Startup, tutti i passi per non cadere nella trappola Silicon Valley Bank

scritto da il 12 Marzo 2023

L’autore del post, Silvano Joly, boomer torinese, è un manager che ha lavorato con Innovation Leader come PTC, Reply, Sap, Dassault Systemes, Centric Software, Syncron e  con Aziende pre-IPO, startup. Contributore presso varie Università Italiane, è mentore pro-bono di startup high-tech e da sempre amico della Piccola Casa della Provvidenza (Cottolengo), il più antico istituto dedicato all’assistenza di persone con gravi disabilità –

Se ne parla molto ma esattamente, sappiamo cosa sia una startup?

Il modo migliore per scoprirlo e capirlo è senz’altro visitare il sito web di Steve Blank, l’imprenditore californiano ormai leggendario, al quale si attribuisce il conio e la miglior definizione del termine:

Una startup è un’organizzazione temporanea che ha lo scopo di cercare un business model scalabile e ripetibile.

Nel settore, si ritiene che la stesura di questa definizione di “startup” abbia richiesto a Steve Blank almeno dieci anni di studio e lavoro, anche se il termine esisteva da anni e aveva probabilmente già ispirato icona e tasto “Start” dei computer.

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Ma la validità del lemma di Steve Blank sta nei termini temporaneo, scalabile e ripetibile che differenziano la startup dalla “piccola impresa”, che ne è erroneamente diventato un sinonimo usato quasi sempre a sproposito: quante volte abbiamo sentito presentazioni iniziare con la frase “Siamo una startup fondata a inizio anni 2000…”

È infatti proprio alla fine degli anni ’90 con la famigerata bolla dot-com che il termine si è diffuso in tutto il modo. In questo modo l’informatica ha influenzato l’economia e le lingue, dando al termine startup il significato di società di prodotto (talvolta di servizi) che fa business principalmente sul Web o con il Web. Quest’epoca, detta New Economy, è evoluta rapidamente nella Trasformazione Digitale, che viviamo ancora oggi, dove tecnologie sempre più avanzate hanno reso digitali processi aziendali prima svolti a mano o con strumenti informatici di produttività individuale (ad es. word o excel), culminando oggi nel concetto di Digital Twin che si va affermando per definire mondi non materiali ma di fatto identici a quelli reali.

In quell’epoca assistemmo ad una crescita esponenziale di Ipo e quotazioni, in primis nella Silicon Valley (dove oggi i guai di una banca si possono riverberare su un’intero ecosistema di imprese), sostenute da bassi tassi, che vide l’indice NASDAQ arrivare ai massimi per poi crollare, con molte startup fallite ma anche consolidando realtà incredibili come Google, Amazon, eBay e moltissime altre più tecniche e tecnologiche.

Startup, le 5 categorie secondo Steve Blank

Ma se torniamo a Steve Blank, possiamo leggere sul suo sito che una startup non deve essere basata sul web o tecnologica e piuttosto appartiene a cinque categorie:

– piccola impresa, innovativa ma non scalabile, sottostante alla crescita “organica”

– da acquisizione, ovvero con un piano di exit legato ad essere comprata da un’azienda più grande;

– scalabile, con un brevetto o un modello di business ripetibile e scalabile in base ad investimento e quindi in cerca di capitale;

– spin off, creata per “scissione” da una grande azienda con un nuovo prodotto e altri/nuovi clienti;

– startup sociali, con scopo benefit ovvero che aspirano a rendere il pianeta migliore.

In questo ventennio e un po’ più recentemente anche in Italia la startup è diventata de facto un’alternativa professionale, un mestiere, una scelta di vita. Chi non conosce giovani che ne hanno fondata una, boomer che han perso il lavoro o si sono dimessi per creare la loro next big think? D’altro canto, incubatori, acceleratori di banche, università e imprese, venture capital sono diventati elementi consueti nello scenario lavorativo, professionale, economico.

Come creare una startup

Ma come creare una startup? Anche su questo tema Steve Blank ci dice che questa è la seconda domanda. La prima andrebbe fatta a noi stessi: Vuoi veramente crearne una? E continua, in una video lezione che va assolutamente vista: Una startup non è la versione in piccolo di un’azienda più grande, è tutt’altra cosa e non si può fare nel tempo libero. Creare una startup richiede passione, impegno, dedizione, determinazione e tanto duro lavoro. Avere solo una grande idea di business non basta… Una startup è una chiamata. E se non sei chiamato, se non riesci a toglierti quella idea dalla testa… lascia perdere… È un’esperienza totalizzante che potrebbe darti grandi soddisfazioni. Come pure, perché no, quella di cambiare il mondo”.

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Steve Blank, inventore del metodo Lean Startup

È certamente così, l’idea è il punto di partenza per creare una startup, ma dato che come si dice Better to fire ideas than people è opportuno ammettere che la prima idea è solo una delle tante da valutare nella continua ricerca di un modello di business ripetibile e scalabile. I passi canonici sono abbastanza conosciuti e descritti nell’arcinoto modello Canvas, ideato da Alexander Osterwalder, che divide in 9 blocchi gli elementi necessari al lancio di una nuova impresa: Customer Segments, Value Proposition, Canali di vendita, Customer Relationships, Revenue Streams, Key Resources, Key Activities, Key Partners, Cost Structure.

Ma oltre alle buone letture, ai siti ed alle lezioni chi può aiutarci se vogliamo dare corpo alla nostra idea e dedicarci alla creazione di una startup? Quali consigli, tutele, azioni intraprendere? Come mia abitudine ho chiesto ad alcuni colleghi e amici che sono specializzati ed esperti in uno specifico ambito.

Imparare a tutelare l’idea

Inizio dall’avvocato Filippo Imberti dello Studio Laforgia, Bruni & Partners che mi ha spiegato che “Un’idea nasce per essere nuova, creativa e offrire prodotti o servizi innovativi, che portano un beneficio possibilmente nuovo o maggiore rispetto a ciò che già si conosce. Indipendentemente che sia un privato, una startup o una grande azienda a partorire la nuova idea, conviene sempre trovare uno strumento a tutela degli sforzi e degli investimenti fatti, sia economici che intellettuali. In quest’ambito si inserisce l’apparato di principi giuridici che mirano a tutelare i frutti dell’inventiva e dell’ingegno umano mediante gli strumenti di tutela della Proprietà Intellettuale”.

“Parliamo in sostanza del Brevetto di invenzione che tutela le innovazioni tecnologiche di prodotto e di procedimento (meccaniche, chimiche, elettroniche), del Design che protegge l’aspetto estetico ed esteriore di un prodotto, del Marchio che crea una esclusiva su un nome o segno distintivo, del Copyright che tutela le opere oggetto di Diritto d’autore (inclusi i Software e le App) e dei relativi contratti (di licenza, di riservatezza, di trasferimento tecnologico, ecc.).

“L’Inventore, la Start-up e la grande Azienda creano un vantaggio competitivo, legalmente tutelato dalla contraffazione, sul quale investire e poter crescere. La Proprietà Intellettuale, inoltre, è uno dei requisiti richiesti per costituirsi come azienda o startup innovativa e aprirsi ad una molteplicità di misure di finanza agevolata erogate a livello europeo e nazionale a sostegno dell’innovazione, della Ricerca & Sviluppo e dell’internazionalizzazione. Per non cadere in errore e vedersi derubati delle proprie idee, per essere seguiti nella registrazione di uno o più di questi strumenti di tutela, si consiglia di affidarsi sempre ad un professionista iscritto all’Albo dei Consulenti in proprietà industriale evitando o limitando alle fasi di analisi primaria il fai-da-te che potrebbe rivelarsi pericolosissimo e compromettere la buona riuscita di un’avventura imprenditoriale”.

Una figura chiave: Il Business Angel

Un’altra figura importantissima nella concezione e definizione del Business Plan e nel già citato modello canvas è quella del Business Angel, una figura moderna che eredita alcune caratteristiche del mentore, ma ha una definizione operativa chiarissima: è un investitore informale che offre capitale e conoscenze alle startup che hanno buone prospettive di sviluppo, dal punto di vista economico e con assistenza tecnica e direzione strategica.

Essendo un professionista con esperienza manageriale o imprenditoriale, il Business Angel diventa un esperto a costo zero nelle fasi cruciali di avvio della startup e si assicura un buon investimento diventando parte dell’impresa stessa.

Angelo Italiano, si chiama proprio così!

Angelo Italiano è un manager con esperienza 30ennale in Accenture. Dal 2014 si dedica ad investimenti in startup ed iniziative imprenditoriali locali con ambizione di crescita internazionale. Nel 2016 è stato premiato come Miglior Business Angel d’Italia da StartupItalia. A lui ho chiesto i tre consigli che darebbe al fondatore di una startup, prima di presentarsi ad un Business Angel o ad un ente come il Club degli Investitori del quale è membro: “Rispondo prima In modo semplice e sintetico:

1)  Arrivate all’incontro preparati

2)  Provate a valutare la vostra proposta dal punto di vista dell’investitore

3)  Senza Prodotto non si parte, senza Go2Market non si fa impresa.

Arrivare preparati esattamente cosa significa?

“E posso anche articolare meglio: diverse sono le motivazioni e la storia professionale dei business angel (BA) che vi troverete davanti. E ci sono mille modi per averne almeno un’idea – dal navigare su Linkedin alla rete di amici e conoscenze. Arrivare preparati significa conoscere esperienze e competenze, rendendo più semplice e diretta la comunicazione. Un fattore fondamentale nella preparazione è infatti la gestione dei tempi, per andare a coprire tutti gli aspetti qualificanti della vostra impresa in un tempo ridotto, lasciando spazio a domande e suscitando interesse (ho sentito dire al proposito “a good speech should be like a woman’s skirt: long enough to cover the subject and short enough to create interest”)”.

“Inoltre, nella gestione dei tempi i founder dovranno considerare che un BA vede decine di progetti: il livello di attenzione tende quindi rapidamente a ridursi: e nella finestra utile si deve lasciare quanto serve per lasciare l’impressione generale di entusiasmo e professionalità – anziché entrare in piccoli dettagli tecnici che molto difficilmente faranno scattare la decisione di investimento”.

La passione del business angel non è filantropia

“Circa il punto di vista dell’investitore: il BA, per quanto esperto e preparato, investirà direttamente il proprio tempo ed il proprio denaro – più per “passione” che per un processo strutturato e codificato tipico di un venture capital (VC). Il parametro fondamentale è quindi l’imprenditore, il suo “occhio di tigre”, la sua capacità di mettersi in gioco e di fare squadra. Presentare un progetto con imprenditori a tempo parziale, magari anche con uno stipendio da subito, significa non credere nel successo della startup – se non ci credono i founder perché un terzo dovrebbe investire dei soldi?”.

“Attenzione poi a non confondere la “passione” del BA con una forma di filantropia o di dabbenaggine: il BA conosce ed accetta il rischio (“no business without risks”), ancor più in presenza di un investimento in startup – ma come sempre negli investimenti: a maggior rischio deve corrispondere maggior ritorno. Proponete quindi valutazioni razionali, che accettereste voi per primi (non il cash flow attualizzato di un business plan sceso direttamente dal mondo delle favole). E se la vostra startup aspira a pagare gli stipendi e poco più senza “scalare” i volumi, meglio cercare un socio d’opera o una banca, non un BA”.

Non esiste startup senza prodotto che qualcuno comprerà

“Infine, il Go2Market. Inevitabilmente una startup nasce e si focalizza attorno ad un prodotto, un servizio, una soluzione, una tecnologia; l’attenzione è concentrata sugli aspetti tecnici o addirittura scientifici (basti pensare alle startup Life Sciences), rimandando la connotazione “commerciale” a tempi successivi. Ma non esiste un ottimo prodotto se nessuno è disposto a comprarlo – e questo abbinamento (“willingness to pay”) va verificato il prima possibile, sicuramente prima di presentare la startup a una platea di investitori”.

“Certo, ad una startup che ancora deve disegnare il proprio “business model” è inutile chiedere se nel 2038 aprirà il mercato cinese con un distributore o con propria rete vendita; ma è invece parte fondante del progetto di startup pensare “chi è il mio primo cliente?”, confrontarsi con chi dovrà decidere se/come acquistare, definire in modo chiaro quali sono i fattori distintivi rispetto alle soluzioni esistenti sul mercato (e magari quelle che nel frattempo stanno arrivando). Bisogna insomma un po’ uscire dall’idea romantica che con una buona idea si farà fortuna, approccio più vicino alla lotteria che all’investimento; per fare impresa servono invece impegno, continuità, capacità di esecuzione (“Execution is the strategy”)”.

Incubatori e acceleratori

Abbiamo parlato di incubatori ed acceleratori e non posso non citare Piemonte Innova, il centro di attrazione per aziende, centri di ricerca e privati che sviluppano soluzioni. Nel 2006 si chiamava ancora Torino Wireless ed era una vera rivoluzione ideata dal professor Rodolfo Zich per rilanciare l’ICT, vi ho passato un anno sabbatico muovendo i primi passi nel mondo start up e VC e imparato moltissimo. Oggi esistono una pletora di organizzazioni pubbliche e private per incubare o accelerare start up, ma credo che Startupbootcamp, abbia caratteristiche uniche. È infatti costituita infatti non da uno ma da una rete globale di acceleratori, ognuno specializzato e incentrato su un settore, che supportano i fondatori di start up nella fase iniziale per aiutarli a scalare le loro aziende fornendo accesso diretto a una rete internazionale dei mentori, partner e investitori più rilevanti nel loro settore.

Anche io collaboro pro bono con Startupbootcamp, come mentor per FashionTech, la unit dedicata alla industry Fashion che ogni anno seleziona 10 startup in tutto il mondo ammettendole ad un programma di accelerazione di 3 mesi che le espone a partner e investitori. Il loro obiettivo è diventare le aziende FashionTech del futuro leader del settore. Alla fine del programma, tutte le startup presentano le loro idee innovative davanti a centinaia di investitori, partner e mentori nel nostro gran finale: il Demo Day.

Cinque regole per le startup secondo Naza

Ne ho parlato con Nazzareno Mengoni, giovane imprenditore italiano fondatore e Manager Director di Startupbootcamp Italia, personalità davvero vulcanica e nell’innovazione e nello sviluppo del business. A “Naza”, che è stato anche Presidente dei Giovani Imprenditori della FederlegnoArredo ed è un investitore attivo nel mondo della DeFi (Decentralized Finance), ho chiesto di condividere le sue esperienze per suggerire a chi si affaccia ad una nuova avventura con una startup non solo consigli ma anche caveat e don’t: “Per la mia esperienza alle startup suggerisco 5 punti fondamentali:

1, Sottolineare l’importanza del prodotto/servizio: è importante che la startup abbia un prodotto o servizio che risolva un problema specifico e che abbia un potenziale di mercato significativo.

2, Creare un gruppo competente: la startup deve avere un gruppo di professionisti altamente competenti che possano collaborare efficacemente per raggiungere gli obiettivi dell’azienda.

3, Pianificare con attenzione e vedere la potenziale exit fin da subito: la startup deve avere un piano di business dettagliato che copra aspetti come il marketing, le finanze e le operation.

4, Identificare la concorrenza: è importante che la startup abbia una comprensione completa della concorrenza e del loro posizionamento sul mercato.

5, Essere resilienti e gestire la liquidità con attenzione: le startup devono essere pronte ad adattarsi alle mutevoli condizioni di mercato e ad apportare modifiche al loro prodotto, servizio o strategia di business. Questa è anche visione di FashionTech: creare un ecosistema di successo! Siamo convinti che solo attraverso un approccio collaborativo e un impegno comune possiamo creare un futuro migliore per l’innovazione e lo sviluppo economico.”

Un’esperienza concreta: Must Had

Concludo questa analisi parlando proprio di un startup: Must Had, che sta costruendo un ecosistema digitale composto da domanda e offerta per e di materiale tessile di scarto (principalmente resi, invenduto e prodotti difettati) con l’obiettivo di ridurre gli impatti ambientali e sociali generati dal settore tessile e moda.

Per gestire questo processo, La piattaforma di Must Had si avvale di specifici asset tecnologici che favoriscono l’analisi del materiale tessile di scarto a disposizione e il match con la soluzione circolare ideale, un sistema di blockchain per il tracciamento della filiera dell’end-of-life e un sistema di misurazione degli impatti ambientali e sociali.

Must Had

Un turbinio di emozioni

Ho chiesto a Eugenio Riganti e Matteo Aghemo, fondatori di Must Had cosa non rifarebbero a qualche anno dalla fondazione e cosa potrebbe oggi fare la differenza per la loro “creatura”:

“Fare Startup è un turbinio di emozioni, sembra di stare sulle montagne russe. Ogni giorno non è mai uguale ad un altro, soprattutto quando si stanno muovendo i primi passi. Siamo partiti circa 2 anni fa senza esperienze di startup pregresse e questo ci ha sicuramente rallentati nei primi mesi perché abbiamo dovuto unire due attività molto importanti per un’azienda nativa che riassumerei così: “abbiamo imparato a fare”. È stato un periodo molto intenso che, tuttavia, ci ha permesso di conoscere meglio il mercato in cui oggi operiamo e comprenderne le necessità”.

“Certo, non è stato tutto rose e fiori. Però, onestamente, in un modo o in un altro rifaremmo quasi tutto. Ad ogni modo, riguardando il nostro percorso, ci avrebbe fatto davvero comodo affidarci fin dall’inizio del percorso della startup (“il famoso 0 to 1”) a qualche ente che di lavoro o per passione supporta le startup nel loro percorso di crescita. Pensiamo, infatti, che sia fondamentale contare sul supporto di chi “ci è già passato”. E che possa contribuire all’accelerazione del processo di crescita perché il tempismo è un fattore chiave”.

Startup e buone letture

Dopo così tanti contributi, non riesco ad aggiungere altro e mi congedo con la lista di libri sul tema Startup che mi è capitato di leggere. Li consiglio a startup e startupper con il mio più sincero augurio di essere la prossima Next Big Think e in ogni caso di trovare quello che cercano.

Abbiate cura di voi e buona lettura!

The startup owner’s manual – Steve Blank & Bob Dorf

Non funzionerà mai – Marc Randolph

Trova il tuo perché – Simon Sinek

The start-up of you – Reid Hoffman

Business model generation – Alexander Osterwalder

Running lean – Ash Maurya

The art of the start 2.0 – Guy Kawasaki

The hard thing about hard things – Ben Horowitz

The lean startup – Eric Ries

Hacking Growth – Sean Ellis

Zero to one – Peter Thiel

Traction – Gabriel Weinberg