Ecco come i poteri locali frenano lo sviluppo. L’occasione PNRR

scritto da il 28 Dicembre 2023

Post di Dario Immordino, avvocato, dottore di ricerca in diritto interno e comunitario –

Il rapporto dell’Istat, la relazione della Commissione europea sulle politiche di coesione e molte relazioni dei Presidenti dei Tribunali amministrativi hanno di recente evidenziato il basso indice di qualità istituzionale del sistema italiano.

Il problema riguarda, evidentemente, l’intera filiera attraverso cui si snoda l’azione dei poteri pubblici, dalla qualità e quantità della produzione normativa alla complessità del sistema amministrativo, ma non si può negare che una quota consistente del deficit di efficienza dell’apparato pubblico sia riconducibile alle criticità dell’assetto istituzionale.

In una situazione ideale dal punto di vista dell’efficienza la dimensione demografica del governo locale è tale da consentire lo sfruttamento di economie di scala (i servizi vengono prodotti al minore costo unitario possibile) e la massima coincidenza tra utilizzatori e finanziatori dell’offerta territoriale di prestazioni pubbliche, tutti i servizi vengono erogati secondo adeguati standard qualitativi e quantitativi, poiché raggiungono la soglia minima di domanda sufficiente, i cittadini sono in grado di esercitare il massimo controllo sull’operato dei propri amministratori.

Affinché ciò avvenga è indispensabile che l’assetto istituzionale sia strutturato in modo da rispecchiare le caratteristiche socioeconomiche territoriali e, come vedremo, gli obiettivi di efficienza chiesti dal PNRR.

I bacini istituzionali e le esigenze del sistema della produzione

Invece i sistemi locali del lavoro dimostrano inequivocabilmente che i bacini istituzionali non rispecchiano l’assetto e le esigenze della mobilità, del lavoro, della società, della produzione regionale e locale, ed il sistema di relazioni economiche e sociali, poiché si rivelano molto più piccoli di quelli utilizzati quotidianamente dalla popolazione e dalle imprese.

PNRR

(alan_p – stock.adobe.com)

Di fatto la realtà istituzionale, definita dai confini amministrativi, non coincide con quella delineata dai flussi di pendolarismo, dalla geografia delle attività produttive, delle residenze e dei luoghi di lavoro. Lo spazio da gestire e le relazioni socio-economiche sono fluidi ed in continua evoluzione e richiedono flessibilità e capacità di adattamento da parte delle politiche pubbliche e degli assetti istituzionali, mentre i confini amministrativi producono rigidità, frazionamento istituzionale ed immobilismo decisionale.

La Corte dei conti sulla dimensione minima degli enti

I piccoli enti non raggiungono la dimensione minima necessaria a conseguire economie di scala e di scopo nella produzione dei servizi e ad abbattere i costi fissi di erogazione dei servizi e garantire lo svolgimento efficiente ed efficace delle funzioni di loro competenza, e finiscono per sostenere oneri elevati per fornire a cittadini e imprese servizi inadeguati. Non a caso gli ultimi rapporti della Corte dei conti certificano che sempre più enti locali non sono in grado di esercitare adeguatamente le funzioni di loro competenza e garantire i diritti essenziali dei cittadini.

In alcune realtà territoriali, peraltro, la ridotta dimensione demografica si accompagna alla presenza di altri fattori critici: bassa densità abitativa e caratteristiche morfologiche sfavorevoli del territorio, che comportano una lievitazione dei costi di esercizio di alcune funzioni (trasporto pubblico, istruzione sanità ed assistenza), presenza di “motori economici” deboli, progressivo spopolamento dei piccoli comuni, scarsa presenza della popolazione giovanile e forte incidenza della popolazione anziana, che rende necessaria l’attivazione di servizi assistenziali che gli enti più piccoli difficilmente riescono a sostenere, a causa delle scarse risorse disponibili e degli elevati costi di gestione (distribuiti tra un numero di utenti ridotto che non consente di raggiungere risultati di economicità ed efficacia).

Competitivi e sostenibili come vuole il PNRR

La competizione nazionale e internazionale, ma anche l’articolato strumentario di target e milestone del PNRR (nella versione riformulata) e delle politiche di coesione, impongono servizi altamente qualificati nel campo della ricerca e dell’innovazione, delle grandi infrastrutture di trasporto e comunicazione, settori che contribuiscono all’attrattività dei territori, e richiedono in genere una soglia di domanda elevata per poter essere economicamente sostenibili.

Sottodimensionamento e frammentazione istituzionale, invece, impongono una barriera burocratica in territori molto integrati dal punto di vista funzionale ed ostacolano l’innovazione.

Queste criticità dell’assetto istituzionale comportano non solo marginalizzazione e costi maggiori per il sistema produttivo (con conseguente perdita di competitività), ma anche costi ambientali e sociali sempre più pesanti che gravano soprattutto sui residenti e sugli utenti dei servizi pubblici (congestione da traffico, inquinamento).

Oltre a ciò l’estrema frammentazione della realtà istituzionale comporta la moltiplicazione dei centri di programmazione e di spesa e la frantumazione delle politiche di sviluppo territoriale in una infinità di misure ed interventi.

L’occasione offerta dal PNRR

Il percorso riformatore innescato dal PNRR costituisce l’occasione per riorganizzare l’assetto degli enti locali incentrandolo sul criterio della funzionalità, cioè sull’esistenza di esigenze e caratteristiche comuni a più territori, secondo un approccio che consenta di utilizzare in modo più strategico le risorse e le potenzialità di ogni contesto, di valorizzarne il potenziale competitivo (capitale infrastrutturale, naturale, produttivo, cognitivo, sociale e relazionale), di attivare sinergie, di strutturare nuove efficienti politiche territoriali e di programmazione (dalla pianificazione strategica alla progettazione partecipata); di individuare limiti di soglia o sostenibilità, di tener conto di specificità territoriali come la compenetrazione urbanistica, la condivisione di servizi culturali e scolastici, lo sviluppo urbano ed economico e le prospettive potenziali di crescita (logistica e portualità, industria ed energia, turismo e servizi d’area vasta).

A tal fine bisogna ricalibrare la dimensione istituzionale del governo locale, ma il conseguimento degli impegnativi obiettivi di efficienza imposti dal PNRR e dalle politiche europee richiede che l’accrescimento dimensionale degli enti locali sia accompagnato da una riconfigurazione qualitativa delle politiche territoriali, calibrata in funzione delle caratteristiche demografiche e strutturali delle singole funzioni e dei diversi contesti territoriali, della diffusione delle infrastrutture e dei servizi, della densità amministrativa e demografica, della diffusione dell’attività manifatturiera, turistica, del lavoro, e della ricchezza, in modo da individuare la dimensione appropriata degli interventi di sviluppo territoriale e di coesione sociale, della pianificazione e dell’ allocazione delle risorse.

Governi locali e potenziamento delle filiere

Il sistema di governo locale deve essere incentrato sul potenziamento delle filiere (scuola-formazione-politiche per l’impiego, pianificazione-paesaggio-tutela ambiente ecc) e della dimensione di area vasta, attraverso la riorganizzazione degli enti intermedi e la promozione di forme associative e di cooperazione e di spazi di concertazione tra gli enti ed i soggetti operanti nel territorio, al fine di contenere il consumo di suolo, organizzare la mobilità e i flussi di pendolari e di merci, gestire i servizi su scala adeguata, pianificare gli insediamenti produttivi e di servizio, gestire le politiche ambientali, programmare lo sviluppo locale, l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, le reti infrastrutturali.

Corrispondenza tra costi delle funzioni e risorse

Qualunque riassetto istituzionale, per rivelarsi efficace, dovrebbe riguardare l’intero sistema dei poteri locali, le strutture periferiche statali e regionali e la vasta galassia di società partecipate, enti e organismi strumentali, agenzie, soggetti d’ambito, unioni, Gal, convenzioni, distretti, consorzi, etc. Ciò consentirebbe di garantire l’effettiva corrispondenza tra costi delle funzioni e risorse, di salvaguardare l’autonomia territoriale e al contempo di offrire ai cittadini e alle imprese un livello adeguato di servizi e prestazioni senza gravare troppo sulle tasche dei contribuenti, razionalizzando il vasto apparato di enti e società regionali che la Corte dei conti ha definito “fuori controllo” ed eliminando duplicazioni e sovrapposizioni di competenze che appesantiscono l’azione pubblica e ne incrementano i costi annacquano le responsabilità.