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Codice della crisi, la partenza lenta della Composizione negoziata
Post di Valeria Mazzoletti e Paolo Pototschnig, Partner presso Orsingher Ortu, Avvocati Associati –
Il 15 novembre del 2021 è entrato in vigore un istituto decisamente nuovo per il nostro ordinamento: la composizione negoziata, uno strumento agevolativo delle trattative tra le imprese in difficoltà economico-finanziarie e i suoi creditori, trattative finalizzate ad un accordo che eviti una crisi conclamata o l’insolvenza, e alle quali contribuisce istituzionalmente un professionista definito “esperto”, con il ruolo di facilitatore tra le parti interessate.
Nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, entrato in vigore lo scorso 15 luglio 2022 e destinato a sostituire la legge fallimentare dopo circa ottant’anni, alla composizione negoziata è stato affidato l’arduo compito di affrontare quello che da tempo è considerato il tallone d’Achille delle crisi aziendali e della loro prevenzione: il ritardo con cui le imprese le affrontano e ricorrono agli strumenti approntati per la loro soluzione.
La pletora di esperti
In quest’anno di vigenza dell’istituto, Unioncamere, che gestisce la piattaforma telematica su cui vengono iscritte le procedure di composizione negoziata, ha progressivamente pubblicato i dati sul suo funzionamento. Il 16 novembre prossimo presenterà a Roma un consuntivo annuale. Ma già i dati diffusi nel settembre scorso appaiono un campione significativo. Il primo e principale è quello del numero di istanze presentate (circa 400), che non sembra così modesto se si considera che lo strumento sconta il carattere della novità; ma al suo cospetto colpisce, in proporzione, il numero di esperti iscritti negli appositi elenchi. Siamo ad oltre 3.500 soggetti.
Spicca anche la loro qualifica professionale: commercialisti e avvocati rappresentano oltre il 98% degli iscritti, con netta preponderanza dei primi (oltre l’80% del totale), mentre i dirigenti d’impresa e i consulenti del lavoro non raggiungono l’1,5% degli iscritti. Inoltre, rileva il dato dei risultati delle procedure finora concluse: solo 2 si sono chiuse con un accordo tra l’impresa e i suoi creditori, a fronte delle 60 terminate senza esito positivo e le oltre 20 che non sono state neppure avviate per carenza dei requisiti.
Che cosa si può fare
Se di fronte a questi dati, che certo non sembrano lusinghieri, sarebbe prematuro esprimere giudizi trancianti sull’efficacia della composizione negoziata, non si deve rinunciare a chiedersi cosa non stia funzionando e su quali versanti si possa agire per migliorare l’efficienza dello strumento. Anche sulla base della personale esperienza pratica, il punto dolente rimane quello della poca tempestività dell’impresa nell’agire per prevenire la crisi, perché la carenza di prospettive di risanamento è la principale causa degli insuccessi.
Ѐ vero che le difficoltà di un’impresa possono rivelarsi irreversibili anche in una prospettiva temporale di ampio respiro, se si può prevedere che la sua attività caratteristica sia destinata a non stare al passo con l’evoluzione del mercato di riferimento; ma la scarsa conoscenza dell’istituto e l’ancora modesto bagaglio di esperienza da parte degli operatori hanno certamente avuto un’influenza rilevante, in combinazione con il retaggio, per così dire, socio-culturale degli imprenditori, che tendono a non ammettere le difficoltà e a non affrontare soluzioni che potrebbero non vederli più “in sella” alla propria azienda o prevedere ingerenze e condivisioni nella sua gestione.
Gli incentivi non bastano
Non bastano gli incentivi o almeno quelli oggi previsti, che si traducono in alcune agevolazioni di natura fiscale. Se si vuole essere realisti e favorire reazioni virtuose, occorre guardare all’organizzazione aziendale con approccio concreto nel tracciare modelli adottabili dalle singole imprese, nonché a interventi indiretti che pongano l’imprenditore poco attento o responsabile di fronte ad uno stimolo ad intervenire, anche in considerazione delle potenziali responsabilità per il dissesto.
Il sistema disegnato dal Codice è quello delle segnalazioni, da un lato, dei cosiddetti creditori pubblici qualificati (Agenzia delle Entrate, Agenzia delle Entrate-Riscossione, INPS e INAIL), che difficilmente potranno essere davvero tempestive, almeno alla luce della disciplina tracciata dal Codice; dall’altro lato, e soprattutto, dell’organo di controllo, cui sono affidati precisi doveri di intervento e interlocuzione.
Pensare allora, come già proposto in sede politica, di rinviare l’applicazione di questi obblighi o di differire ancora l’entrata in vigore della riduzione delle soglie, al raggiungimento delle quali è obbligatoria per le S.r.l. la nomina dell’organo di controllo, non andrebbe certo a vantaggio di un più efficace utilizzo della composizione negoziata, in un momento storico in cui ancor di più le crisi aziendali vanno affrontate e non lasciate languire.
L’assalto alla diligenza
Le soluzioni per un superamento della crisi passano poi attraverso una conoscenza del settore industriale o commerciale di riferimento. Il numero di esperti iscritti suscita qualche perplessità e lascia il dubbio che vi sia stata una sorta di “assalto alla diligenza” che potrebbe non deporre a favore di un omogeneo livello di competenza. Ecco perché dovrebbe essere ripensata, pur con gli opportuni presidi sul fronte degli oneri per l’impresa, la norma che pone a carico del professionista incaricato i costi di eventuali ausiliari cui faccia ricorso. E che proprio il Codice identifica in special modo tra i conoscitori del settore industriale o commerciale interessato.
Altro punto nevralgico è quello della scelta dei creditori con cui intavolare le trattative, e non solo di quelli bancari, e di come approcciarli. Una pronta selezione di quelli realmente strategici, che eviti tavoli inutilmente allargati e che favorisca la tempistica del tentativo di risanamento, appare essenziale.
Composizione negoziata o procedura liquidatoria?
Nel contempo, altrettanto essenziale è la credibilità di questo tentativo dal punto di vista dei creditori, cui fisiologicamente viene chiesto un sacrificio, che passa non solo dalla competenza e dall’esperienza dei professionisti che assistono l’impresa, così come dell’esperto nominato; ma anche dai contenuti della proposta di accordo che dovrebbero essere, almeno di massima, prontamente individuati. Anche per evitare che la composizione negoziata sia vista come mera strada per poter giungere al concordato semplificato. Una sorta di procedura liquidatoria per certi versi imposta ai creditori stessi.
Il ruolo dei tribunali
È infine opportuno, e lo si rileva senza pretesa di completezza, che il coinvolgimento dei tribunali, quando siano richieste misure cautelari o protettive di tutela, rispettivamente, del patrimonio aziendale e delle trattative, non si trasformi in troppo rigide e premature valutazioni sulle prospettive di risanamento che, di fatto, precludono un effettivo dialogo tra impresa e creditori.
L’attenzione nel concedere queste misure può essere comprensibile in una prospettiva di contenimento degli abusi. Ma un’eccessiva severità di giudizio può rivelarsi di ostacolo al perseguimento di soluzioni che possono essere individuate o, comunque, messe a punto in termini sostanziali proprio grazie al dialogo con i creditori. Il legislatore ha scelto di evitare automatismi di queste forme di protezione. E ha preteso che le stesse dipendano da un provvedimento giudiziario. Ma sul piano applicativo occorre che i tribunali gestiscano questa fase processuale sempre con l’equilibrio imposto dalle finalità della composizione negoziata, senza sostituirsi alle valutazioni dei creditori.