo scoppio del conflitto, condizionando dunque l’approvazione di qualsiasi accordo alla riduzione e/o alla rimozione delle sanzioni occidentali che colpiscono direttamente le esportazioni alimentari. Bisogna, inoltre, sottolineare come le aree ucraine sotto attuale tensione russa (ad est della nazione), che riescono da sole a coprire la maggior parte della produzione del già citato olio di girasole poi esportato in tutto il mondo, rappresentino più del 60% della superficie coltivabile dell’Ucraina.

Al momento Mosca ha in scacco le principali città sul Mar Nero, Odessa su tutte, bloccando diverse imbarcazioni piene di grano (si parla di circa 20 milioni di tonnellate) destinate a nazioni a basso reddito fortemente dipendenti dalle forniture ucraine, risultando ancora più evidente la strumentalizzazione del cibo come vera e propria arma. In questo scenario di forti tensioni, evitare il prima possibile che il grano ucraino vada perduto appare sempre più in cima all’agenda internazionale, al fine di evitare l’incombere di una crisi alimentare globale.