Inflazione, guerra, costi. Tra Cigo e fondi come si difendono le aziende?

scritto da il 25 Ottobre 2022

Post di Vittorio De Luca, Managing Partner Studio De Luca & Partners

L’impennata dei costi dell’energia e la difficoltà di reperimento di materie prime preannunciano un autunno molto caldo per le imprese italiane, già alle prese con molteplici fattori critici come la coda della pandemia, l’inflazione record, la improvvisa (auspicabilmente temporanea) scomparsa di mercati rilevanti come quello della Russia e dell’Ucraina e una possibile incombente nuova recessione.

Lo scenario sopra descritto rischia di comportare una generalizzata riduzione e sospensione delle attività produttive (che potrà interessare le aziende di tutti i settori e non solo quelle cosiddette “energivore”) con una conseguente impennata di richieste di cassa integrazione da parte delle imprese.

Dati non rassicuranti

Del resto, gli ultimi dati Inps (Report mensile agosto 2022 – INPS Coordinamento Generale Statistico Attuariale) sulla cassa integrazione non sono certo rassicuranti: tra gennaio e luglio di quest’anno il ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (che rappresenta l’ammortizzatore sociale utilizzato per le difficoltà più strutturali) ha registrato un’impennata del 45,65% rispetto allo stesso periodo del 2021, interessando in particolare i settori dell’industria (+35,81%), edilizia (+34,88%) e commercio (+103,62%).

Il timore diffuso è che i dati riportati siano destinati a peggiorare rapidamente, tanto da rendere auspicabile l’adozione di adeguate misure da parte del Governo.

Come noto, nel periodo pandemico, la risposta del Governo fu l’introduzione di ammortizzatori sociali coniati ad hoc, cioè aggiuntivi rispetto a quelli ordinariamente previsti per il superamento delle crisi.

Sulla base dell’esperienza fatta durante l’emergenza pandemica, il legislatore è prontamente intervenuto a colmare le lacune più evidenti del nostro sistema. È noto, infatti che, con la riforma del 2021 (introdotta dalla legge di Bilancio del 2022 – art. 1 c.191-192 L. n. 234/2021), gli ammortizzatori sociali sono divenuti finalmente universali, cioè applicabili indistintamente a tutte le aziende, senza distinzione di dimensione, di e settore di attività.

Una riforma insufficiente

La riforma, tuttavia non è bastata per rispondere alla nuova crisi del 2022. In continuità ideale con alcuni provvedimenti adottati per far fronte alla pandemia, nei mesi scorsi, l’esecutivo è intervenuto con il D.L. n. 21/2022, convertito dalla L. n. 51/2022 prevedendo la possibilità per le imprese più in difficoltà (siderurgia, legno, ceramica, automotive, agroindustria) di accedere alla cosiddetta CIG “in esenzione”, senza cioè dover pagare il contributo addizionale (per la CIG pari a 9%, 12%, 15% in funzione dell’utilizzo del sussidio). Tale misura è tuttavia scaduta a fine maggio e, per il momento, non sono state introdotte ulteriori proroghe.

Sempre con il citato intervento normativo, l’esecutivo ha introdotto per i datori di lavoro soggetti alla CIGO che abbiano esaurito le settimane disponibili di trattamento la possibilità di accedere a ulteriori 26 settimane di cassa, fruibili anche in modo frazionato, nel periodo dal 22 marzo 2022 al 31 dicembre 2022.

Analoga misura è stata introdotta per i datori di lavoro che rientrano nella tutela del FIS (Fonto d’integrazione salariale) e dei Fondi di solidarietà bilaterali e che operano in determinati settori prevedendo la possibilità di richiedere un ulteriore periodo di assegno di integrazione salariale per un massimo di 8 settimane a condizione di aver raggiunto i limiti massimi di durata complessiva dei trattamenti previsti a regime.

Cigo anche per energia e Ucraina

Inoltre, con specifico riferimento alla CIGO, il Decreto del Ministero del Lavoro n. 67 del 21 febbraio 2022, pubblicato il 27 aprile 2022, ha integrato le causali previste dal DM n. 95442 del 15 aprile 2016, introducendo alcune innovative ipotesi quali le difficoltà di approvvigionamento di energia o il conflitto in Ucraina.

In particolare, il Governo ha espressamente previsto, tra le fattispecie che integrano la causale di intervento della CIGO determinato dalla “mancanza di materie prime o componenti […]” anche le ipotesi di “difficoltà economiche, non prevedibili, temporanee e non imputabili all’impresa, nel reperimento di fonti energetiche, funzionali alla trasformazione delle materie prime necessarie per la produzione”.

Come detto, il DM n. 67/2022 è intervenuto anche in soccorso delle aziende colpite indirettamente dal conflitto russo-ucraino, stabilendo che, per l’anno 2022, la causale di “crisi di mercato” per il ricorso alla CIGO, ricorre anche quando “la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa” derivi “anche dall’impossibilità di concludere accordi o scambi determinata dalle limitazioni conseguenti alla crisi in Ucraina.”

Cigo

(Afp)

Misure da rinnovare

Tuttavia, le misure fino ad oggi adottate sono scadute dallo scorso mese di maggio (come nel caso della CIG “in esenzione”) o stanno per scadere con il prossimo mese di dicembre (come nel caso del prolungamento dei periodi di CIGO e FIS).

È dunque auspicabile che, quanto prima, l’esecutivo intervenga nuovamente per trovare, quanto meno, soluzioni in continuità con quelle adottate nei mesi scorsi. Il compito sarà tuttavia arduo, tenuto conto degli esigui spazi di bilancio.

In mancanza di idonee misure, le imprese si troverebbero costrette a contenere i costi procedendo con i licenziamenti. Soluzione che, tuttavia, non risulterebbe affatto indolore per le casse dello Stato, in quanto comporterebbe un’impennata del costo della NASPI, oltre a ingenerare un ulteriore costo sociale che, dopo l’esperienza dell’emergenza pandemica ci auguriamo di non dover sperimentare.