Ricchezza e no. Ridurre le disuguaglianze è ancora un’utopia?

scritto da il 14 Febbraio 2023

Post di Luca Battaglia, laureando in Finanza Aziendale ed appassionato di tematiche economiche e politiche, sia nazionali che internazionali. Co-fondatore del blog Pillole di Politica – 

Il progressivo affievolirsi dell’omogeneità reddituale all’interno della società ha reso possibile, soprattutto nel corso degli ultimi 50 anni, che le disuguaglianze tra individui si modificassero notevolmente. Oggi l’iniquità distributiva del reddito è cresciuta al punto da essere facilmente rilevabile attraverso una serie di indicatori che mostrano un deterioramento della qualità della vita, tra cui quelli relativi alla criminalità, ai disagi psichici, alla speranza di vita, alla mobilità professionale, all’istruzione scolastica, alla diffusione di condizioni di obesità o gravidanze minorili.

La metà della ricchezza mondiale all’1,2%

Secondo l’ultimo Global Wealth Report del Credit Suisse Research Institute, nel 2021 il 48,7% della ricchezza mondiale è risultato nelle mani del solo 1,2% della popolazione. Nello specifico, lo studio mostra come la ricchezza globale a dicembre 2021 ammontava a 463.600 miliardi di dollari statunitensi, in aumento del 9,8% dal 2020, a cui hanno contribuito tutte le aree geografiche, seppur con diverse percentuali (Nord America circa il 50%; Africa, Europa, India e America Latina tutte insieme solo l’11,1%, sintomo di disuguaglianze tra nazioni in continua evoluzione).

Oggigiorno il livello di disuguaglianza globale tra paesi, misurata anche dagli indicatori sopraccitati, sembra essere superiore a quello esistente a cavallo tra il 1800 e il 1900, con un netto incremento a seguito dell’affermazione del paradigma neoliberista, dottrina economica che sostiene una riduzione dell’influenza dello Stato sull’economia, e della crescente fiducia riposta nelle capacità del mercato di portare, da solo, sviluppo e aumento dell’occupazione.

Le disuguaglianze stimolano imprenditoria e sviluppo?

Di fatto, anche dopo le conseguenze negative della crisi del 2007-2008 in molti continuano a sostenere che le disuguaglianze di reddito siano positive per stimolare imprenditoria e sviluppo. In realtà, l’aumento della concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi sembra correlato con una diminuzione nel tasso di crescita delle economie dell’Occidente, soprattutto se messe a confronto con quelle asiatiche, Cina su tutte, meno liberali.

Non a caso, tra i paesi le cui valute si sono maggiormente apprezzate nel corso nel 2021 c’è la Cina (+2,6%), che allo stesso tempo si colloca tra le ultime economie con riferimento all’incremento dei valori immobiliari ed alle variazioni dei prezzi azionari, questi ultimi addirittura negativi (-2,2%).

disuguaglianze

Tuttavia, gli ultimi valori del Coefficiente di Gini pubblicati dalla Banca Mondiale (ultimo aggiornamento: 22/12/2022), uno dei principali indicatori di concentrazione utile per misurare la diseguaglianza nella distribuzione del reddito o anche della ricchezza, dimostrano che Cina e Stati Uniti, dopotutto, non risultano essere così lontani, sintomo di un chiaro avvicinamento dell’oriente al modello liberale occidentale.

Oggi diverse nazioni più ricche cercano di compensare tali differenze offrendo aiuto alle nazioni più povere. Si tratta principalmente di prestiti sui quali vengono applicati tassi di interesse onerosi, accompagnati da accordi commerciali che, spesso, sembrano avere il solo fine di assicurarsi il maggior numero di appalti e materie prime del luogo. Va tuttavia notato che lo scarto tra nazioni, anziché ridursi, tende ad aumentare per diverse motivazioni: una colpa va sicuramente data all’attuale modo di intendere la politica, oramai profondamente subordinata all’economia (in particolare, alla finanza) e incapace allo stesso tempo di garantire un’inversione di tendenza nell’approccio al consumismo.

Disuguaglianze e redistribuzione mancata della ricchezza

Di fatto, le disuguaglianze esistono anche perché il sistema economico, che genera ricchezza, non riesce a distribuirla in modo uniforme. Ma da chi viene fortemente influenzato, giorno per giorno, il sistema economico, se non dalla politica? Sono proprio i politici a parlare di fattori come debito, deficit e spesa pubblica, con dichiarazioni che facilmente alimentano conseguenze economiche.

Un’altra colpa è da ascrivere al moderno capitalismo: diverse multinazionali sottraggono alle nazioni più povere importanti quantitativi di risorse attraverso manipolazioni sui prezzi del commercio internazionale. In questo modo riscuotono imponenti somme legate ad investimenti effettuati in specifiche nazioni in difficoltà economica e/o sociale. Ad esempio l’Ucraina di questi mesi, fortemente influenzata dagli assalti delle multinazionali verso i terreni fertili del ‘granaio d’Europa’.

Il mismatch tra competenze richieste e disponibili

Infine, gli avviati processi di automazione ed il costante mismatch tra skill richieste e skill rese disponibili da ciascun lavoratore fanno sì che nasca un periodo di transizione in cui le disuguaglianze diventano estreme anche all’interno delle singole nazioni: lavoratori assunti perché in grado di soddisfare i requisiti richiesti, a fronte di altri che perdono invece il proprio impiego senza riuscire a trovarne uno nuovo facilmente.

La storia ci insegna che quando la politica, tramite le proprie istituzioni, riduce il proprio interesse verso la regolamentazione dell’economia, i divari tra gli individui si ampliano. Agire per ridurre le disuguaglianze, dunque, non è una semplice necessità morale, ma anche una questione di buona economia, poiché pongono rilevanti problemi in termini di sviluppo e crescita.

Le radici delle disuguaglianze nei mercati e nelle rendite diffuse

I mercati creano oggi privilegi che tendono a durare troppo nel tempo, con la conseguenza di ridurre la concorrenza e dar vita a vere e proprie rendite, molto diffuse nel mondo della finanza ma in evoluzione anche all’interno di mercati poco concorrenziali. Chi sta dentro riesce di fatto ad accaparrarsi qualcosa che, se il mondo fosse un po’ più concorrenziale nel suo complesso, non prenderebbe. Nulla di male, considerato che i mercati finanziari, sotto la vigilanza di autorità competenti, sono decisamente caratterizzati da tutto ciò. Eppure, guardandoci intorno, i ricchi diventano sempre più ricchi, mentre i poveri sempre più poveri.

Come se ne esce? Riforme fiscali e della governance

La domanda è: come possiamo fare in modo che le imprese di un libero mercato seguano maggiormente l’interesse generale piuttosto che uno particolare? Un intervento normativo volto all’incremento della tassazione sul patrimonio o sul reddito dei più ricchi. Ma anche l’aggiornamento dei sistemi di governance delle imprese, al fine di rendere le stesse maggiormente all’altezza nel rappresentare attori a vantaggio del benessere sociale. Sarebbero due opzioni ideali. Se non fosse che oggi la società assume facilmente comportamenti opportunistici in maniera troppo naturale, con scarsissimo interesse verso le ricadute sociali.

Si tratta di proposte con solide basi che, tuttavia, occorre rivalutare in funzione degli obiettivi finali da raggiungere. I quali a loro volta necessitano di essere chiariti prima di procedere con scelte in una società, quella mondiale, già fortemente influenzata (soprattutto in determinate nazioni) da fenomeni come evasione e elusione fiscale, guerre civili e non, dittature, epidemie, povertà.