Una settimana di Econopoly (quella che Moody’s declassa l’Italia)

scritto da il 21 Ottobre 2018

È arrivato venerdì sera, per nulla inaspettato. Il declassamento da parte di Moody’s del rating sul debito sovrano era stato preannunciato il 26 maggio. Da allora nessuno degli atti del governo a trazione legastellata ha spinto gli analisti dell’agenzia a cambiare opinione. Tantomeno il Documento programmatico di bilancio, con tutti quei numeretti che dalle parti di New York devono essere sembrati piuttosto stravaganti. Un esempio? Le stime di crescita, giudicate anche dalla Commissione europea inattendibili. E non è passato inosservato uno dei possibili motivi per i quali la bocciatura è stata appena mitigata, mantenendo l’outlook stabile. Eccolo, riassunto in un tweet dell’economista Silvia Merler:

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Ce n’è abbastanza per essere preoccupati. Ne scrive Beniamino Piccone oggi in un post dedicato al tema in questione.

Proprio Piccone è l’autore del post di Econopoly più letto negli ultimi sette, vorremmo dire magnifici, ma più realisticamente allarmanti, giorni di pubblicazioni sul blog.

Ecco perché Mattarella potrebbe rimandare
alle Camere la legge di Bilancio

“La legge di bilancio – scrive Piccone – è vincolata a livello costituzionale. Se il presidente della Repubblica dovesse riscontrare dei vizi di costituzionalità o di merito, in sede di promulgazione potrebbe rinviarla alle Camere. Nella storia della Repubblica, non è mai successo. È improbabile che accada nel 2018, ma una speranza ce l’abbiamo. Il messaggio al governo giallo-verde sarebbe chiarissimo. Non si può creare deficit non sostenibile che va ad ingrossare il debito, che grava come un macigno sulle spalle delle prossime generazioni”.

Piazza d’onore per un post di Francesco Lenzi che comincia ad essere un evergreen:

Facciamo come il Portogallo?

Il messaggio è chiaro: se ce l’ha fatta il Portogallo, appena riportato proprio da Moody’s nella serie A dei rating, possibile che non ce la faccia l’Italia? Lenzi spiega molto bene come si è arrivati alla promozione di Lisbona. Solo che l’articolo, che davvero vale la pena di rileggere, è di 10 mesi fa… Quando si dice vedere lungo.

Terzo posto per un post di Maurizio Sgroi:

Una volta il reddito di cittadinanza
era la pensione

schermata-2018-10-20-alle-23-49-48La storia è quella del combinato disposto abolizione della riforma Fornero più reddito di cittadinanza = esplosione della spesa pubblica (e a questo punto potremmo tornare al downgrade ad opera di Moody’s). Ecco, guardando al passato, cosa abbiamo da imparare? Viene in aiuto un recente studio di Itinerari Previdenziali, osservatorio che studia i sistemi di previdenza sociale, dedicato all’analisi della durata media delle pensioni italiane. E cosa dice questo studio, fra le altre cose? Che in Italia vengono pagate oltre 750 mila pensioni da più di 37 anni, e che altri 3,8 milioni di pensioni hanno superato la durata di 25 anni. “Si sono fatti debiti – spiega Sgroi nel suo post – per garantire un reddito, sotto forma di pensione, a persone ancora giovani e abili al lavoro. Oggi si vogliono fare altri debiti sostanzialmente per la stessa ragione. Cambiano i tempi, ma noi italiani rimaniamo gli stessi. Questo dovrebbe dirci qualcosa sul nostro carattere”.

Ed ecco gli altri piazzati fino al decimo posto:

Tutele crescenti indietro tutta, un disastro per noi giovani – di Tortuga

I 9 mesi che aspettano l’Italia: tappe e scenari della crisi possibile – di Alessandro Magnoli Bocchi

Effetto spread, l’estero vende l’Italia e il conto lo pagano banche e famiglie – di Maurizio Sgroi

Le unioni monetarie servono a evitare le guerre – di Francesco Mercadante

Abolire la povertà? Bisogna rendere credibile il reddito di cittadinanza – di Matteo Gallone

Spread, chi lo manovra? Facciamo un po’ di chiarezza – di Francesco Mercadante

Abbandonare l’università? Il ruolo delle borse di studio e la variabile geografica – di Valeria Benedetto

Buona lettura e, speriamo, buona settimana.

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