Intelligenza Artificiale e imprese italiane: i tre ostacoli allo sviluppo

scritto da il 21 Dicembre 2023

Post di Michele Grazioli*, presidente di Vedrai SpA –

Non è facile fermare il progresso, e nemmeno opportuno, soprattutto se si tratta di Intelligenza Artificiale. Quando parliamo di AI, infatti, dobbiamo sempre ricordarci che si tratta di una tecnologia che impara durante il processo e che non è possibile dunque sapere a priori cosa e quanto sarà in grado di apprendere.

Altrettanto difficile è elaborare una normativa che regoli l’utilizzo dell’AI stabilendo a priori ciò che l’algoritmo debba o non debba imparare; si può, al contrario, lavorare sull’utilizzo che si fa della tecnologia e sull’insegnare alle persone a usarla al meglio. In futuro, la sfida non sarà tra favorevoli e contrari all’AI ma tra chi ne otterrà vantaggi competitivi utilizzandola a proprio vantaggio e chi, invece, resterà indietro.

Nel mondo molte aziende hanno già introdotto l’Intelligenza Artificiale nei loro processi operativi e decisionali. Investimenti adeguati ed evoluzione delle normative sono le due sfide che il Paese deve porsi nei prossimi mesi, per restare al passo in quella che potrebbe delinearsi come una vera e propria rivoluzione industriale.

Il passo dell’Europa verso la prima normativa al mondo

Sul fronte legislativo, nella notte tra l’8 e il 9 dicembre, l’Unione Europea ha raggiunto un accordo politico su un testo, l’Artificial Intelligence Act, che regolamenterà l’uso dell’intelligenza artificiale nell’Unione europea. Il testo è atteso dal voto definitivo del Parlamento e del Consiglio. Il regolamento sarà pienamente applicato due anni dopo l’entrata in vigore.

Si tratta della prima normativa al mondo che cerca di disciplinare in maniera più completa possibile l’Intelligenza Artificiale, suddividendo le applicazioni dell’AI in tre categorie di rischio (pericolose e vietate; ad alto rischio e limitate; a basso rischio e soggette a obblighi di trasparenza). Le discussioni riguardano soprattutto la definizione di quali sistemi collocare in ognuna di queste categorie e la necessità di trovare equilibrio tra l’obiettivo del legislatore europeo di tutelare la privacy dei cittadini e l’esigenza di restare al passo con l’innovazione.

Il dibattito degli altri: regole e uso etico

Allo scopo di arricchire il dibattito su questo tema e di fornire al legislatore argomenti sempre aggiornati, fioriscono i laboratori di ricerca sull’AI. Un esempio è il caso di Kyutai, progetto indipendente e no profit promosso da Station F, il più grande incubatore di startup francese, presentato lo scorso 17 novembre in occasione dell’evento AI-Pulse di Parigi; a fianco dei tre co-fondatori (Xavier Niel, ceo e fondatore del gruppo Iliad; Rodolphe Saadé, presidente del gruppo CMA CGM ed Eric Schmidt, ex ceo di Google) è intervenuto anche il presidente Emmanuel Macron, che ha sottolineato l’importanza cruciale dell’open source e dell’Intelligenza Artificiale, a cui «bisogna dare delle regolamentazioni».

Prima ancora (1-2 novembre) a Londra si è tenuto l’AI Safety Summit, dove le istituzioni partecipanti hanno riconosciuto l’importanza dell’Intelligenza Artificiale come abilitatrice di progresso ma anche la necessità di usarla in modo responsabile ed etico. A livello nazionale è stato presentato a inizio novembre il Comitato di Coordinamento, composto da tredici componenti tra esperti del settore, che contribuirà a redigere la strategia italiana sull’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale attesa per l’inizio del 2024.

Investire in intelligenza artificiale per non dipendere

Prima di domandarsi quale sia la strategia per l’innovazione, occorre avere chiaro che è l’innovazione stessa la strategia per il nostro Paese e che, a tal proposito, l’Intelligenza Artificiale può diventare il miglior strumento abilitante. Eppure ancora oggi sono poche le aziende del settore che in Italia riescono a raccogliere fondi necessari a perseguire uno sviluppo dell’AI che possa stare al passo con i progressi dei colossi come Stati Uniti e Cina ma anche di Paesi europei come la Francia o Gran Bretagna. La mancanza di fondi adeguati ha escluso per esempio, fino ad ora, le realtà italiane dal mercato dell’AI generativa (tra i trend del momento). Il rischio concreto è dunque, che il tessuto produttivo del Paese si trovi interamente dipendente da tecnologie straniere.

È quindi fondamentale che l’AI venga normata per la tutela della privacy e della libertà degli individui, ma occorre che il legislatore mantenga nei confronti della tecnologia un atteggiamento positivo, pensando al futuro delle imprese italiane e del sistema Paese. Ad oggi, infatti, le imprese che hanno inserito l’AI nei loro processi tattici come la previsione delle vendite o la manutenzione predittiva sono state in grado di rilevare vantaggi concreti per la propria impresa. Ma si tratta di un utilizzo ancora sporadico e limitato a perimetri di applicazione molto circoscritti.

Intelligenza Artificiale, le aziende italiane sono pronte?

Il potenziale impatto dell’Intelligenza Artificiale può essere molto più importante, trasversale a molti settori, compresi quelli che fino a cinque anni fa non si pensava potessero essere coinvolti. Secondo il report AI4 Italy di The European House – Ambrosetti, tra gli ambiti destinati ad avere più incremento in ambito di produttività grazie all’AI generativa c’è la finanza; mediamente impattati saranno anche il settore immobiliare, la pubblica amministrazione, il commercio e l’educazione. Nel complesso, inoltre, l’AI generativa è destinata a fare risparmiare alle aziende 5,7 miliardi di ore lavorative all’anno e generare un aumento del PIL del +18,2%.

Intelligenza artificiale

(Fotolia)

Per abbracciare questo tipo di innovazione, tuttavia, alle aziende italiane non manca solo la capacità di investimento. Oggi individuo almeno tre limiti all’adozione di questa tecnologia. Il primo riguarda la qualità del dato: nelle imprese del nostro Paese è presente una scarsa cultura del dato, mentre occorre che le aziende  ripensino alla governance, all’utilizzo, alla raccolta, alle tecnologie di gestione del processo sottostante ai dati. Il secondo è un aspetto culturale: di fronte a ogni innovazione, in Italia, c’è all’inizio sempre diffidenza e polarizzazione tra chi “venera” la nuova tecnologia e chi invece fa di tutto per opporsi. Infine, non è trascurabile una mancanza di competenze: siamo ancora indietro in termini di ricerca e sperimentazione nell’ambito delle tecnologie legate all’Intelligenza Artificiale.

Conciliare innovazione e sviluppo etico dell’AI

Occorre dunque colmare questo gap, realizzando investimenti in tecnologia e conciliando l’esigenza di innovazione con uno sviluppo etico dell’AI. Il rischio è di perdere per strada l’unicità del nostro Paese, che per secoli e in occasione di altre rivoluzioni industriali è stato visto da tutto il mondo come un modello da imitare.

* È considerato tra i massimi esperti nell’ambito dell’Intelligenza Artificiale applicata al proactive decision making e dell’Intelligenza predittiva. Nel 2019 entra nella classifica Forbes Under 30 nella Top 5 dei 100 giovani innovatori italiani più influenti d’Italia. Nel maggio 2020, in piena pandemia da Covid-19, ha fondato Vedrai SpA, realtà italiana specializzata in Intelligenza Artificiale, che sviluppa soluzioni con l’obiettivo di supportare imprenditori e manager nel processo decisionale.