Lavorare 25 ore a settimana, con l’AI è un obiettivo possibile?

scritto da il 04 Aprile 2024

C’è un grande fermento in merito alle potenzialità dell’intelligenza artificiale (“AI”). Per il momento, si osserva un entusiasmo trainante sui mercati finanziari, ma ancora non si vedono gli effetti nella vita quotidiana. C’è chi pensa che sarà una nuova età dell’oro, chi invece crede che sarà la fine del lavoro. Di sicuro la fantasia non manca, né agli uni né agli altri.

Vi è inoltre la speranza che l’AI possa contribuire ad un incremento della produttività, magari ad un vero e proprio boom. Ma se ciò avvenisse, come verrebbe capitalizzato tale incremento?

Hanno recentemente scritto sull’argomento Gilbert Cette, Simon Drapala e, Jimmy Lopez, in un lavoro molto interessante.

Gli autori innanzitutto si interrogano sulla relazione tra produttività ed ore lavorate, sulla base di quanto presente in una letteratura tutt’altro che univoca sul tema. Secondo alcuni studi, ci sarebbe un impatto positivo della produttività sulle ore lavorate (substitution channel, con aumento delle ore lavorate), secondo altri ci sarebbe un effetto negativo (income channel, con diminuzione delle ore lavorate).

Anche per quanto concerne invece gli effetti delle ore lavorate sulla produttività vi è discordanza, tra il fatigue effect (più lavoro e meno sono produttivo) ed il fixed-cost or learning-by-doing effect (più lavoro e maggiore sarà il ritorno economico per l’impresa).

Gli autori scelgono per il loro studio dei dati di lungo termine, relativi al periodo 1891-2019 in 21 Paesi avanzati, nonché dati settoriali più recenti (23 settori in 22 Paesi avanzati nel periodo 1995-2019).

Suddividendo il lungo periodo in quattro sub-periodi, si osserva l’effetto negativo: nel lungo termine, al crescere della produttività le ore lavorate calano (income channel).

L’effetto sostitutivo prevale per alcuni sub-periodi ed in alcune nazioni. Inoltre, si osserva che il fatigue effect prevale: una riduzione delle ore lavorate aumenta la produttività.

Partendo da questi risultati, gli autori provano a sfruttarli per immaginare il futuro. Per farlo, ipotizzano una crescita di produttività pari a quella registrata tra il 1900 ed il 1975, quando il tasso di crescita medio della produttività oraria del lavoro si è attestato intorno al 2,6%. Ciò implica, guardando al futuro, che le ore lavorate potrebbe calare dello 0,45% all’anno nei prossimi trequarti di secolo. Di conseguenza, negli USA si passerebbe dalle attuali 1840 ore annue a 1335, ossia 25 ore circa a settimana.

Naturalmente, questo scenario implica una crescita di produttività non indifferente. Inoltre, non è detto che questi aumenti di produttività vadano a ridurre le ore lavorate, perché potrebbero invece essere impiegati per garantire la sostenibilità del nostro tenore di vita. Ad esempio co un innalzamento dei salari, senza una riduzione delle ore lavorate.

Il futuro è tutt’altro che certo, ma d’altronde le sperimentazioni sulla settimana corta sono già iniziate in Italia ed altrove. Non resta che aspettare i primi dati robusti.

X (giàTwitter) @francis__bruno