Medicina e pseudoscienza, in Italia la credulità ha un costo molto alto

scritto da il 26 Giugno 2023

Nel 2017, all’ospedale di Ancona, muore un bambino di sette anni colpito da otite batterica bilaterale. Il GUP condanna a tre mesi di carcere i genitori per concorso in omicidio colposo aggravato: avevano tentato di curare il figlio con l’omeopatia. Un anno dopo, il tribunale di Roma condanna a cinque anni e mezzo di carcere Tullio Simoncini: essendo convinto che il cancro fosse causato da un fungo, la candida albincans, aveva curato un giovane col tumore al cervello iniettandogli in vena del bicarbonato.

Ne avevamo già parlato proprio su Econopoly in un contributo del 26 giugno 2019 e avevamo documentato che, ogni anno, gli italiani spendono circa 3 miliardi di euro in integratori e pilloline la cui utilità o è pari a zero o non è affatto certificata da un protocollo medico-scientifico. Angosciante e incredibile, oltre che indimenticabile, resta la memoria della cura Bonifacio, ampiamente denunciata da Gerardo D’Amico, giornalista e conduttore RAI, nel proprio libro, Dottor Web & Mister Truffa Come internet ti ruba la salute e i soldi.

La cura Bonifacio consisteva in un composto di urine e feci di capra che, secondo l’ideatore, avrebbe dovuto combattere il cancro. Catone il Censore, nel De agri cultura (160), scriveva che, in caso di lussazione di un arto, occorreva soffiare su delle canne spezzate, che simboleggiavano la parte malata del paziente, e, nello stesso tempo, recitare l’incomprensibile formula di guarigione “haut haut istasis tarsis ardannabon”. Raccomandava, inoltre, che il pater familias conoscesse almeno le nozioni essenziali di medicina di base per far fronte ai problemi di salute della propria comunità. Sono trascorsi più di duemila anni, ma non possiamo neppure ipotizzare che la credulità sia un’attitudine bell’e superata! Anzi, forse, mantenendo le debite proporzioni possiamo affermare che è cresciuta.

medicina

(AdobeStock)

In un saggio breve, Il medico misura, dà consigli, guarisce, pubblicato su francescomercadante.it e in cui abbiamo esplorato la dimensione lessicografica e linguistico-antropologica della radice *med-, da cui s’è formata la voce medico, abbiamo dimostrato che la diffidenza nei confronti del medico, unitamente al ricorso alla medicina fai da te, è una sorta di archetipo della civiltà: dal Codice di Hammurabi fino a Galeno – adottando il riferimento della medicina antica – gli uomini hanno visto spesso, nel medico, una sorta di figura ambigua e temibile.

Le indagini di Eurispes, invece, rivelano che, oggi, 4 italiani su 10 assumono antibiotici senza il parere del medico, mentre il 17% della popolazione, vale a dire 9 milioni di italiani, ricorre sistematicamente all’omeopatia. Il guaio è che il Sistema Sanitario Nazionale, paradossalmente e inspiegabilmente, finora, è intervenuto, mediante il criterio della detraibilità, a copertura delle spese di certi preparati il cui uso ci rinvia immediatamente ai rituali magici e alle raccomandazioni di Catone. Di conseguenza, s’è stimato un danno erariale di circa 50 milioni di euro l’anno, anche se il dato economico, a poco a poco, s’è ridotto. Del resto secondo dati Federfarma (2020) la spesa per prodotti omeopatici si è ridotta dai 256 milioni del 2013 a poco più di 160 milioni.

Un po’ di conforto, di fatto, ci giunge da alcune figure che non esitiamo a definire valorose per l’impegno umano e intellettuale che dimostrano nell’anteporre la validità del metodo scientifico anche alla propria libertà. Sulle prime, i detrattori potrebbero essere indotti a credere che i loro sforzi siano unicamente finalizzati all’acquisizione di visibilità e introiti commerciali d’ogni genere e specie.

Non c’è dubbio che alcuni divulgatori scientifici, nel tempo, si siano lasciati risucchiare dal vortice commerciale e abbiano finito col barattare la scienza con qualche gettone, ma questo non è il caso di Alice Rotelli, chirurgo vascolare, laureatasi e specializzatasi presso l’Università di Trieste, in servizio presso diverse strutture private e convenzionate in Friuli Venezia Giulia e Veneto, membro del CICAP e sostenitrice del Patto Trasversale per la Scienza. In sostanza, la sua esistenza è interamente dedicata sia alla salute sia alla lotta senza requie contro le pseudoscienze e le fake news che alterano le nostre condizioni di vita.

La dottoressa Alice Rotelli

È lecito chiedersi, a questo punto, quale sia il suo merito specifico o, diversamente, per quale motivo abbiamo deciso di occuparci di lei. La dottoressa Rotelli, cinque anni fa, aprì una pagina Facebook e un profilo Instagram: nulla di diverso da quello che fanno migliaia di persone. Di recente, ha iniziato a dedicarsi anche a Twitter. Il suo obiettivo, però, era – e, di fatto, è – diverso da quello che fanno migliaia di persone: far conoscere quanto più riccamente possibile la chirurgia vascolare, raccontando aneddoti, descrivendo curiosità, pubblicando articoli riguardanti questo specifico campo della medicina.

Successivamente, la crisi sanitaria della pandemia di COVID-19, in qualche modo, la spinse a studiare e produrre post scientifici con sempre maggiore intensità, nel tentativo di rendere trasparenti e inequivocabili i protocolli di cura e contrastare i rimedi popolari. I suoi profili, in poco tempo, ottennero un enorme successo di pubblico. Un medico che, senza sponsor, senza esposizione mediatica e, soprattutto, parlando di medicina, raggiunge più di 20.000 follower non può che dirsi soddisfatto del proprio lavoro.

Tuttavia, alla gratificazione fa seguito una battaglia cruenta: le piovono addosso insulti e minacce d’ogni genere; alcuni tra gli ‘odiatori’ più fantasiosi la paragonano a Joseph Rudolf Mengele, lo spietato medico nazista di Auschwitz e, per l’occasione, elaborano un’immagine del volto della Rotelli con sopra una svastica; altri le danno della rettiliana o le augurano la morte; per i complottisti, invece, è prezzolata da Big Pharma. A poco a poco, in pratica, la dottoressa Rotelli deve scegliere se rinunciare alla divulgazione scientifica per avere una vita più serena o continuare a combattere – perché di questo si tratta – affrontando le paure e i rischi che l’impresa comporta. Ecco: se noi abbiamo scelto di parlare di lei, la sua scelta appare chiara a tutti.

Una signora, un giorno, interviene con un commento sotto un post sostenendo che, per le placche in gola, un buon rimedio consiste nel mettere un po’ di ricotta fresca in un fazzoletto da uomo, fare una sorta di collare da applicare intorno al collo per un paio di ore e, da ultimo, fare gargarismi con il succo di limone. Certo, è dura per un medico e noi, dunque, tramite un canale come questo non possiamo fare a meno di sostenere chi, come Alice Rotelli o altri con la sua stessa abnegazione, abbia pazienza e risorse per ricondurre la gente almeno a un po’ di buon senso.

“La difficoltà – afferma la dottoressa Rotelli – sta proprio nel far capire alla gente che la scienza non deve essere vista come una religione a cui affidarsi ciecamente, poiché non è la depositaria della verità assoluta; occorre semmai insegnare e spiegare il metodo scientifico: è grazie a quello che l’uomo si avvicina alla ‘verità’, sperimentando, convalidando e anche fallendo nelle proprie ricerche. È un concetto spesso ostico e difficile da digerire ma, una volta compreso, si potranno capire la scienza e la medicina, evitando così di affidarsi ai ciarlatani e a chi pratica le cosiddette pseudoscienze”. In sostanza, Alice Rotelli esprime nitidamente un concetto molto caro a Popper, il quale, nella Logica della scoperta scientifica, afferma che “la peculiarità del metodo scientifico consiste nella possibilità di falsificare una teoria, non nella presunzione di verificarla”.

Nel fare un resoconto del genere, non abbiamo resistito al bisogno di rivolgere alla dottoressa la seguente domanda: “Come spiega il fatto che molti medici continuano a prescrivere ai propri pazienti rimedi di dubbia scientificità?”. Alice Rotelli ci ha detto senza esitazione che, da persona di scienza, si fa fatica a giustificare il ricorso a tali pratiche. “Da un lato, penso che i medici si trovino, talora, davanti a gente disperata che non ha avuto le risposte che cercava dalla medicina tradizionale, così da affidarsi all’ultima spiaggia, ossia ai rimedi alternativi. Per non lasciare nulla di intentato, probabilmente, il medico propone quindi prodotti omeopatici o rimedi di dubbia scientificità”.

“Tali pratiche possono anche avere un beneficio nel paziente, ma ricordiamo che ciò deriva dal ben noto effetto placebo. E qui scatta però un problema etico: il medico sarebbe tenuto a fornire tutte le informazioni al paziente riguardo alla terapia proposta. Se lo facesse, tuttavia, verrebbero meno l’effetto placebo e l’apparente miglioramento delle condizioni del paziente. Un’altra spiegazione, più spiacevole, è che qualcuno sia effettivamente in malafede e cerchi di accalappiarsi quella fetta di pazienti che ha perso la fiducia nella scienza e nella medicina tradizionale, spacciando i trattamenti alternativi come miracolosi, ma… ingannando di fatto la gente”.

Una patologia non adeguatamente trattata nelle fasi iniziali può causare compromissioni cliniche anche gravi della salute di un paziente, che possono, di conseguenza, richiedere l’ospedalizzazione. Per esempio, se trattiamo una patologia infettiva come la polmonite batterica con prodotti omeopatici, anziché con gli antibiotici, questa inevitabilmente richiederà il successivo ricovero, che si sarebbe potuto evitare con un opportuno trattamento domiciliare. Ricordiamo che un posto letto costa migliaia di euro al giorno.

Resta il fatto gravissimo e molto discutibile che alcune discipline pseudoscientifiche in alcuni casi sono ormai parte del SSN, come abbiamo fatto intendere in precedenza; la qual cosa impone così l’impiego di risorse pubbliche che potrebbero essere investite in personale, cure e supporti negli altri reparti.

Twitter @FscoMer

Sito: francescomercadante.it

Se vuoi scoprire l’origine del lessico economico, leggi “Le parole dell’economia Viaggio etimologico nel lessico economico”