Basta con l’anarchia delle monete digitali (e del bitcoin)

scritto da il 23 Gennaio 2021

L’autore del post è Stefano Capaccioli, dottore commercialista, fondatore di Coinlex, società di consulenza e network di professionisti sulle criptovalute e soluzioni blockchain, nonché presidente di Assob.it –

La guerra è pace
La libertà è schiavitù
L’ignoranza è forza
(1984, George Orwell)

L’ignoranza è forza

La voglia di regolare, normare, costringere, controllare da parte dello Stato, o meglio di una parte di Stato, costituisce restrizione delle libertà individuali, ma appartiene all’animo umano.

La scuola, le istituzioni, la famiglia, insegnano fin da piccoli ad essere conformi: otteniamo buoni voti se rispondiamo con la testa del professore che ci interroga; siamo “buone” persone se non ci occupiamo di cose rilevanti e lasciamo fare chi in quel momento detiene il potere.

Questo atteggiamento porta a guardare con sospetto tutto ciò che si allontana dalla media, da un normale comportamento, dalle convenzioni sociali. Chi esce dagli argini diventa un nemico da abbattere. Chi devia o chi non permette il suo controllo, diventa un pericoloso potenziale criminale.

Tale atteggiamento sta ammorbando tutto e tutti.

Viene promosso e premiato il pensiero unico, conformista, medio(cre); l’incitamento al non ragionare, al non esercitare la fatica del pensare, del riflettere, del dubitare.

L’Ortodossia è inconsapevolezza.

La libertà è un nemico

Tale attitudine determina il rifiuto o il sospetto per qualunque forma di libertà o di esercizio della stessa, soprattutto in campo finanziario. Se controllando tutto si potesse eliminare la criminalità, la storia dell’Unione Sovietica, ad esempio, sarebbe stata diversa. Purtroppo invece che insegnare qualcosa, questo tipo di esperienze fallimentari sembrano un modello cui ispirarsi.

La Repubblica Italiana è oramai posseduta da una maniacale attenzione a reati di pericolo e reati finanziari, sforando negli psicoreati in campo antiriciclaggio ove tutto è avvelenato dal timore e dalla paura. La paralisi che ne consegue non raggiunge comunque quello che dovrebbe essere l’obiettivo in questo campo dell’azione statale: costruire una rete al fine di prevenire, ma più che altro di ricostruire eventuali flussi di denaro illecito. È stato invece creato un novello Leviatano, il cui unico risultato è la ricerca di tutela dei singoli grigi funzionari, imbrigliando e strangolando un’economia, quali novelli kapò.

Riciclaggio e antiriciclaggio

Il riciclaggio necessità di un chiarimento, o meglio, di una distinzione, dividendo una volta per tutte il sistema antiriciclaggio dal riciclaggio vero e proprio.

Quest’ultimo necessita e deve necessitare di un reato presupposto, una provenienza delittuosa, altrimenti si rischia di creare un allarme sociale su qualcosa che non c’è: alla stregua dei vecchi reati per possesso ingiustificato di valori.

Il reato di riciclaggio (648-bis) e di autoriciclaggio (648-ter1) si integrano per quelle operazioni movimentatrici di denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo che ostacolano l’identificazione della loro provenienza delittuosa. L’ostacolo alla identificazione costituisce quindi elemento necessario per la consumazione del reato.

Il sospetto, che è rilevante ai fini antiriciclaggio, non costituisce automaticamente base per un reato di riciclaggio, bensì l’innesco per un mero approfondimento.

In Italia si sono confusi i due concetti generando una sorta di palude.

In tale palude, il burocrate, ispirato dal governante, ritiene di vigilare il fenomeno limitandone la portata, illudendosi che un controllo tanto superficiale quanto inutile possa imbrigliare l’acqua, ignorando la necessità di farla fluire nel mare. Tale condotta conduce addirittura a confondere il diritto fondamentale all’anonimato con un rischio, con un pericolo, giustificando così la lotta al contante, all’anarchia delle monete digitali, spingendosi nel baratro della cashless society con il controllo e il dominio di tutte le transazioni finanziarie.

Libertà ed economia

La dinamica appena descritta si traduce in una lotta alle libertà individuali: ove non si riesce attraverso leggi e regolamentazioni, si interviene attraverso gamification (lotta al contante), creazione di disvalore sociale (svilimento delle valute virtuali) e moltiplicazione delle difficoltà pratiche (burocrazia o difficoltà agli operatori economici): e così pagare un fornitore estero o ricevere un bonifico da un Exchanger autorizzato in Unione Europea, diventa un inutile calvario.

E se la libertà dell’individuo non è negoziabile, né immolabile sull’altare di incerti burocrati il cui unico obiettivo è raggiungere il budget e quota 100, allora appare evidente come l’Occhio di Mordor non serva a nessuno, se non ad aumentare i dati e la sorveglianza su quella parte di cittadini ligi alle regole e vittime di tale follia.

La libertà nell’economia va fatta fluire, come acqua che scende a valle, irrorando le pianure.

L’innovazione tutta è per sua natura anarchica, irriverente ed irritante. Nonostante ciò, non va imbrigliata e combattuta, ma accompagnata come una giovane pianta, così come nel Fintech in questo momento occorre permettere e sviluppare sperimentazioni evitando una iper regolamentazione, peraltro in assenza di competenze specifiche e raffinate.

Come esempio si pensi alla Consultazione sulla Proposta di Regolamentazione dei Mercati in Cripto Attività e delle Infrastrutture di mercato con la Tecnologia dei Registri Distribuiti, appena conclusa, che ne è una dimostrazione: nessuna istituzione Italiana si è proposta o ha esposto il proprio parere, mentre quelle tedesche e francesi hanno organizzato risposte notevoli e approfondite, indice di un sistema propenso ad accogliere le innovazioni

La violenza dei recinti

Indipendentemente dalle intenzioni, il mondo regolato e dorato della finanza non è né può essere esente dall’ondata di decentralizzazione e disintermediazione, e risultano quindi poco lungimiranti i tentativi di ritardare l’accoglimento di innovazioni promettendo fantomatiche soluzioni centralizzate.

La storia infatti insegna che le innovazioni non sono mai originate da enti centrali o da organizzazioni formali: Schumpeter lo rappresentava con la distruzione creatrice, che per creare deve appunto distruggere.

L’Italia invece ritiene che solo le innovazioni che seguano un percorso certificato, con permessi e autorizzazioni, possano avere albergo nella nostra economia, con creazione di inutili carrozzoni.

Non solo.

Ogni istituzione, spesso, parla a sproposito invadendo campi altrui, ben guardandosi di chiarire il proprio, lasciando così campi minati che saranno riempiti da una Giurisprudenza spesso incerta e frettolosa.

E nonostante la tensione dell’Unione Europea ad accogliere ed analizzare l’innovazione, nonostante i proclami, continuamente ascoltiamo che il nuovo è pericoloso e da incanalare in prezzolati intermediari logori e stantii, come se l’innovazione non possa essere libera.

In questo modo il nostro paese scaccia i talenti e gli innovatori, respingendoli per volerli insaccare in procedimenti che producono piacere al sadico amministratore di permessi e licenze. Paypal in Italia mai sarebbe nata. Skype nemmeno.

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L’inutilità dei recinti

Siamo oramai un paese avvitato sui rischi e sulla tutela di fantomatici consumatori e investitori, talmente tutelati che sono stati raggirati dalle obbligazioni argentine, dai Cirio bond, dalla Parmalat, dalle Obbligazioni subordinate, dalle azioni delle banche, dai prodotti tossici e dai diamanti venduti in banca.

Per queste utilissime norme a tutela degli investitori, sono stati spesi fiumi di denaro per consulenti, auditor, advisor, supervisori, controllori, verificatori.

E la narrativa prevede che questo sistema incancrenito, fatto di illeggibili prospetti informativi, bugiardini inviati per la trasparenza e tonnellate di firme e dichiarazioni, debba essere messo al centro del sistema Italia per ridurre corruzione, evasione e riciclaggio.

Sembra un paradosso: anzi lo è.

Non contento, il sistema finanziario tradizionale, investito di tale responsabilità, rivolge i propri strali nei confronti delle criptovalute e criptoattività, ree di aver messo in discussione il paradigma corrente, indicando una strada alternativa.

Il collegamento comunicativo tra criptovalute, bitcoin e riciclaggio viene dato per assodato, come apodittico, alla stregua di un postulato necessario. Quando la realtà sotto gli occhi di tutti è che il fiume di denaro riciclato passa per il sistema finanziario tradizionale (v. FinCEN Files), che ne permette lo svolgimento in vastissima scala ed in numerosi paesi.

Paradossalmente, anzi no, contante e bitcoin costituiscono una minaccia ai riciclatori, poiché i contanti generano il problema del trasporto, le criptovalute hanno il problema della tracciabilità. Molto meglio un sistema finanziario permeabile e manipolabile e con l’abbaglio del controllo.

Fuori dal recinto

La Repubblica Italiana e i suoi burocrati continuano a innalzare palizzate per difendere ammuffiti centri di potere, cercando di convogliare tutta l’economia nelle confortanti stanze del too big too fail, proponendo logore rassicurazioni: fuori è pericoloso, è necessario vivere in una minorità decadente ma sicura, un lockdown mentale, cui gli italiani si stanno abituando.

L’Italia è il paese con un misero tasso di innovazione e ciò non stupisce dato che l’anarchia, il caos, l’assenza di regole costituiscono l’unico brodo primordiale in cui emergono nuove idee. Non esiste una via diversa, l’innovazione fluisce dove questa viene lasciata libera, svincolata, sconvenientemente indipendente, oltraggiosa,

Fuori dai confini recintati, il mondo osserva curiosamente l’innovazione nel mondo cripto, permettendo che sviluppi, cogliendone le opportunità, in fluida competizione: addirittura il prestigioso CFA Institute ha pubblicato una Guida sugli investimenti in criptoattività, le società e i fondi istituzionali stanno investendo in bitcoin, nel nulla convenzionale, la Cina sta introducendo il Digital Yuan, l’Unione Europea propone la regolamentazione dei crypto-assets, tutto nell’assordante silenzio italiano.

Esiste una partita cui è stato deciso di non partecipare perché il novello Ministero della Verità ritiene che questo turbi le candide menti del popolo italiano e che le nostre asfissianti regole non possano né debbano essere messe in discussione. Così il Bel Paese investirà nella produzione di mezzi di trasporto a carbone in un mondo di macchine volanti, poiché volare è pericoloso e non controllabile.

Twitter @s_capaccioli
Essere governato significa essere guardato a vista, ispezionato, spiato, diretto, legiferato, regolamentato, recintato, indottrinato, catechizzato, controllato, stimato, valutato, censurato, comandato, da parte di esseri che non hanno né il titolo, né la scienza, né la virtù.
Essere governato vuol dire essere, ad ogni azione, ad ogni transazione, ad ogni movimento, annotato, registrato, censito, tariffato, timbrato, squadrato, postillato, ammonito, quotato, collettato, patentato, licenziato, autorizzato, impedito, riformato, raddrizzato, corretto.
Vuol dire essere tassato, addestrato, taglieggiato, sfruttato, monopolizzato, concusso, spremuto, mistificato, derubato, e, alla minima resistenza, alla prima parola di lamento, represso, emendato, vilipeso, vessato, braccato, tartassato, accoppato, disarmato, ammanettato, imprigionato, fucilato, mitragliato, giudicato, condannato, deportato, sacrificato, venduto, tradito, e per giunta schernito, dileggiato, ingiuriato, disonorato, tutto con il pretesto della pubblica utilità e in nome dell’interesse generale.

Pierre-Joseph Proudhon, L’idea generale di rivoluzione nel XIX secolo, Firenze, Centro Editoriale Toscano, 2001