Pmi e intelligenza artificiale: la chiave è il Management Generativo

scritto da il 21 Maggio 2024

Post di Paolo Borghetti, Business & Digital Mentor, fondatore e Ad di Future Age – 
Sempre più imprese tendono a mitizzare le potenzialità dell’Intelligenza Artificiale, considerandola come una infrastruttura digitale pensante e, per certi aspetti, autonoma. Merito del marketing, che veicola il mito dell’AI come panacea miracolosa in grado di risolvere problemi complessi in tempo reale e senza sforzo, creando aspettative sovradimensionate. Eppure l’AI se utilizzata in modo corretto, potrebbe diventare un potente driver competitivo, nonché un moltiplicatore di performance e servizi per le Pmi.

Ma quali sono le aree di miglioramento delle competenze per imprese AI-friendly? Quali i rischi e le opportunità da cogliere per governare in modo strategico la rivoluzione digitale in atto?

Il recente Rapporto Istat “Imprese e ICT 2023” mette sotto la lente di ingrandimento dei dati questi e altri aspetti, facendo emergere la fotografia di imprese ancora poco consapevoli delle potenzialità offerte dall’AI: il 47,9% delle Pmi italiane utilizza almeno un software gestionale, ma solo il 13,6% condivide i dati digitalmente con i fornitori o i clienti all’interno della catena di approvvigionamento – contro la media europea del 23,5%. Inoltre, la mancanza di competenze rappresenta un ostacolo all’adozione dell’intelligenza artificiale per il 55,1% delle imprese. Nel nostro Paese, infatti, solo il 5% delle imprese con 10 o più dipendenti utilizza le tecnologie di intelligenza artificiale – contro la media Ue dell’8%.

Management Generativo “AI-friendly”

L’intelligenza artificiale sta esprimendo un potenziale di vasta portata per le PMI, supportando ad esempio la re-ingegnerizzazione dei processi, le risposte previsionali sui KPI e portando il Change Management ad un nuovo livello grazie a sofisticati modelli previsionali.

Ma dobbiamo ricordare che l’AI può diventare un concreto strumento di vantaggio competitivo solo per le imprese che hanno abbracciato con convinzione il processo di digitalizzazione a servizio del Management Generativo, inteso come mentalità imprenditoriale in grado di esprimere idee e progetti realmente innovativi ed “AI-friendly”. Proprio per questo è necessario scardinare gli equilibri che minano il reale impatto del cambiamento nelle Pmi, ad esempio i passaggi intergenerazionali irrisolti, i modelli organizzativi obsoleti e l’introduzione di una nuova cultura del dato.

Essere umani nell’era dell’AI: creatività e relazioni al centro

La creatività e la capacità di andare oltre i rigidi algoritmi della logica per mettere in campo soluzioni nate dall’intuizione manageriale sono gli aspetti distintivi dell’essere umani nell’era dell’AI e rendono assolutamente non replicabile il nostro approccio al lavoro e le nostre performance. Il Dna di valori aziendali, il senso di appartenenza e la capacità di fare squadra sono il vero motore per governare in modo efficace l’AI.

Pmi e crescita: ottimizzare i processi con l’AI generativa

L’intelligenza artificiale apre la via a prodotti e servizi di nuova generazione, con un impatto potenzialmente dirompente per la crescita delle Pmi. Secondo un recente studio del Parlamento Europeo, entro il 2035 l’aumento stimato della produttività del lavoro grazie all’AI passerà dall’11 al 37%. In particolare, l’intelligenza artificiale consentirà alle PMI di accelerare l’innovazione, usare modelli previsionali nei processi e per il Risk Management, fare analisi predittive dei dati per facilitare le scelte strategiche, solo per citarne alcune funzioni.

E ancora: una recente indagine condotta da Deloitte rivela che nell’ambito della gestione delle risorse umane il 75% delle aziende si avvarrà dell’intelligenza artificiale generativa nelle talent strategy entro i prossimi due anni. Degna di nota anche l’intenzione espressa dal 39% delle imprese di aumentare il proprio organico aziendale proprio attraverso l’integrazione della GenAI nei propri processi nel prossimo anno.

Rischio sicurezza e lavori a basso valore aggiunto

L’utilizzo delle diverse forme di AI porta con sé importanti rischi, dovuti ad esempio alla scarsa attendibilità delle fonti dei dati sui quali si basano o ad una errata individuazione del problema o ambito di indagine. Esiste poi in alcuni ambiti il rischio che l’AI possa sostituire alcune figure professionali.

Nei Paesi OCSE, ad esempio, il 14% dei posti di lavoro sono automatizzabili, mentre un altro 32% dovrebbe subire cambiamenti sostanziali – soprattutto per ruoli a basso valore aggiunto e manuali. In sostanza, l’utilizzo delle forme di Intelligenze Artificiali di pubblico dominio come, appunto, ChatGPT, comporta il rischio che i dati aziendali vengano resi involontariamente pubblici – a meno che non si utilizzino all’interno di reti “chiuse” – oppure l’utilizzo di report finali basati su dati non verificati.

Big Data e Pmi: i Data Center del Futuro

Man mano che le Pmi integrano nelle loro attività con l’AI, sfruttandone le funzionalità per la manutenzione predittiva, l’ottimizzazione dell’allocazione delle risorse e l’analisi avanzata dei dati, aumenta esponenzialmente la domanda di data center robusti. Un aspetto importante, dal quale non si può prescindere nella ridefinizione degli Asset aziendali nell’era dell’AI.

Queste infrastrutture di gestione dei Big Data hanno una elevata impronta ecologica perché sono energivore, generano un elevato calore di scarto ed elevate emissioni di CO2. Nei Data Center di nuova generazione che ospiteranno l’AI si stima, infatti, che la potenza elettrica e il fabbisogno energetico raddoppieranno.

Ecco perché un approccio virtuoso all’AI non può prescindere dalla considerazione degli aspetti legati alla sostenibilità che richiede l’attuazione di pratiche di utilizzo sostenibili per ridurre al minimo le emissioni dei Data Center, ad esempio riconvertendo in energia l’elevato calore di scarto.

A proposito di Future Age
Nata nel 2015 dall’intuizione imprenditoriale di Paolo Borghetti, imprenditore seriale e Business Mentor, Future Age è un’organizzazione specializzata nel Change Management e nell’innovazione ad alto impatto. La sua mission è quella di accompagnare le Pmi italiane nel percorso per l’evoluzione digitale sostenibile, nel segno nell’integrazione fra persone, processi e tecnologie. Oggi l’azienda – che ha un organico di 25 collaboratori – ha al suo attivo un portfolio di oltre 300 clienti attivi, un fatturato di 4 milioni di euro ed un patrimonio netto che si avvicina a 3 milioni di euro. L’esercizio 2023 si è concluso con un Ebitda al 32% e un fatturato di 4 milioni.