Europa, se non ora, quando? La dissoluzione è a un passo

scritto da il 30 Marzo 2020

L’autore di questo post è Tammaro Terracciano, Ph.D. candidate presso lo Swiss Finance Institute di Ginevra –

Il livello dei contagi continua a crescere a ritmi vertiginosi e purtroppo la traiettoria della curva non suggerisce ancora una vera flessione. Ovviamente il governo non può far altro che prolungare lo shut down finché le statistiche non iniziano a dare segnali positivi. Come ormai tutti sanno, questo sta provocando uno shock economico senza precedenti. Milano ha perso un terzo del suo valore, le stime sulla crescita del PIL sono catastrofiche e la tenuta stessa dell’ Europa potrebbe essere in discussione.

Tuttavia, c’è una nota positiva rispetto alla crisi del 2011. Contro ogni aspettativa, tutti gli economisti sono d’accordo sul fatto che oggi più che mai c’è bisogno di un forte intervento pubblico, altrimenti i costi socio-economici sarebbero enormi. Per essere efficaci ed evitare che si inneschino fallimenti a catena, è essenziale agire velocemente per dare liquidità alle imprese nel breve termine e mantenerle solvibili nel medio.

Una delle proposte messe in campo consiste nel creare un linea di credito speciale dal Meccanismo europeo di stabilità (MES) ai vari stati europei (Covid Credit Line), così da poter accedere immediatamente ai cinquecento miliardi a disposizione, sfruttando un’istituzione già esistente per guadagnare tempo. Questa, però, non può essere una soluzione di medio periodo perché il MES è stato pensato per shock asimmetrici che colpiscono uno o un gruppo ristretto di paesi. Quindi dovrebbe comunque essere modificato. Inoltre, le risorse del MES sono limitate e l’erogazione del credito è vincolata a specifiche condizioni. È proprio per quest’ultime che molti paesi, come l’Italia, sono restie a farvi ricorso, quanto meno fintanto che possono finanziarsi sul mercato privato.

Per far fronte ai limiti del MES, è stato anche proposto di emettere dei titoli perpetui (o comunque a lunghissimo termine) e chiedere alla BCE di comprali per finanziare gli interventi dei vari governi. In alternativa, è stato proposto di stampare moneta e distribuirla direttamente ai cittadini (helicopter money). Ciononostante, non è così chiaro se e come la BCE possa legalmente fare operazioni del genere. Ricordiamoci sempre che i tedeschi portarono Draghi davanti alla Corte Costituzionale per il QE.

La presidente della BCE, Christine Lagarde, ha dato (un po’ a fatica) un segnale forte e sembra motivata ad agire su più fronti per sostenere i mercati finanziari e il sistema bancario, inondandoli di liquidità. Al contempo, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha giustamente sospeso il patto di stabilità, per poter permettere agli stati di avere disavanzi superiori al 3%, ma oltre a questo non può fare molto perché il budget della Commissione è solo l’1% del PIL europeo e non può andare in deficit.

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C’è da aggiungere però che queste proposte porterebbero comunque ad interventi scoordinati e potenzialmente controproducenti (es. lock down in periodi diversi). È evidente che l’efficacia della risposta al virus dipende della centralità degli interventi, anche se molti fanno finta di non capirlo. In questo senso, il Consiglio europeo – l’assise dei capi di stato e di governo dei 27 – è il grande assente. E non è la prima volta.

Sono infatti i leader politici che devono trovare una soluzione e lo devono fare anche velocemente. La risposta naturale sarebbe l’emissione di titoli di debito comuni (eurobond), emessi o dal MES o dalla BEI, per finanziare un piano comune di risoluzione della crisi. Nello specifico, questi finanziamenti dovrebbero essere utilizzati per un corposo piano di investimenti europeo volto a sostenere la domanda (e di beni e di lavoro), per finanziare un sussidio di disoccupazione europeo, aiuti diretti alle imprese e tutto quello che serve colmare le perdite dovute allo shut down.

Insomma, il tempo stringe e non si può più posporre la decisione. Se non si dimostra solidarietà nei momenti di difficoltà, se non c’è la volontà di mettere in piedi meccanismi di mutuo soccorso, come possiamo aspettarci che un giorno l’integrazione europea verrà completata?

Siamo in un momento storico unico per l’Unione Europea che è chiamata ancora una volta a dover decidere della sua identità e ragion d’essere. La grande differenza è però che se i paesi del nord, capitanati dalla Germania, si rifiutano di fare questo passo avanti, rischiamo il collasso dell’intero progetto europeo. Senza una maggiore integrazione e condivisione dei rischi, paesi come l’Italia rischiano di piombare in una crisi ancor più severa, con conseguenze disastrose anche per l’economia europea. Nel peggiore dei casi rischiamo il default, che può portare facilmente alla distruzione dell’Europa come la conosciamo.

Abbiamo fatto l’ Europa, ora dobbiamo fare gli europei, ma senza volontà non si va da nessuna parte.
Twitter: @TerraccianoTamm
Sito : www.tammaroterracciano.com