Mercati, in vista dell’imprevedibile occorre farsi trovare preparati

scritto da il 29 Maggio 2023

Post di Fabiana Fedeli, CIO Equities, Multi-asset e Sustainability di M&G Investments –

Il compito di noi gestori patrimoniali non consiste nel fare previsioni macroeconomiche ineccepibili ma piuttosto nell’assicurarsi di preservare e accrescere in modo responsabile il capitale affidatoci dai clienti. In realtà, il più delle volte, il segreto sta nel determinare le probabilità dei vari scenari che potrebbero influenzare il comportamento dei mercati, capire se questi sono già prezzati o se possono determinare movimenti più ampi e assicurarsi che il portafoglio sia pronto a sfruttare le opportunità e a minimizzare l’impatto dei rischi. Questo approccio è ancora più importante in un mercato come quello attuale, dove è estremamente difficile fare le giuste previsioni.

Sui mercati le sorprese non sono mancate

La direzione dei dati (calo dell’inflazione e rallentamento della domanda) si può dedurre abbastanza facilmente, ma è molto più arduo stabilire le tempistiche, il ritmo e l’entità dei movimenti, e se questi si verificheranno in maniera lineare o, più probabilmente, in modo più erratico. E nelle situazioni in cui non è possibile fare previsioni, è indispensabile farsi trovare preparati.

Con una pandemia globale alle spalle e una guerra in Europa, abbiamo imparato a non pensare più in termini di “cosa dovremmo aspettarci in futuro”, ma piuttosto “cosa non ci aspettiamo e a cosa non siamo preparati”. E le sorprese non sono di certo mancate. Basti pensare agli eventi che hanno determinato il crollo di quattro banche, le ampie oscillazioni delle aspettative sui tassi che ne sono conseguite, per non parlare della sovraperformance del segmento azionario rispetto a quello obbligazionario. Il crollo, in rapida successione di Silicon Valley Bank (SVB), Silvergate, Signature e Credit Suisse diverrà probabilmente oggetto di infiniti casi di studio.

Ai mercati la medaglia d’oro della resilienza

Tutti pensavamo che una crisi del credito come quella del 2008, con una serie di eventi creditizi connessi, fosse un rischio evidente per il futuro. Detto questo, questa era stata relegata alle code della curva di distribuzione del rischio e considerata come lo scenario di recessione più estremo e temuto, che avrebbe, ancora una volta, minato la fiducia nel sistema finanziario per un periodo di tempo prolungato. Tuttavia, i fallimenti bancari cui abbiamo assistito a marzo non rappresentano l’inizio di un evento creditizio sistemico (o almeno non sembrano esserlo per ora), ma piuttosto il prodotto di problemi idiosincratici.

Questi episodi, rapidamente circoscritti dalle autorità normative e dalle banche centrali, hanno avuto un impatto limitato sulla fiducia collettiva del sistema finanziario globale seppur è probabile che persistano alcuni timori per le banche regionali statunitensi e per le istituzioni finanziarie. In tutto questo, i mercati azionari, che all’inizio dell’anno sembravano meno allettanti dei loro equivalenti a reddito fisso, dopo un gennaio glorioso, un febbraio torrido (così come la prima metà di marzo), e una decisa ripresa a fine marzo, si sono aggiudicati la medaglia d’oro per resilienza.

L’aspetto più evidente è che, ad eccezione di alcuni brevi periodi di volatilità, sia i mercati azionari che quelli del credito si sono comportati in modo discretamente razionale. Le banche, e in particolare le banche regionali statunitensi, hanno subito il grosso della correzione, mentre altri settori hanno dato prova di tenuta e realizzato performance differenziate.

La volatilità dei mercati

Il mercato continua a essere determinato dai dati e a essere volatile, esacerbato dagli accresciuti volumi di derivati a breve scadenza. Dietro a tutto questo trambusto, però, sono presenti due motori chiave: i) le imminenti decisioni delle banche centrali e ii) la probabilità, le tempistiche e la portata di una recessione. In entrambi i casi, pur potendo intuire la direzione di marcia, i tempi e le tappe intermedie sono tutt’altro che certi.

L’inasprimento delle banche centrali dovrebbe essere prossimo a concludersi, ma siamo ancora incerti sulle tempistiche di questa conclusione. In passato abbiamo affermato che le banche centrali avrebbero probabilmente smesso di aumentare i tassi di interesse nella prima metà del 2023. Ciò è ancora possibile, soprattutto perché i problemi del settore bancario negli Stati Uniti avranno probabilmente un impatto negativo sulla capacità e/o la volontà degli istituti finanziari di concedere prestiti, svolgendo così parte di quel lavoro di contrazione della liquidità per conto delle banche centrali. Il mercato prevede ancora che la Fed metta in atto dei tagli dalla seconda metà dell’anno, e questa convinzione ha continuato a sostenere i mercati azionari.

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(everythingpossible – stock.adobe.com)

Taglio dei tassi quest’anno?

Personalmente non credo che un taglio dei tassi sia probabile quest’anno. Qualora mi sbagliassi, e i tagli dovessero verificarsi, a farne le spese sarebbero gli asset rischiosi, a cominciare dai titoli azionari, in quanto tali tagli sarebbero probabilmente determinati da una recessione imponente, eventualità che non corrisponde al nostro scenario di base. E, per quel che concerne l’altro motore chiave per i mercati, cioè la probabilità, le tempistiche e la portata di una recessione, possiamo intravedere solo un barlume di luce. Nell’ultimo mese abbiamo assistito a un permanere della debolezza o a un deterioramento dei punti dati relativi all’attività su scala globale, ed è molto probabile che ci troveremo di fronte a un ulteriore deterioramento della domanda.

I tempi e i modi incerti della recessione

Tuttavia, i tempi e l’entità di una recessione restano al momento incerti. Ci troviamo al cospetto di una di quelle situazioni definite “incognite note”. Non dimentichiamo che le recessioni possono aver luogo con un certo ritardo: esaminando i dati statunitensi relativi a quelle che sembrano essere state innescate da un ciclo di rialzo dei tassi dal 1965 a oggi, le recessioni sembrano verificarsi in misura variabile; e possono manifestarsi con un’ampia gamma di ritardi, compresi tra i 5 e i 15 mesi dal precedente rialzo dei tassi.

Ma, anche se la storia può produrre eventi simili, non è detto che essa si ripeta. L’andamento dei mercati, e in particolare la performance relativa del segmento azionario rispetto ai mercati a reddito fisso, dipenderà dalla durata e dalla profondità del rallentamento rispetto alle aspettative attuali. Non sappiamo quindi cosa ci aspetta. Pertanto, dobbiamo essere preparati a una serie di risultati probabili.

Comandano selezione e diversificazione

In questo momento la selezione resta il principale motore di alfa, la diversificazione continua a svolgere un ruolo cruciale e dobbiamo necessariamente imparare a convivere con la volatilità. Non siamo ancora fuori pericolo e diversi rischi potrebbero concretizzarsi, facendo da guastafeste: un aumento dell’inflazione (favorito dai recenti tagli alla produzione dell’OPEC+), un rallentamento della domanda prima e più profondo del previsto e ulteriori problemi nel settore finanziario.

Nell’era del mobile banking (che nell’ultimo trimestre ha reso possibile prelievi di circa il 25% dei depositi da due istituti bancari nel giro di un giorno), un crollo della fiducia nel sistema finanziario e una “fuga in massa dalle banche” potrebbero far crollare anche l’istituto di credito più solido. Tutto è possibile, ma voler offrire previsioni chiare a questo punto è un esercizio inutile. La scelta più intelligente è farsi trovare preparati.