Il Ddl autonomia e i due enigmi: tempistiche e risorse finanziarie

scritto da il 29 Gennaio 2024

Il Senato ha approvato il Disegno di legge sull’autonomia differenziata. Il testo ora passerà alla Camera per l’eventuale via libera definitivo. Si tratta di una tappa importante lungo il percorso, perché prova ad offrire una cornice legislativa alle future intese tra lo Stato e le Regioni richiedenti, nonché di un simbolico passaggio politico. Tuttavia, leggendo il testo, emergono una serie di criticità che rendono il tutto abbastanza aleatorio. Focalizziamoci su due elementi chiave: il tempo e i soldi.

Le tempistiche

Partiamo dal tempo. Innanzitutto, se le materie impattano sui Livelli Essenziali delle Prestazioni (“LEP”), è richiesta la preventiva determinazione degli stessi a livello normativo. Il Governo, a tal proposito, è delegato ad emanare uno o più decreti legislativi, entro due anni dall’entrata in vigore della legge sull’autonomia.

Per ipotizzare le tempistiche, usiamo un po’ di immaginazione sulla base di quanto indicato dal Ddl.

– La legge viene approvata a maggio 2024.

– Il Governo emana i decreti legislativi sui LEP entro il maggio 2025.

– A giugno 2025 (o anche in precedenza) la Regione X chiede, attraverso apposito atto, la maggiore autonomia alla Presidenza del Consiglio (“PdC”).

– Entro sessanta giorni la PdC avvia il negoziato (agosto 2025). Questo negoziato appare lungo e complesso, per via del lavoro che dovrà fare una commissione paritetica, la cui composizione è descritta all’articolo 5. Immaginiamo però che lo stesso si chiuda a settembre 2026, con uno schema di intesa.

– Quest’ultimo viene trasmesso alla Conferenza Unificata per ottenere relativo parere entro sessanta giorni (novembre 2026).

– Dopodiché, lo schema viene trasmesso alla Camere per ricevere gli atti di indirizzo entro novanta giorni (febbraio 2027).

– A quel punto, la PdC dovrebbe riferire alle Camere qualora si discosti dagli atti di indirizzo, ma immaginiamo che non si discosti e che predisponga la bozza definitiva di intesa.

– La bozza viene inviata alla Regione che risponde entro quarantacinque giorni. Immaginiamo che sia veloce e arriviamo a marzo  2027.

– Di seguito,  il Consiglio dei Ministri delibera l’approvazione dell’intesa e prepara un disegno di legge, con allegata l’intesa, per l’approvazione del Parlamento (aprile 2027).

– Molto probabilmente l’iter non si conclude, per scadenza della legislatura.

Ovviamente, l’obiezione facile a quanto sopra potrebbe supporre che i termini di cui alla legge siano massimi e che si potrebbe essere notevolmente più rapidi. Ma l’impressione è che quei termini saranno in realtà dei minimi e, salvo una fortissima volontà politica della maggioranza, non si riuscirà a concludere l’iter entro la fine della legislatura.

Le risorse

I dubbi sui tempi sono relativi, perché non è necessario che un’intesa si debba concludere per forza nell’arco di questa legislatura. Molto più rilevante è il capitolo risorse. Sgombriamo il campo: non sarà un gioco a somma zero. E non lo sarà per via dei macro-obiettivi che si propone la legge:

1. Concedere le forme di autonomie e le relative risorse;

2. Non aumentare i divari territoriali e garantire i LEP su tutto il territorio nazionale;

3. Non gravare sulla finanza pubblica e sugli obiettivi di bilancio, anche alla luce dei vincoli europei.

Il primo punto è disciplinato principalmente agli articoli 4 e 5 del Ddl. In particolare, l’articolo 5 inizia con “L’intesa di cui all’articolo 2 stabilisce i criteri per l’individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e or­ganizzative necessari per l’esercizio da parte della Regione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia (…)”.

Per quanto riguarda le risorse finanziarie, le stesse sarebbero individuate “(…) attraverso compartecipazioni al gettito di uno o più tributi erariali maturato nel territorio regionale”. Si tratta della bandiera cardine della battaglia federalista: le imposte e le tasse generate in Regione, devono restare in Regione. Ma se ciò si verificasse e considerato che la redistribuzione fiscale in Italia si basa non sui territori ma sul reddito, significherebbe che lo Stato avrebbe minori risorse per la redistribuzione.

Il caso dei LEP

Ed arriviamo al punto 2. Come si finanziano i LEP? Il Ddl non lo dice. Dice però che:

a) Il finanziamento dei LEP sulla base dei relativi costi e fabbisogni standard è attuato nel rispetto degli equilibri di bilancio.

b) Per le singole Regioni che non siano parte delle intese, è garantita l’invarianza finanziaria.

c) Resta ferma la possi­bilità di prevedere anche per le Regioni che hanno sottoscritto le intese il concorso agli obiettivi di finanza pubblica

d) Si prevedono misure perequative e di promozione dello sviluppo economico, della coesione e della solidarietà sociale su tutto il territorio nazionale.

autonomia

Roberto Calderoli, ministro per gli affari regionali e le autonomie (foto dal Sole 24 Ore)

Qualcosa non torna

Come si capisce, qualcosa non torna, perché si intravede l’impossibilità di salvare capra e cavoli. Soprattutto quando si arriva al terzo macro-obiettivo: “Dall’applicazione della presente legge e di ciascuna intesa non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.

Naturalmente ciò è impossibile, a meno che non si voglia rinunciare ad uno o più obiettivi di cui sopra. Difatti, l’unico modo per garantire i LEP, una maggiore autonomia fiscale per le Regioni richiedenti, l’invarianza finanziaria per le Regioni non richiedenti e le misure perequative, pare essere l’aumento della spesa pubblica. A meno che la lettera c) prenda il sopravvento, svuotando di fatto l’obiettivo degli autonomisti.

Ed ecco la grande contraddizione dell’impalcatura, tipica del cerchiobottismo politico. Si piazza la bandierina, ai soldi si penserà domani.

X (giàTwitter) @francis__bruno