Turismo, lusso e moda non bastano più. Come potenziare il brand Italia?

scritto da il 11 Aprile 2023

Post di Aldo Pigoli, docente all’Università Cattolica, Esperto di Geopolitica e Intelligence competitiva; e Valerio Mancini, Direttore del Rome Business School Divulgative Research Center –

Negli ultimi decenni, un numero crescente di comunità, città, province, regioni e nazioni ha sviluppato tecniche di marketing e branding al fine di attrarre investitori, visitatori, lavoratori, eventi e così via. Oggi, infatti, il concetto di brand non è associato solamente a prodotti e servizi, ma utilizzato anche per i territori, al fine di incrementare la capacità di identificare, distinguere e valorizzare il territorio stesso.

L’importanza del Branding territoriale

Nel corso degli anni si è andato quindi affermando il concetto di “Nation Branding” e come sono stati sviluppati tutta una serie di modelli teorici e strumenti pratici ad esso legati. Allo stesso tempo, con lo sviluppo di agglomerati urbani che concentrano buona parte della popolazione e della ricchezza di un Paese, o l’affermazione di territori le cui specificità e peculiarità vengono fatte risaltare e messe in evidenza (si pensi ai distretti produttivi, alle aree turistiche, così come a luoghi di rilevanza storico-culturale), è emersa la necessità di valorizzarne l’immagine attraverso il cosiddetto “Position branding” o “Branding territoriale”.

Rafforzare l’immagine positiva

In sostanza, nella maggior parte dei casi, l’attività di Branding nazionale si sviluppa in un contesto in cui è già presente un’immagine e serve quindi, sintetizzando, svolgere una duplice azione: rafforzare e rendere ancor più chiara l’immagine positiva; e contrastare la diffusione e affermazione di un’immagine negativa e trasformare la stessa in chiave positiva.

In tale contesto, l’“immagine”, o meglio, la percezione di un Paese come l’Italia è da alcuni legata all’idea di nazione esportatrice di lusso, bella vita e buon mangiare, ma, se andiamo ad analizzare nel profondo la situazione economica interna troviamo un’“identità” ben diversa: l’Italia, infatti, è tra i paesi meno attraenti dove investire, fare impresa e crescere professionalmente. Pertanto, la reputazione di cui gode il Belpaese in materie di turismo, lusso e moda, non basta per attrarre nuovi talenti e investimenti in innovazione.

Italia, la dipendenza dalle tre F

Il brand Italia, con un valore di 1.819 miliardi di euro (+8,6% vs 2021) e al 1º posto sia per influenza culturale e per prestigio, secondo il Best Countries Report 2022, trova difficoltà a crescere perché patisce un’“eccessiva dipendenza dalle classiche ‘3 F’, ossia Food, Fashion e Forniture, che ha portato a far prevalere, sia a livello interno, che internazionale, un’immagine di Paese poco competitivo, scarsamente appetibile e, addirittura, impantanato nel proprio passato e incapace quindi di evolvere e puntare davvero sull’innovazione.

Made in Italy meno riconosciuto del Made in Germany 

Infatti, anche se pochi lo sanno il Made in Italy è un brand meno riconosciuto a livello globale e secondo, ad esempio, al “made in Germany”:

Figura 1. The World’s Most Respected “Made in” Labels

Italia

Fonte: Made-In Country Index 2017

Italia e indici: cultura ok, male istruzione e governance

L ’Italia rientra storicamente tra i primi paesi nel “Global Soft Power Index” di Brand Finance, dove attualmente vengono analizzati 120 nazioni in diverse categorie. Nell’ultimo report pubblicato a inizio 2023, l’Italia è risalita di una posizione rispetto al 2022, dal 10° al 9° posto. Tuttavia, rimaniamo all’ultimo posto tra i Paesi G7.

Gli aspetti maggiormente penalizzanti riguardano le categorie “Istruzione e Scienza” (25º) e “Governance” (25º), e quelli più alti sono “Culture & Heritage” (3º) e “People & Values” (5º).  In più, il Best Countries Report 2022 (US News, BAV Group e University of Pennsylvania) mette l’Italia al 14º posto su una classifica di 85 Paesi (salita di 2 posti rispetto l’anno precedente). L’ Italia ricopre il 1º posto per influenza culturale e per retaggio ma è meno performante se si tratta di innovazione e trasparenza burocratica.

GAI, Italia doppiata dalla Germania

Anche allo scopo di proiettare dall’interno del sistema italiano una narrazione in grado di compensare quelle provenienti dall’esterno, che spesso tendono a penalizzare l’immagine dell’Italia in ambito economico e di capacità di attrarre investimenti, Ambrosetti – The European House da qualche anno realizza il “Global Actractiveness Index” (GAI), che che mette a confronto 148 economie a livello globale. Il GAI inserisce l’Italia al 19º posto, quindi in posizioni più avanzate rispetto a molti altri report simili a livello internazionale. Tuttavia, anche in questo caso, rileva il significativo distacco con i leader della classifica, Germania e USA, che hanno un punteggio doppio rispetto a quello dell’Italia.

Tabella 2. La classifica per Paesi del Global Attractiveness Index (GAI) per il 2022

Italia

Fonte: Global Attractiveness Index 2022, top 20 positions, The European House – Ambrosetti elaboration (cliccare sulla figura per ingrandire)

La performance dei brand italiani: al top il lusso e l’agroalimentare

Uno dei problemi principali quando si considerano immagine percepita e valore reale dei brand aziendali ruota attorno alla staticità ed autoreferenzialità dell’osservatore, che non considera di ampliare lo sguardo, ruotandolo di 360°, in modo da comparare la realtà nostrana con il contesto globale entro il quale i brand italiani operano. Pur caratterizzati da alti livelli in termini di immagine relativa a qualità, autenticità e stile, i marchi italiani non sono sempre riconosciuti tra i più prestigiosi al mondo. Il già citato report di Brand Finance, che cerca di valutare il valore economico di un brand nazionale, calcolando il peso dei singoli marchi aziendali ad esso ascrivibili, premia Apple, Amazon e Google. Il primo marchio italiano, Gucci, occupa solo il 108°, mentre Enel ed Eni sono rispettivamente al 144° e 193°.

Secondo il “Kantar Brandz Global Report 2022”, i 30 marchi italiani più preziosi nel 2022 sono stati in grado di generare un valore combinato di circa 128,7 miliardi di dollari. L’aspetto positivo che emerge dall’analisi svolta è che, nonostante tutti i fattori critici emersi nel corso degli ultimi anni e la situazione di crisi economica del Paese, questi brand sono stati in grado di sopravvivere e prosperare, incrementando il loro valore rispetto alle rilevazioni precedenti (+12% rispetto al 2021).

 Figura 3. Top Kantar BrandZ 10 Most Valuable Italian Brands (2022)

Fonte: Kantar BrandZ Italy 2022 Infographic

 

 

 

 

Gucci (33,8 mld di dollari di valore del brand), Enel e Kinder sono le prime 3 di tale classifica italiana, mentre il 42% del valore totale dei brand analizzati è legato al lusso, in cui rientrano case di moda quali Prada (3,9 mld) e Fendi (3,1 mld).

Ovviamente, uno dei pilastri fondamentali della capacità nostrana di generare valore economico del brand e supportare il posizionamento internazionale dell’Italia è l’agroalimentare. L’Italia ha il primato mondiale per numero di prodotti certificati (DOP, IGP, STG), che contribuiscono a circa un quinto del fatturato totale dell’agroalimentare italiano.

Come potenziare il brand Italia?

In Italia persiste un rilevante deficit di natura strategica ed organizzativa, con una capacità di coordinamento tra istituzioni e aziende che, sebbene aumentata nel corso degli ultimi anni, ha ancora ampi margini di miglioramento.

Spingere sul rafforzamento e la valorizzazione del brand nazionale è una strada prioritaria. L’emergere di nuovi mercati, infatti, genera crescenti opportunità che vanno colte fin dall’inizio anche sotto il profilo dell’immagine. Al tempo stesso, se è vero che si sta andando verso una ridefinizione delle filiere globali, la competizione verterà ancora di più sulla qualità rispetto ai nostri competitor, quasi sempre meglio posizionati negli indicatori di natura oggettiva come in quelli legati alla percezione.

Ben vengano iniziative come il rafforzamento del Made in Italy ma ciò deve coinvolgere l’intero tessuto produttivo e commerciale del Paese, al fine di strutturare la nostra immagine in maniera coesa, in modo da incidere maggiormente sui mercati. Siamo di piccole dimensioni rispetto ai giganti economici che stanno progressivamente conquistando gli spazi geoeconomici e solo con una chiara e definita proiezione della nostra immagine possiamo continuare a giocare un ruolo a livello internazionale.